S. Miniato, emoziona il dramma dei Templari
Un grande silenzio ha preceduto gli attimi finali del Dramma Popolare di San Miniato, un silenzio magico che ha avvolto la piazza del Duomo rendendo quasi sacri quegli attira estremi che segnavano l'epilogo di un discorso iniziato quasi due ore prima, È stato un successo I Templari di Elena Bono: un testo scomodo, provocatorio, inquietante, dove ogni parola si fa sostanza nell'attimo in cui viene pronunciata. Una grande scena di Daniele Spisa, a più livelli, raccoglie il dramma della «ragion di stato» e delle fedeltà ai principi etici e morali, della coerenza e dell'opportunità, della fede e del dispregio di ogni regola. In alto il dialogo tra l'Uomo Nero, Umberto Ceriani, e il Precettore Templare, Marco Spiga; in basso il dramma di un nobile
novizio morente, Mattia Battistini, accudito da uno scudiere ribelle, tal Rocco Da Sezze, Massimo Foschi, da una giovane ragazza, la Gisa, Maria Elena Camaiori, e da un fanciullo Federico Orsetti. Ai lati due grandi torri di ferro l'una prigione dei Templari, l'altra dei pirati saraceni e dei delinquenti. Intorno altri personaggi: il capo delle guardie Pocapaglia, Gabriele Carli e la Tota, l'altra sua figlia, Silvia Pagnin. È la storia di ieri quella che la Bono racconta, di quel lontano 1310 quando i templari, accusati di eresia, sono fatti oggetto di persecuzione e sterminio, ma è anche la drammatica storia di oggi e, forse, di domani. È la storia dell'umanità, di quella che ha o acquisisce coscienza della luce inferiore e di conseguenza vive e testimonia questa luce fino al martirio, e di quella che non ne ha coscienza o la rifiuta, le cui regole e i cui comportamenti determinano però spesso i destini del mondo e degli uomini. Ottima la recitazione, che ha dimostrato il valore degli attori, tra i quali spicca Massimo Foschi, ma che dà piena luce al regista, Pino Manzari, che ha saputo impastare bene gli ingredienti per farne un prodotto originale e capace di coinvolgere lo spettatore facendolo prigioniero di quei fatti storici che diventano, senza soluzione di continuità, attimi di vita quotidiana e che risuonano nelle mente come drammatici interrogativi esistenziali. C'è davvero del nuovo, pur in un rigoroso rispetto della tradizione del Dramma, in questa nuova gestione che vede come direttore artistico Salvatore Ciulla e Presidente Gianfranco Rossi; torna a volare alta questa manifestazione che ha un illustre passato: finalmente il «teatro dello spirito» guarda a testa alta il panorama teatrale nazionale con legittime aspettative di traguardare i pur gradevoli confini sanminiatesi per allargarsi ad un pubblico più vasto, magari in altri teatri, per portare con sè quelle parole di fede che sono le inquietitudini di un'umanità che non si accontenta dei puri bisogni materiali e che cerca risposte in grado di appagare la sete di verità che la opprime.
Stefano Mecenate, Il Giornale della Toscana, Firenze, 25 luglio 2002
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