Convegno "Il metodo mimico di Orazio Costa"
4 luglio dalle ore 17,00 Palazzo Grifoni, San Miniato
moderatore Salvatore Ciulla (Direttore artistico Fondazione Istituto Dramma Popolare)
interventi di Pino Manzari (regista) Marco Giorgetti (Direttore Teatro della Pergola di Firenze)
Premiazione delle scuole finaliste del concorso Il teatro dello Spirito nuove suggestioni
Inaugurazione della mostra dei pittori UCAI e della mostra fotografica Orazio Costa a San Miniato
6 luglio ore 21,30 Piazza Duomo
presentato da Fondazione Istituto Dramma popolare e Anima Mundi
prima nazionale
concertazione e direzione: Guido Corti
La storia, è di Anatole France che nel 1901 riscrive una antica leggenda medioevale francese. Davanti ad una Abbazia Mark, un povero giullare si guadagna da vivere con il suo repertorio di giochi balli e canzoni. Una folla di bambini si diverte ma presto arriva la stagione fredda ed il giullare rimane solo al freddo, bussa alla porta del convento chiedendo ospitalità. Il frate priore apre e gelidamente rimprovera Marc invitandolo a vestire la tonaca per abbracciare una vita migliore. Marc stremato ovviamente accetta ben sapendo che i suoi compiti saranno limitati ai quelli più umili. I monaci trascorrono le loro giornate pregando e studiando; ognuno di loro onora la Vergine con l'arte in cui eccelle.Marc è afflitto e umiliato per la propria ignoranza perché non ha nulla da dedicare alla Vergine, finché un giorno egli riveste segretamente l'antico costume giullaresco e davanti all'altare danza e gioca sui ritmi e le melodie di vecchie canzoni popolari e guerresche. Sorpreso dai monaci scandalizzati sta per essere energicamente fermato, quando improvvisamente avviene il miracolo: la statua della Madonna si anima e ammonisce i frati .Tutti i doni fatti con il cuore le sono graditi. Ognuno, anche il più umile degli uomini, con il proprio talento ed il proprio lavoro prega e rende onore a Dio. Ella chiede a Marc di riprendere il suo cammino nel mondo e di condividere il suo dono con tutti gli uomini riportando loro il sorriso; il talento di cui lui dispone può renderli tutti ancora bambini. I frati si inginocchiano,rientra in scena la banda di bambini che festeggiandolo accompagna Marc fuori dal convento mentre lui, entusiasta, canta,balla e fa giochi di prestigio al pubblico.
La messa in scena integrerà la favola di Anatole France recitata da alcuni attori e mimi con l'edizione musicale di Maxwell Davies curata dall'ensemble di Anima Mundi.
8 luglio ore 21,30 Auditorium San Martino
presentato da Teatrino dei Fondi
di Anna Dimaggio
liberamente tratto da Rimbaud, Shakespeare e Testori
con Enrico Falaschi
contrabbasso Cristiano Minelli
scene Cristina Conticelli
regia Anna Dimaggio
Siamo in un momento storico delicato e fragile, colmo di violenza e contraddizioni, tutto questo porta verso l'infelicità, aumentano i casi di depressione e di solitudine.
Siamo nell'era della comunicazione, ma non c'è ascolto, la paura e l'egoismo sono diventati i protagonisti delle nostre vite quotidiane.
E'compito dell'arte e della cultura indicare un cammino, ridare e dare un po' di poesia all'anima. In nome della poesia, la scelta di questo titolo Chàris parola greca che indica benevolenza e amore, che viene tradotta semplicemente in darsi completamente agli altri.
11 luglio ore 21,30 Auditorium San Martino
presentato da Teatro Pandemonium Stabile di innovazione
Con Antonio Zanoletti
Qohélet è Scrittura, una pietra di luce inimitabile. L'antico rotolo dell'Ecclesiaste pesca
nel groviglio umano delle passioni, della conoscenza, della potenza del danaro, della
stupidità e del rimpianto, con un linguaggio scarno, secco, proverbiale, abbagliante ed
ellittico, sistematico.
Qohélet (il nome attribuitosi dall'ignoto scrittore), è forse il testo
più sconcertante dell'Antico Testamento. La vita è male. Non c'è
giustizia. Tutto è inesorabilmente incamminato alla morte. L'autore,
neppure crede in una vita al di là della morte. L'unica realtà è, in
fondo, questo Dio formidabile a cui si ritorna privi di sé, nella cieca
nudità del non-essere. Ma in questa doppia contrapposizione noi
possiamo vedere la premessa al Nuovo Testamento: quella Croce,
all'orizzonte, destinata a ricondurci a una nuova speranza. Nei secoli,
un testo eccelso, uno specchio mai appannato nel quale hanno fissato il
loro volto l'uomo della strada e il dotto, il filosofo e il poeta.
Il re David
13 luglio ore 21,30 Auditorium di San Martino
presentato da Compagnia Gili Shanit (Israele)
prima nazionale
Adattamento e regia- Gili Shanit
Attore ? Avinoam Mor Haim
Regista del Film? Nimrod Shanit
Musica Originale? Arye Sonschein
Prodotta da - Zed Films
Il dramma coglie in modo sorprendente il re Davide nel momento in cui si ricorda del giorno che ha trasferito il regno a suo figlio Salomone.
Questo è il soggetto della rappresentazione teatrale Il re Davide, dramma che e` stato adattato dalla storia di Joseph Heller, Dio lo sa (God Knows, 1984).
Il dramma deride l'eroe, il poeta, l'uomo passionale che porta a letto una vergine senza saperlo. Il percorso del vecchio Davide e` analizzato da un punto di vista storico, biblico, teatrale, e psicologico. E` anche il percorso che fa l'attore Avinoam Mor Haim, persona credente e padre che conosce l'esperienza della perdita di un figlio s' identifica con il personaggio biblico
L?adattamento in forma di dramma del libro di Joseph Heller, ?My God?, mette in scena Re David in modo ironico. Heller che rivendicò la sua notorietà con il suo capolavoro anti-militare ?Catch 22?, il quale alla fine divenne un film classico, - illustra con uno sguardo cinico gli uomini politici contemporanei attraverso il protagonista biblico- il Re David.
Gili Shanit ha creato uno spettacolo multi-mediale, adattando il libro originale e allo stesso tempo dirigendo Avinoam Mor Haim, uno dei più conosciuti attori del palcoscenico israeliano il quale ha recitato in rappresentazioni classiche e contemporanee, tra cui un indimenticabile Re Lear a Gerusalemme.
Questo spettacolo multimediale unisce nel suo sfondo un film che è stato girato nella Cittadella di David dentro la città vecchia. La magnifica cittadella con i suoi labirinti , gli affascinanti panorami sopra la città vecchia di Gerusalemme e i suoi mercati ben rappresenta la connessione tra questa e il Re David contemporaneo ? l?attore, il testo moderno dello spettacolo e la grandiosità dell?antichità che è stata così ben preservata lungo le pagine della storia.
15 luglio ore 21,30 Auditorium di san Martino
presentato da Fondazione Istituto Dramma Popolare e Associazione Leele
Regia Katia Frese
Drammaturgia Massimiliano Bardotti, Katia Frese
con Katia Frese, Andrea Giuntini
musiche Coro Mons. Cosimo Balducci
direttore Simone Faraoni
luci Luca Telleschi
La tenebra non può impadronirsi del lume
Il cerchio luminoso dove si inscrive il trionfatore
Frena l'invasione della tenebra, ne disorienta lo schieramento..
Lo spettacolo è ispirato alla crocefissione del famoso polittico dell'Altare di Isenheim, dipinto da Mathias Grunewald tra XV e XVI secolo.
Grunewald è alla fine dei suoi giorni: è lebbroso, povero, cammina per strada, sta attraversando un fosso da parte a parte con grande fatica, sta cercando una chiesa, vorrebbe entrare ma ha paura, è incerto su dove conduca il suo andare.
Si ricorda di quando ha dipinto la crocefissione per i lebbrosi di Isenheim, di quando ha dipinto come un demone la malattia che lo sta prendendo.
Parla al Gesù-Uomo, che sapeva di essere condannato come volevano le scritture, cerca conforto e coraggio ora che anche lui, condannato dalla lebbra, conosce la sua fine.
Si aprono le visioni sull'Altare di Isenheim, si creano scene come da un sogno della mente del pittore, che richiamano la forza espressiva del quadro. All'inizio del racconto il pittore è solo, man mano che il racconto si sviluppa restano ad accompagnarlo le figure delle evocazioni, che faranno da contrappunto alla sua parola, e che sono il segno della presenza di Dio. Un Dio che non lo abbandona nella solitudine della morte ma lo strappa da essa, mettendogli accanto il calore di anime, corpi, ricordi, che lo accompagneranno verso una fine che avrà il sapore di un amore ritrovato.
Sacrum Facere è un lavoro sull'essere umano, sulla carne dell'essere umano e su come essa possa essere il segno di Dio.
Le ultime sette parole di Cristo
minestra di fede per cialtrone e strumenti antichi
18 luglio ore 21,30 Auditorium di san Martino
presentato da Sicilia Teatro
uno spettacolo di Giovanni Scifoni
con Giovanni Scifoni,
santur, liuto, chitarra, percussioni Maurizio Picchiò
nichelarpa, viella, ribeca Stefano Carloncelli
Fede purissima, ateismo purissimo, superstizione purissima sono al centro di Le ultime sette parole di Cristo, l'appassionato e brillante monologo in cui un "cialtrone", Giovanni Scifoni, attraversa con ironia i temi e i personaggi della spiritualità, scanditi dalle sette frasi evangeliche, che per sette volte sospendono il tempo e l'aria. Il cialtrone non si ferma mai, inondando lo spettatore di storie, leggende, baggianate, fregnacce, incalzandolo con parole di cui sembra essersi perso il senso: peccato, misericordia, buona morti; concetti alla base della ricerca spirituale che si trasformano in teatro ed azione. Dalle infuocate prediche del canonico Rinaldo Deggiovanni a Beda il venerabile, dai Padri del deserto, pazzi e morti di fame, a Dismas il buon ladrone, fino a Dostoevskij e Bergman, lo spettacolo riesce a raccontare la grande mistica con leggerezza, in un inarrestabile crescendo che cattura lo spettatore, al di là delle convinzioni personali, innescando la riflessione sulla nostra esistenza e sulla "gloria umana".
dal 22 al 27 luglio ore 21,30 Piazza Duomo
presentato da Fondazione Istituto Dramma popolare e da Teatro Metastasio Stabile della Toscana
prima assoluta
Regia di Massimo Luconi
con Giuliana Lojodice, Massimo De Francovich, Luca Lazzareschi e Clio Cipolletta
scene Daniele Spisa, Massimo Luconi
costumi Sabrina Chiocchio
traduzione Renato Zatti
Ingmar Bergman che aveva trovato nel cinema "una illusione progettata sin nei minimi dettagli" trova la sua grandezza di autore contemporaneo nella perfetta drammaturgia e nella purezza delle immagini di un cinema che può essere teatro e viceversa.
Come dimostra questo capolavoro degli addii che è Sarabanda, ultimo lavoro del Maestro svedese, dove, più maturi, più acuti, più crudeli si confrontano trent'anni dopo gli stessi personaggi di Scene da un matrimonio, in cui si coagula e si riconosce chiaramente l'esperienza biografica di Bergman.
Bergman "viviseziona" magistralmente i suoi personaggi, soffermandosi sul tormentato rapporto genitori-figli, tema già sviscerato in parecchi dei suoi lavori. Grazie a un notevole potere di sintesi, egli riesce in poche pagine a svelare le grandezze e le miserie dell'animo umano, regalandoci, soprattutto nelle figure femminili, dei personaggi straordinari. Tutto è condotto sotto l'ombra della tragedia in Sarabanda; Bergman, ancora di più dei suoi riferimenti stilistici, che sono chiaramente il grande teatro di Ibsen e Strindberg, è spietato nell'analizzare il mondo delle relazioni umane e familiari. Le relazioni sono figlie di un disamore che nasce dall'impossibilità di amare come dato esistenziale e storico-sociale (dice Johan, l'anziano protagonista "Ci hanno insegnato tutto, ma non ci hanno detto nulla sui sentimenti").
Sarabanda è un'opera magistrale sull'autismo dei sentimenti, ma anche un canto appassionato sul dolore per la mancanza d'amore, descritta con toni tanto disperati da suscitare l'effetto opposto, cioè un altrettanto disperato desiderio della ricerca d'affetto. In questo capolavoro del teatro dei sentimenti ci sono tutte le cose importanti che Bergman si porta dietro in tutta la sua opera: il mistero, la vita, la morte, la ricerca di Dio. La riduzione teatrale di Sarabanda in prima esecuzione assoluta per il teatro italiano, conserva quasi integralmente la sceneggiatura originale basandosi su una drammaturgia che seppur scritta per la macchina da presa è perfetta nei ritmi e nelle scansioni teatrali, con una scrittura limpidissima che è nello stesso tempo altissima letteratura e imponente sguardo morale sulla solitudine della nostra società.
La produzione è stata autorizzata da Joseph Weinberger Limited, per conto della Ingmar Bergman Foundation
?Per gentile concessione di Arcadia & Ricono Srl a socio unico, via Cassia 1081, 00189 Roma?
La Fondazione Dramma Popolare si riserva di modificare il programma degli spettacoli.