Il dilemma del prigioniero
Scena prima
Inizio 1989. Un’anonima sala riunioni di un’università californiana. Un grande tavolo a cui siedono JAMES NEIL, irlandese, quasi trent’anni, e FLOSS WEATHERBY, inglese, prossima ai quaranta, mentre dal lato opposto si trovano PATTERSON DAVID, americano, nero, sulla trentina, GINA OLSSON, 32 anni, lieve accento scandinavo, e AL BEK, americano, bianco, sui 25, con una camicia hawaiana a mezze maniche.
AL Allora. Riprendiamo da capo.
FLOSS Avanti.
PATTERSON Siamo qui per fare la massima chiarezza sulla nostra posizione.
FLOSS Anche noi. Avete letto il documento con le nostre richieste innegoziabili?
AL Certo.
FLOSS Compagno.
(FLOSS fa un cenno col capo a JAMES, che inizia a leggere):
JAMES Chiediamo la revoca immediata della legge marziale; il ritiro delle truppe governative dalle zone abitate dalle popolazioni indigene; il rilascio immediato di tutti / i prigionieri politici –
PATTERSON Sì, abbiamo letto le vostre richieste.
FLOSS E il riconoscimento dell’OFLP come legittimo rappresentante / del popolo –
PATTERSON Sapete bene che per noi il ritorno alla normalità è fuori questione fino a quando la vostra politica della violenza non sarà completamente cessata. E io la smetterò di dover scrivere lettere alle vedove dei poliziotti ammazzati dai vostri terroristi.
(Pausa.)
JAMES Ma noi non vogliamo il ritorno alla normalità.
PATTERSON No? Credevo che voleste / la revoca della legge marziale –
FLOSS Non la “normalità” nel senso di svendere le terre dei nostri antenati all’imperialismo americano. Non la “normalità” del bieco sfruttamento dei lavoratori nelle miniere di cobalto, miniere che sono loro di diritto.
JAMES (consultando un foglio): Di cromo.
FLOSS Come?
JAMES Sono miniere di cromo.
AL È evidente che possiamo cedere i diritti di sfruttamento delle nostre risorse nazionali a chi ci pare. Siamo il governo.
FLOSS Hm!
(AL lancia un’occhiata a GINA, sperando che intervenga. Ma lei non lo fa, quindi continua lui):
AL Per quanto, dopo l’ondata di scioperi dello scorso anno e adesso le vostre minacce di bombardare le miniere, per non parlare degli stranieri presi in ostaggio, le probabilità che chiunque, imperialista americano o non, voglia investire nell’industria mineraria sono piuttosto scarse.
JAMES Soprattutto dopo la risoluzione ONU –
PATTERSON (mentre JAMES parla): Sapete bene…
JAMES (in contemporanea): – della scorsa estate che dichiara illegittimo il governo.
PATTERSON Sapete cosa ne penso delle risoluzioni ONU.
FLOSS Sarebbe molto semplice farla revocare.
PATTERSON Ah sì? E cosa dovremmo fare?
FLOSS Smettetela di arrestare i lavoratori solo perché rivendicano i diritti umani fondamentali.
JAMES E togliete i vostri soldati dalle strade.
AL Non vediamo l’ora. Ma prima voi piantatela di prendere in ostaggio i civili innocenti.
JAMES Certo. Dopo che avrete rilasciato tutti i combattenti dell’armata popolare.
PATTERSON Non c’è problema. Basta che voi dichiariate la sospensione incondizionata della vostra campagna terroristica.
FLOSS Quando voi dite “sospensione delle ostilità” io sento “resa”.
AL Quando voi dite “armata popolare” io sento “complotto terrorista”.
PATTERSON Un’associazione per delinquere che secondo loro noi dovremmo legalizzare!
(Per tutto questo tempo, GINA è andata avanti a leggere).
GINA Non è vero, non chiedono di essere legalizzati, perché questo significherebbe accettare l’autorità del governo. Vogliono solo essere riconosciuti come legittimi rappresentanti delle tribù autoctone.
(Breve pausa).
Non mi sembra una richiesta esosa.
JAMES E allora?
GINA Facevo solo una precisazione.
FLOSS Scusate, non stiamo girando a vuoto qui?
(Dal pubblico si alza un professore americano, TOM ROTHMAN, 47 anni).
TOM Sì, possiamo dire di avere raggiunto un impasse.
(JAMES si risiede).
JAMES Gesù, grazie!
TOM Dato che ciascuno di voi ha sostenuto il suo punto di vista in modo impeccabile, vogliamo chiederci come mai è successo?
(Breve pausa).
AL Quei bastardi non mollano.
FLOSS Abbiamo mantenuto le nostre posizioni a oltranza, come da briefing.
JAMES Niente concessioni.
TOM È vero. Okay. Chi di voi ha visto Gioventù bruciata con James Dean?
(Brevissima pausa.)
AL Sì, professore. Io l’ho visto.
TOM Si ricorda come finisce?
AL Dunque, se non sbaglio… i due tizi decidono di lanciarsi a velocità folle in macchina uno contro l’altro, e il primo che cede e sterza perde.
TOM Cioè, perde la faccia. In teoria dei giochi si chiama chicken. Signorina Weatherby, lei è il guidatore A. Il nostro signor Davis è il guidatore B. Illustrate le vostre opzioni.
FLOSS Cedere o non cedere…?
TOM E se lei cede e lui continua?
FLOSS Perdo.
TOM Se cedete entrambi?
FLOSS Perdo lo stesso?
TOM Perdete tutti e due la faccia. Mentre se è lei a tenere duro?
FLOSS Lui cede e io vinco.
TOM Oppure?
FLOSS Ci andiamo a schiantare.
TOM Allora, dovendo scegliere tra a) nella peggiore delle ipotesi, perdere la faccia oppure b) andarsi a schiantare, che cosa è più probabile che lei decida?
FLOSS Razionalmente?
(TOM fa un gesto che significa “sì, certo”).
FLOSS (di seguito): Sterzo.
TOM Signor Davis, è d’accordo con l’analisi della signorina Weatherby?
(Pausa).
PATTERSON Sì.
TOM Probabilmente anche lei ha fatto lo stesso ragionamento.
PATTERSON Sì.
TOM Allora, sapendo che con tutta probabilità la signorina Weatherby sterzerà, lei che fa?
PATTERSON Faccio lo… O forse… potrei…
TOM “Forse”?
(Pausa).
E allora per lo stesso principio,
(Indicando AL):
“Figurati se fanno davvero saltare in aria le miniere: forza, arrestiamo i loro leader”. E i ribelli, dal canto loro: “Ma va, mica li bombardano i villaggi, su, una bella valigia di semtex e facciamo esplodere tutto il centro”. Soprattutto se l’alternativa migliore è una qualche forma di umiliazione reciproca. Per fare un altro esempio, prendiamo due superpotenze che litigano per via dei missili che la prima ha installato su una piccola isola a forma di sigaro appena oltre le acque costiere della seconda. Siccome la scelta è tra tenere duro o perdere la faccia, ciascuna delle due superpotenze cerca di convincere l’altra che potrebbe essere tanto folle da sostenere a oltranza le proprie posizioni anche se questo dovesse comportare la distruzione del mondo intero.
AL Ma non è così che è andata la crisi di Cuba.
TOM No?
AL No. In realtà si è giunti a un compromesso del tutto ragionevole per cui l’Unione Sovietica ha tolto i missili e in cambio gli Stati Uniti non hanno invaso Cuba. Che poi era esattamente ciò che tutte e due volevano sin dall’inizio.
TOM Giusto. E allora che cosa avremmo dovuto fare per capire cosa volevano veramente le due parti nel nostro caso?
PATTERSON Non abbiamo fatto molte domande.
TOM No. Ma mi è sembrato interessante l’espediente retorico della signorina Weatherby. Com’era? “Quando voi dite… ‘tregua’?”
FLOSS Sospensione delle ostilità.
TOM “… io sento ‘resa’”. Posto così è un’accusa: voi dite di chiedere una sospensione delle ostilità ma non vi accontenterete finché non ci saremo arresi. Ma mettiamo il caso che la signorina Olsson stesse redigendo delle direttive diplomatiche per la delegazione svedese alle Nazioni Unite. Potrebbe utilizzare lo stesso meccanismo per analizzare il divario tra le posizioni e gli interessi delle due parti in conflitto.
GINA In che senso, scusi?
TOM La differenza tra quello che i ribelli dicono e quello che vogliono veramente.
GINA Quello che dicono è quello che vogliono, o no?
TOM Sì, come i russi che dicono “Manterremo i nostri missili a Cuba scoppi pure l’inferno” ma quello che noi sentiamo, in realtà, è che vogliono proteggere i loro alleati.
(GINA alza le spalle).
FLOSS Mi sembra… insomma, credo che secondo il professore… loro dicono di avere il diritto di vendere le miniere a chi gli pare, mentre noi sentiamo che se non arrivano molto presto gli americani con tutta la cavalleria l’economia va a farsi friggere.
TOM E la controparte?
AL Quando loro dicono che non cederanno nemmeno un sasso delle loro montagne, io sento che in realtà vogliono partecipare ai profitti.
GINA E magari non essere più sfruttati.
AL Certo. E non lo sarebbero se il governo concedesse sì agli americani i diritti di gestione, ma ponendo una serie di obblighi in materia di partecipazione ai profitti, salari, condizioni di lavoro eccetera.
TOM Bene.
(A GINA):
A dire il vero, però, il punto di vista più interessante era il suo.
GINA Ah sì?
TOM E cioè che l’interesse reale dei ribelli non è tanto essere legalizzati, quanto venire riconosciuti come legittimi rappresentanti e portavoce delle popolazioni autoctone. Ora, chi altri ha problemi di legittimità?
PATTERSON Il governo nei confronti dell’ONU.
TOM Non potrebbe esserci un modo per far ottenere sia al governo sia ai ribelli il riconoscimento della propria legittimità reciproca e verso il resto del mondo?
GINA Forse sì, professore. Il governo potrebbe indire delle elezioni popolari.
TOM Fantastico! Allora perché non annunciare subito la data?
PATTERSON Perché non ci sono sufficienti garanzie che i ribelli non faranno intimidazioni alla popolazione.
TOM Non vedo perché dovrebbero, con la prospettiva di un’amministrazione civile. E la promessa di elezioni libere e giuste.
FLOSS “La prospettiva”. “La promessa”.
TOM Certo. E poi c’è il problema che non appena una delle due parti propone di sterzare, l’altra immediatamente schiaccia sull’acceleratore.
JAMES È quello che accade quando ci si lanciano addosso paragoni impropri a tutta velocità, un po’ come James Dean…
TOM In alternativa potreste provare a fare un altro gioco.
(Breve pausa).
Due uomini vengono arrestati per rapina a mano armata. Li tengono in celle separate. La signorina Weatherby è l’agente che li interroga. Che cosa fa?
FLOSS In genere nei film dicono a ognuno dei due che l’altro ha tradito.
TOM E se il signor Bek tradisce e il signor Neil no?
JAMES Il signor Neil se la vede brutta.
TOM E il signor Bek torna in libertà. Mentre se ognuno tradisce l’altro, ottengono al massimo una riduzione della pena. Quindi la scelta è tra tacere e rischiare di ammuffire in carcere, o tradire ottenendo uno sconto di pena se non addirittura la scarcerazione.
JAMES Io tradisco.
AL Anch’io.
TOM Okay.
FLOSS Ma è chiaro che questa non è la soluzione ottimale.
TOM No.
FLOSS Alla fine se uno salva l’altro salva anche se stesso.
JAMES Aha.
TOM E perché?
FLOSS Perché tradire è vantaggioso solo se l’altro non lo fa.
TOM Sì.
FLOSS Ma non va mai così.
TOM No?
FLOSS No, perché come nel gioco di prima l’altro ragiona esattamente allo stesso modo.
TOM Giusto.
FLOSS Per cui le possibilità reali si riducono a due: a) i due si tradiscono reciprocamente e ottengono uno sconto di pena; oppure b) tacciono e tornano in libertà.
TOM Quindi il dilemma è: l’altro sarà abbastanza leale o abbastanza intelligente da capire il trucco?
AL Figuriamoci!
JAMES Leale?? Intelligente?!?
TOM Dunque il succo della questione è trovare qualcuno di cui potersi veramente fidare.
PATTERSON (indicando TOM): Chiaramente non ha mai sentito parlare delle tre balle spaziali.
TOM Continui.
PATTERSON Le abbiamo già spedito l’assegno, mia moglie non mi capisce, mi manda l’ONU e sono qui per aiutarvi.
TOM D’accordo, ma pur con qualche riserva…
PATTERSON Nel momento in cui vengono annunciate la tregua e la data delle elezioni, creiamo un contingente ONU gradito a entrambe le parti e lo mandiamo là a monitorare le elezioni e la tregua.
TOM E così entrambi “tornano in libertà”.
GINA Sì, ma funziona solo nell’ipotesi in cui tutti siano d’accordo su cosa è meglio.
(Pausa).
TOM Continui.
GINA Solo se tutti ritengono che l’ipotesi più razionale sia comunque la cessazione delle ostilità. Anche la parte più debole, per la quale l’unico modo per raggiungere il proprio obbiettivo è l’uso della forza. Mentre dovendo decidere tra pace e giustizia, forse per alcuni la pace può attendere.
(Breve pausa).
TOM Chi di voi è d’accordo?
FLOSS Secondo me la cosa sta in altri termini. Cioè… non è solo questione di scegliere tra pace e giustizia quando si trovano in conflitto. Il problema è che quelle che voi liquidate come semplici posizioni, come la retorica e le emozioni da cui bisogna sgombrare il campo per far emergere gli interessi reali, sono in realtà loro speranze e i sogni della gente. E quelle speranze e quei sogni sono un interesse non meno cruciale della forma di governo di un paese. Non credo sia giusto chiedere alle persone di rinunciare alla propria lingua o alla propria cultura o al proprio modo di vedere il futuro in nome di quelli che voi chiamate i loro interessi immediati… perché così gli si chiede di rinunciare alla propria identità.
GINA Ma è solo l’altra faccia della medaglia!
FLOSS Scusa?
GINA Lui dice rinunciate ai principi in nome della pace e quelli come voi ne fanno subito una questione individuale. Voi esprimete i vostri “sentimenti”, date voce ai vostri “sogni”, ed ecco che, per incanto, l’acqua diventa potabile, c’è l’assistenza sanitaria per tutti, i bambini sanno leggere e scrivere e le baraccopoli non esistono più.
FLOSS Non mi sembra di aver detto questo…
GINA Mentre secondo me trattare queste cose come un gioco significa ignorare il fatto che al mondo c’è chi ha il potere e chi non ce l’ha. E quando i potenti tendono una mano vuota ai deboli, l’ultima cosa che questi dovrebbero fare è stringerla.
FLOSS Oh no, stringersi la mano è fondamentale.
GINA Certo, come “ascoltare l’oceano”, “trovare il proprio spazio interiore” e “porgere l’altra guancia”!
(Breve pausa. Interviene dal pubblico NIKOLAI SHUBKIN, 42 anni).
NIKOLAI Ehm, forse potrei adesso fare una piccola osservazione professore Rothman su questa conversazione, sì?
TOM Professor Shubkin. Prego.
NIKOLAI Solo vorrei dire … prego, scusate il mio inglese.
(TOM fa segno che non è il caso di scusarsi).
NIKOLAI … una cosa. Per quaranta anni sembra esistere una sola scelta: il trionfo dell’imperialismo americano o la vittoria assoluta del proletariato mondiale. Così giochiamo spesso allo scontro frontale con le macchine per vedere chi batte prima ciglio. Oppure ce ne stiamo tutto questo tempo seduti in cella senza capire che cosa intende fare l’uomo dall’altro lato del carcere. Ma ora, forse, per un breve attimo usciamo dalla cella e finalmente noi vediamo un raggio di sole. Speriamo davvero che non sprechiamo questa opportunità.
TOM Vi presento il professor Shubkin. Il professore è stato membro dell’Istituto di Economia mondiale e Relazioni internazionali dell’Accademia Sovietica delle Scienze, si è distinto al servizio del suo paese in Afghanistan ed è con noi questo semestre in qualità di professore ospite dell’Università di Krum.
(Pausa. AL ha l’aria sorpresa).
TOM (di seguito): Chiaramente avete ragione entrambe, queste teorie hanno dei limiti. Tuttavia affrontano problemi fondamentali. Perché, come ha detto il professor Shubkin, ciò che sta accadendo in Unione Sovietica e nei Paesi dell’Est dà a noi operatori di pace la possibilità non solo di porre fine alla guerra fredda, ma anche di risolvere quei dilemmi più piccoli, ma non per questo meno spinosi e insanabili, che dalla guerra fredda discendono. Tuttavia, come ha osservato la signorina Weatherby, a differenza della guerra fredda per risolvere questi conflitti dobbiamo chiedere alla gente di rinunciare ai propri sogni. O quantomeno di cambiarli in modo da poterli condividere con coloro che hanno imparato a non considerare nemmeno umani. Devono sacrificare il loro passato nell’interesse di un futuro migliore.
(Breve pausa).
Ed è proprio a tale scopo che abbiamo trascorso questo tempo insieme e che abbiamo invitato persone come il professor Shubkin ad unirsi a noi.
(Pausa).
Mi hanno chiesto di ricordarvi che tutti coloro che lasceranno Santa Cruz questa sera devono liberare le camere ora se non l’hanno ancora fatto. Tutti i partecipanti sono invitati a una sbicchierata per festeggiare la fine del seminario. Grazie e buona giornata.
(Il seminario è terminato. TOM al GRUPPO):
TOM (di seguito) Grazie a tutti.
(Contraccambiano).
JAMES Ma si figuri.
FLOSS Grazie a lei!
(TOM dà un pugno sulla spalla a PATTERSON).
TOM E al nostro Delegato Speciale Pat Davis.
PATTERSON Sempre a disposizione. Ci vediamo lunedì a lezione.
(NIKOLAI si alza dalla platea; TOM gli va incontro. JAMES rimane in piedi, tira fuori il biglietto da visita, indugia. PATTERSON sorride, raccoglie le sue carte e se ne va. GINA infila i suoi fogli in una cartelletta. FLOSS apre un grosso quaderno e prende qualche appunto sulla sessione appena terminata).
TOM (di seguito): Kolya. Grazie dell’intervento.
NIKOLAI Mi sono piaciute moltissimo le tre balle spaziali del signor Davis.
JAMES Sa, in realtà c’è un’altra versione della storia…
NIKOLAI Anche se in nostro paese lo stile è un pochino diverso. Prima balla: al lunedì tutti i negozi vendono arance. Seconda: al venerdì sono completate tutte le quote. Terza: uscite dalle cantine, non c’è nulla da temere.
TOM Forse anche questo cambierà.
JAMES Come le dicevo quella non è l’unica versione – / della storiella.
TOM Kolya, voglio presentarti Al Bek. Si sta specializzando in diritto commerciale internazionale qui da noi e il suo motto preferito è: non si è mai fatta una guerra tra due paesi dove c’è il McDonald.
(GINA scrolla la testa ed esce, incrociando lo sguardo con TOM per un attimo mentre anche lui si volta ed esce dalla stanza).
JAMES Ehm, professore…
(Ma TOM se n’è andato).
AL Salve. Sa, / i miei genitori –
NIKOLAI Piacere.
AL Ci ha fregato.
NIKOLAI Prego?
AL Ma sì, il suo intervento. Era tutto concordato, no?
(Pausa).
NIKOLAI Il professore Rothman è persona squisita. E lui mi assicura in ogni modo che tutto quanto accade qui a Santa Cruz rimane solo tra noi.
AL È raro incontrare qualcuno di Krum.
(Pausa).
NIKOLAI Qui in California, sicuramente.
(In caucasico):
Ot Kafkhaziya li ste? [Lei è d’origine caucasica?]
AL Sono d’origine caucasica. Ma non parlo la vostra lingua.
NIKOLAI Forse lei parla altra lingua.
AL No. Mia madre ogni tanto parla caucasico in casa e papà conosce una barzelletta drozdana.
NIKOLAI Dunque lei è di razza mista?
AL No. Sono di una razza sola. Sono nato nell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Mia mamma è una cristiana poco convinta e mio padre un musulmano non praticante. Adesso siamo tutti americani.
NIKOLAI E la barzelletta drozdana di suo padre?
AL Che cosa disse Gesù ai caucasici? “Non muovetevi fino al mio ritorno”.
(Breve pausa. NIKOLAI non reagisce).
AL (di seguito): Perché i caucasici sono dei fannulloni.
NIKOLAI Sì, lo so. Dunque sono di nuovo fregato.
(AL sorride).
NIKOLAI Ma anche lei, credo.
AL Ah sì?
NIKOLAI Nel film di James Dean le due macchine non vanno l’una contro l’altra. Corrono fianco a fianco verso uno strapiombo. Ma la versione del professore Rothman è un pochino meglio per il suo gioco.
AL Aha.
NIKOLAI (rivolgendosi a JAMES): Lei mi perdona. L’ho interrotta, vero?
JAMES No.
NIKOLAI Scusate un momento.
(NIKOLAI se ne va. AL si guarda attorno e poi esce dalla sala. FLOSS chiude il quaderno. JAMES sta per rimettere il biglietto da visita nel portafogli).
FLOSS È un biglietto da visita quello?
JAMES Sì. Prego.
(Le dà il biglietto. Non era quello che lei intendeva).
FLOSS Oh. D’accordo. In fondo…
JAMES …a cosa servono se no queste pagliacciate?
FLOSS (guardando il biglietto): Ti ha mandato qui l’università di Dublino?
JAMES No, sono venuto a mie spese.
FLOSS Come mai?
JAMES Mi hanno detto che fa curriculum.
FLOSS Ah. Ecco.
JAMES Che cosa orribile, vero?
FLOSS No… No, mi fai quasi tenerezza. Come quando ognuno ha detto cosa sarebbe stato tra cinque anni e tu sei l’unico a dire “un diplomatico”.
JAMES Ti ha fatto tenerezza?
(Lei estrae un volantino dalla cartelletta e ci scrive sopra, cerchiando un numero di telefono).
FLOSS Talmente tanta che mi farebbe molto piacere se mi chiamassi per farmi sapere se ci sei riuscito oppure no. O anche se invece decidi di fare qualcos’altro.
(Rientra GINA con la valigia. La mette giù e la apre per infilarci i materiali del seminario).
JAMES Ma come, lavori per Helping Hand?
FLOSS Ah, mi hai scoperto!
JAMES Hai detto che facevi l’attrice.
FLOSS È vero, l’ho detto.
JAMES Helping Hand è un’organizzazione quacchera per la cooperazione internazionale.
FLOSS Esistono anche attori quaccheri. E c’è anche chi fa l’attore e poi si mette a fare qualcos’altro.
JAMES (indicando col capo GINA): Tipo la castigatrice di pasionarie marxiste?
FLOSS Chi, io?
JAMES Sì, e sei anche una tosta.
FLOSS Be’, è una vecchia diatriba.
JAMES Cioè?
FLOSS Liberate le strade o liberate la vostra mente.
JAMES E tu hai scelto la seconda ipotesi.
FLOSS Io le ho scelte entrambe. Le ritengo complementari.
(Capisce che JAMES sta guardando GINA. Alzandosi):
Niente male la pasionaria marxista.
(Breve pausa).
JAMES Già. Quindi immagino che sarà già occupata.
FLOSS Ha un marito e un figlio. Ma non ha l’aria di essere del tutto appagata.
(FLOSS va da GINA e le tende la mano).
Ti saluto.
(Un attimo, poi GINA le stringe la mano).
GINA Ci vediamo.
FLOSS Tra attori si fa un gioco. Bisogna mettersi a coppie e darsi la mano. Poi tutti chiudono gli occhi e camminano all’indietro finché incontrano un ostacolo. Al quel punto devono girare per la stanza, sempre ad occhi chiusi, con la mano tesa, e trovare la mano che hanno stretto all’inizio. La sai una cosa? Quasi sempre ci si riesce.
GINA Cioè se uno “ascolta” davvero la mano?
FLOSS Be’, è chiaro che devi crederci. Altrimenti niente funziona.
(Andandosene, a JAMES):
Fossi in te ci proverei. In fondo a cosa servono se no queste pagliacciate?
(Esce. JAMES e GINA rimangono soli. Sono un po’ a disagio).
JAMES Hai già bevuto qualcosa?
GINA No.
JAMES Te lo porto io?
GINA No, grazie.
JAMES Te la batti stasera?
GINA Come “batto”?
JAMES Te ne vai.
GINA Tu che dici?
JAMES Torni a Stoccolma.
GINA A Denver. Ma casomai sarebbe stata Helsinki.
JAMES “Olsson”.
GINA La capitale di un paese che è stato per 700 anni sotto il dominio straniero.
JAMES So cosa si prova.
GINA Bene. E poi “Finlandia” è il nome svedese. Per noi è “Suomi”.
JAMES Non lo sapevo.
GINA Ci viene da ridere quando il mondo viene a chiederci di risolvere i suoi problemi. Veniamo da un gelido paese nordico dalla lingua incomprensibile, universalmente noto con il nome che ci è stato imposto da una potenza imperiale, sopravvissuto grazie al rapporto speciale con un’altra potenza eppure, sorpresa!, “siamo qui per aiutarvi”.
JAMES Comunque non è l’ONU.
GINA Che cosa non è l’ONU?
JAMES La terza balla spaziale.
(Entra AL e si avvicina).
GINA Io la sapevo con “il governo federale”. La tua versione com’è?
JAMES Allora…
AL Buonasera.
GINA ‘sera. Allora?
JAMES (imbarazzato): Allora… forse però…
AL Che succede qui?
GINA James racconta una barzelletta.
AL Sai com’è, gli irlandesi…
JAMES Ehm, forse…
AL Allora!
JAMES Davanti a una donna sposata…
AL Non mi dire!
GINA Eh sì. Come fai a saperlo?
(Pausa).
JAMES Lo hai detto tu quando abbiamo dovuto presentarci in tre sole frasi.
GINA Non l’ho detto. Non lo dico mai.
JAMES Allora io… forse… scusate un momento.
(Se ne va, spiazzato).
AL Che barzelletta era?
GINA La terza balla spaziale. La versione sconcia, credo.
AL “Non ti vengo in bocca”.
GINA Esattamente.
(Pausa. Un po’ di tensione).
AL Ci stava provando?
GINA Direi di sì.
AL Non è curioso che gli sia venuto in mente proprio ora? Dopo un intenso week-end passato ad imparare le tattiche per risolvere conflitti apparentemente insanabili.
GINA Non mi sembra che le due attività siano paragonabili.
AL Ah no? Secondo me sono / del tutto…
GINA Su questo punto sono d’accordo col signor Neil. In questi tre giorni ci hanno ossessionato con i paragoni impropri.
AL Credi?
GINA Una dittatura autoritaria e il movimento per la liberazione di un popolo non sono certo due criminali che hanno fatto una rapina insieme. E nemmeno due giovani alla guida di un auto.
AL E questi problemi non si risolvono stringendo la mano ad attrici inglesi un po’ fricchettone.
(GINA guarda AL).
GINA Almeno lei non è di quelli che vogliono portare in tutto il mondo l’happy meal.
AL Dimmi, tu non hai mai provato compassione per i poveri e gli oppressi?
GINA La compassione è l’inizio ma poi bisogna superarla.
AL Questo vale anche per la tua rabbia?
GINA Oh, per carità!
AL Perché vedi, al tuo posto io penserei che oggi esiste realmente lo spazio per creare un nuovo tipo di società sulle rovine dei paesi da cui viene la mia famiglia. Ma perché questo avvenga dovresti superare i preconcetti, fare un salto nel buio e accettare il fatto che fare del proprio meglio non significa fare il meglio in assoluto. Quindi forse la cosa non ti interessa.
(GINA va a prendere i bagagli).
GINA Sì, be’, ora devo proprio…
AL E poi la sua versione del gioco era troppo semplicistica.
GINA Quale gioco?
AL Quello del prigioniero. L’ipotesi migliore non è quella in cui nessuno dei due parla, perché così devono dividere il bottino. È meglio se io ti denuncio mentre tu tieni la bocca chiusa e rimani dentro a vita.
GINA Aha. Quindi non è vero che la cooperazione è la soluzione più vantaggiosa.
AL No, ma è meglio delle altre. In fondo i soldi non sono tutto, no? E in questo modo torni libero.
GINA Fantastico!
AL Scusa, dove hai detto che devi essere tra cinque ore?
GINA Tra cinque ore sarò su un aereo per Denver.
AL Ah, certo. Meglio non rischiare di finire ad ascoltare l’oceano.
(È entrato un CAMERIERE di origine afgana con un vassoio pieno di drink. Rimane lì, in attesa).
GINA A proposito, c’è un altro rompicapo molto più significativo del dilemma del prigioniero. Non serve a capire quello che gli altri ritengono vero o falso ma ad accertare come stanno veramente le cose. Entri in una stanza dove ci sono due porte senza nessuna scritta. Una conduce a un futuro carico di magnifiche e sconfinate possibilità e l’altra a un passato cupo e sconsolante. Nella stanza ci sono due uomini, uno che mente sempre e uno che dice sempre la verità. Loro sanno che cosa c’è dietro le due porte e chi deve dire la verità e chi mentire. Tu non lo sai ma c’è una domanda che puoi fare per capire quale porta scegliere.
AL Gli chiedo “che giorno è oggi?”
GINA Hai solo una domanda.
AL Ah.
CAMERIERE Mi sa che la domanda è questa: “Cosa risponderesti se ti chiedessi quale porta devo scegliere?”. Quello che dice la verità risponderà “quella”. E anche il bugiardo risponderà “quella”, perché mentirà sul fatto di essere bugiardo.
GINA Giusto. Grazie.
CAMERIERE Prego.
(Fa per andarsene).
AL Ehi, perché non mi risolvi anche questo?
CAMERIERE Dica.
(Mentre entra NIKOLAI):
AL Una mia amica deve fare una scelta. Può prendere la strada facile e attenersi al suo programma. Oppure può rischiare un po’, per una volta, mandare al diavolo i programmi, e fare un salto nel vuoto. Se tu fossi in me cosa le consiglieresti?
NIKOLAI Per quanto mi riguarda, signor Bek, le consiglierei la strada facile. Da buon caucasico, è ovvio.
(Prende un bicchiere dal vassoio. Il CAMERIERE sorride con aria interrogativa e divertita allo stesso tempo ed esce).
NIKOLAI (di seguito): Ho scoperto che questo ragazzo è studente di matematica da Kabul. Lui è venuto qui quando ha capito che la vera scelta non è più tra capitalismo e comunismo ma tra il mondo moderno e il governo dei mujaheddin. Mi chiedo a volte se la stessa cosa accadrà in nostro paese.
AL Sì… capisco.
NIKOLAI Ah. Espressione interessante. Detto da un inglese, “capisco” significa “Sì, sono dalla tua anche se non posso dirlo”. Mentre in America loro usano nel senso di “non c’è bisogno di ripetere, tanto non sono d’accordo”.
(Ad AL):
Io credo che lei “capisce” in americano.
(Se ne va. AL si volta verso GINA):
GINA Chissà se è vera, la storia delle mani.
AL Scusa?
GINA Quel giochetto della nostra Miss Floss. Per capire cosa pensa l’altro. O in questo caso, direi, cosa “sente”.
AL Eh… vuoi dire…?
GINA Hai capito.
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