ex Marmi
Piantate in terra come un faggio e una croce
di e con Elisabetta Salvatori al violino Matteo Ceramelli
Racconto delle vite di Caterina Benincasa e Beatrice Bugelli, ovvero: Santa Caterina da Siena e Beatrice di Pian degli Ontani, la poetessa pastora. Le due donne non si sono mai incontrate: a dividerle ci sono secoli di storia e ad unirle un’infinità di fili sottili e affascinanti. Parlare di loro è entrare nel mistero di sapienze sorprendenti che vanno oltre le istruzioni scolastiche, di povertà trasformata, di bellezza come valore assoluto, di talento, di amore di terra e di cielo, di fede. Entrambe analfabete, entrambe nate in famiglie umili si rivelarono straordinarie e caparbie comunicatrici. In due epoche, dove era difficile tutto, figuriamoci essere donna e umile, divennero riferimento di compaesani e di potenti, di intellettuali e pontefici, di disperati e sovrani. Il racconto si snoda partendo dalla morte e percorre a ritroso le loro vite, rivelando l’intima, seducente affinità delle due storie. Ogni vicenda è raccolta da fonti biografiche. Per Beatrice: i documenti di Francesca Alexander e Niccolò Tommaseo. Per Caterina: il racconto del suo confessore B. Raimondo da Capua e Le lettere.
San Miniato, ex Chiesa di San Martino – Hotel San Miniato, 1 luglio 2014 ore 21.30
Federgat – Compagnia Le Belle Bandiere
di e con Elena Bucci
cura del suono, registrazioni, sensori e interventi elettronici dal vivo di Raffaele Bassetti
scene e macchinismo Giovanni Macis
luci Loredana Oddone
canti registrati Andrea de Luca
assistente all’allestimento Nicoletta Fabbri
“Certo che lo sapevo che sarebbe toccato anche a me. Ma in fondo ai pensieri c’era una vocina che canterellava ‘tanto a me non succede, tanto l’amore è più forte della morte, tanto non vi perdo…’ Poi accade di attraversare davvero la morte e la mancanza, e si capisce di non avere capito niente. Il tempo si sfalda trascinando con sé tutte le ancore e le minuscole certezze, la sua rotonda superficie si stempera in faglie che scivolano una sull’altra e tornano vicine le voci e le presenze di coloro che se ne sono andati, in un’agguerrita gara tra dolcezza, rabbia, ferocia, rimpianto e amore. Emergono a lampi ricordi veri e ricordi inventati, i racconti del contafiabe che non conobbi mai, le lezioni di maestri che si trasformarono in aquile, le rimostranze di angeli custodi ridotti alla dimensione di lucciola perché dimenticati, le biografie di personaggi realmente vissuti che trascolorano nella dimensione mitica degli eroi. In questo luogo immaginario e concreto che è il teatro, celebro il mio rito personale e collettivo della trasformazione del dolore. Divento i personaggi che amo e ho amato, mi perdo e mi ritrovo, divento io stessa canto e racconto”.
Di fronte alla morte improvvisa di una persona molto vicina emergono ricordi e riflessioni, dolore e calore. Di fronte a questo mistero, per ogni epoca ed ogni vita rinnovato, si intrecciano la separazione e l’abbraccio. Sembra di essersi abituati alla mancanza dei riti collettivi che pur senza muovere denaro da sempre hanno aiutato a condividere i passaggi della vita e della morte: le veglie funebri con il loro carico di risate e pianti, le danze e i canti delle feste, le soste silenziose, il tempo perso del ritrovarsi, le ricorrenze legate alle stagioni, tutte cose sacrificate ad un senso di libertà dell’individuo che forse non appare più tale. La morte di una persona vicina può fermare il tempo, può rompere gli schemi abituali, gli argini, permettere che dilaghi il dolore più antico.
Confonde passato e presente, riporta in luce la natura autentica, le paure, la solitudine e le vicinanze, ricordi e strappi. Attraverso il rito del teatro, immaginiamo una veglia nel corso della quale sia possibile dialogare con i nostri morti e con altri, più lontani, che ci sono stati maestri e guida.
San Miniato, ex Chiesa di San Martino – Hotel San Miniato, 3 luglio 2014 ore 21.30
Uva Fragola Srl
di Beppe Dati
con Monica Bauco, Edoardo Berlincioni, Pierpaolo Buggiani, Sandro Carotti, Marilena Catapano, Matteo Germani, Benedetta Giuggioli, Alessio Mattolini, Elena Nencetti, Alice Noè, Nicola Pecci, Federico Sagona, Sandro Toncelli
Coro Insieme per caso diretto dal maestro Fabrizio Berni
audio e luci Antonio Dimilta
grafica Riccardo Lazzeri
arrangiamenti Lorenzo Piscopo
regia Pier Paolo Pacini
L’opera ripercorre la vita di Gesù e della Palestina dal 60 A.C. fino alla Resurrezione attraverso la narrazione di coloro che ne furono testimoni oculari. Si tratta di un percorso interiore molto intimo e personale con cui l’autore, che si dichiara esplicitamente non “credente”, cerca di evidenziare nella vita di Gesù di Nazaret quei tratti di umanità che rendono ancora oggi il suo messaggio un riferimento prezioso a quanti, animati da “buona volontà”, sono in cerca della Verità. Lo spettacolo – carico di tensione e slancio spirituale – si compone di canzoni inedite e di testi poetici che si illuminano a vicenda dando vita ad una sorta di Vangelo cantato, o, se vogliamo, di piccola opera musicale moderna, che restituisce contemporaneità alla vita esemplare di Gesù di Nazaret.
San Miniato, Piazza Duomo, 7 luglio 2014 ore 21.30
Sicilia Teatro
Giovanna al rogo – Storia di una identificazione
di Paul Claudel
con Luisa Guicciardini e Lombardo Fornara
drammaturgia Roberto Guicciardini
coreografia Deanna Losi
musica Arthur Honnegger – Tambours du Bronx
luci Lucilla Baroni
Di Giovanna D’Arco non ci rimane né un ritratto né una tomba. Dopo il rogo, le sue ceneri furono raccolte e disperse nella Loira, per paura che venissero venerate. Di lei non ci rimangono che le sue parole e le testimonianze raccolte nel processo. Sembra paradossale, ma il processo che la condannò per eresia in realtà costruisce un monumento alla sua santità e alla sua incrollabile fede nel Signore, che uomini di Chiesa cercano subdolamente di minare.
La figura di Giovanna d’Arco ha sempre esercitato una forte attrazione per il carisma della sua azione, il fascino della sua realtà umana. Benché tanto si sappia di lei, resiste tuttavia nell’immaginario come “un corpo opaco ed enigmatico nell’apparente trasparenza della Storia”.
Al di là di qualsiasi esegesi storica, la nostra proposta mette in rilievo quale sia il grado di fascinazione che ancora oggi la sua figura esercita su una giovane, che nel rievocarne la storia, si “immedesima” nella sua figura, ne esprime le emozioni, il dolore, i cedimenti., in rapporto immediato, senza formulare domande, seguendo il flusso della propria emotività, nel cerchio di uno spazio immaginario.
La musica di Arthur Honegger, tratta dal suo omonimo capolavoro, segna musicalmente le linee di azione coreografica. L’attore che interpreta il ruolo di un frate-testimone evidenzia e scompone i nodi drammatici.
San Miniato, ex Chiesa di San Martino – Hotel San Miniato, 11 luglio 2014 ore 21.30
Sant’Andrea Teatro Pisa – con il sostegno de I Sacchi di Sabbia
Semillas
Il Salvador di Marianella e Oscar Romero
di e con Agostino Cerrai e Silvia Pagnin
e con Luisa Z. Donati
musiche Stefano Perfetti
Il 13 marzo 1983 nella scuola militare di san Salvador moriva, uccisa a 34 anni dai militari del regime, Marianella Garcia Villas, avvocato, presidente della Commissione per i diritti civili nel Salvador.
Nel suo racconto la storia personale si intreccia con quella di un altro martire salvadoregno, l’Arcivescovo Romero, assassinato sull’altare il 24 marzo 1980 mentre inizia il rito dell’offertorio dicendo “possa questo sangue divenire seme di giustizia e di pace” e dopo aver appena commentato la frase evangelica “se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”.
Di Romero,”ucciso perché fatto popolo” (Turoldo), Marianella fu stretta collaboratrice e con lui condivise un’azione sociale e politica con profonde radici nel Vangelo che Marianella definiva un “grande progetto di liberazione”.
Come Antigone, Marianella antepone sempre la coscienza ad ogni legge umana, spesso iniqua, e sceglie una lotta feroce ma non violenta, con la voce e con la penna, che si confronta con un diverso modo di combattere, quello delle armi, scelto tra gli altri dall’amica Lil Milagros.
“Non ci importa se ci chiamano sovversivi, traditori della patria; non ci importano gli arresti e le vessazioni che abbiamo patito per difendere i prigionieri politici. (…) Continuiamo a lottare con la voce e con la penna, e con il pensiero certo angosciante che possa arrivare la morte.”
San Miniato, ex Chiesa di San Martino – Hotel San Miniato, 14 luglio 2014 ore 21.30
Fondazione Istituto Dramma Popolare – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
di Gianni Clementi
da un’idea di Antonio Calenda
con Nicola Pistoia e Paolo Triestino e con Francesco Benedetto
e Ismaila Mbaye, Ashai Lombardo Arop, Moustapha Dembélé, Moustapha Mbengue, Djibril Gningue, Ousmane Coulibaly, Inoussa Dembele, Elhadji Djibril Mbaye
regia Antonio Calenda
scene di Paolo Giovanazzi
costumi di Domenico Franchi
luci di Nino Napoletano
La povertà materiale e quella spirituale, di valori, di umanità; la dignità e la discriminazione, la guerra e l’accoglienza, il bisogno profondo, imperioso di speranza… è in questi temi il nucleo palpitante di Finis Terrae – Lampedusa, spettacolo nato da un’idea di Antonio Calenda su drammaturgia di Gianni Clementi che la Fondazione Istituto Dramma Popolare e il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia si apprestano a mettere in scena in collaborazione e nella cornice della LXVII Festa del Teatro di San Miniato.
Si tratta di un apologo sulla povertà, sul destino degli ultimi della terra, perseguitati, forzati alla migrazione sulle nostre coste, dove troveranno però una realtà corrotta dalla superficialità e dalla cultura del benessere e del consumo. Una realtà in cui un uomo vale per quanto possiede e non per ciò che è, e dove nella dilagante indifferenza e nella costante insoddisfazione sta andando perduto il senso della responsabilità e della compassione.
In questo gorgo buio del nostro presente indaga Finis Terrae, intrecciando – com’è dono della scrittura di Clementi e come vuole la concezione di Calenda – accesa denuncia e leggerezza dei toni, echi danteschi a profili di personaggi che ci appaiono vivi, potenti nella loro verità.
Antonio Calenda sceglie la drammaturgia di un autore contemporaneo di notevole interesse e – nei ruoli dei protagonisti – due interpreti di comprovato talento e in profonda sintonia come Nicola Pistoia e Paolo Triestino, per affrontare, fra onirismo e lancinante verità, temi contemporanei. Ciò assumendo il teatro a luogo che da sempre trova il suo senso più profondo nella rappresentazione delle ingiustizie epocali, nella riflessione sulle oscurità e sui contrasti del mondo: ed il mondo attuale ci chiama con urgenza – basti pensare alle recenti parole e ai molti richiami di Papa Francesco – a prendere coscienza della situazione dei diversi, degli ultimi che chiedono riabilitazione e dignità umana.
Argomenti estremi e delicati che lo spettacolo saprà toccare attraverso il senso d’ironia e una malinconia esistenziale alta e placata.
San Miniato, Piazza Duomo, dal 17 al 23 luglio ore 21.30