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La recensione de L'Eco di Bergamo
 

La mano di Zanussi sul «Re pescatore»
«È terribile per un vivente essere chiamato da Dio a respirare la sua stessa aria»: nelle parole di Amfortas, custode del Graal, a Perceval, il cavaliere errante alla ricerca della sacra coppa, c'è l'assersione di fede, ragionante, indagante, sempre inquieta, ma non incerta, che è il punto di riferimento di quel «teatro dello spirito» che sottolinea l'originalità dell'Istituto del dramma popolare al San Miniato e che anche quest'anno ha segnato la messa in scena di un testo Il re pescatore, di Julien Gracq, scelto per celebrare la 50.a edizione della Festa del Teatro.
La regìa di Krzysztof Zanussi ha sottolineato in maniera intransigente e di grande effetto le inquietitudini spirituali dei protagonisti: Amfortas, afflitto da una ripugante piaga che deriva dal suo peccato, immagine della sua corruzione, che regna sul castello di Monsalvage, immerso nel grigiore in attesa di un cavaliere «incontaminato» che innalzi la sacra coppa per irraggiare intorno l'antico fulgore; Kundry, la donna che dopo aver condotto Amfortas al peccato lo cura amorevolmente, magica creatura dalla rinascente bellezza; Clingsor, il mago che aveva indotto Kundry a circuire il re, che ora vorrebbe facesse altrettanto a Perceval, il cavaliere errante «ebbro della sua giovinezza» come lo definisce Trevrizent, l'eremita che lo accoglie e lo rifocilla.
Poi Kaylet, piccolo vecchio giullare che rasserena il sovrano anche quando questi, preso dal calcolo, pensa di allontanare Perceval perché sa che quando il cavaliere prenderà il Graal dalle sue mani impure la luce tornerà a splendere, non sarà più re, tornerà un uomo qualunque.
Personaggi che si muovono con una sensibilità favorita da un allestimento «naturalmente» magico e fantastico nella piccola piazza del duomo di San Miniato.
La mano di Zanussi è felicissima nella scena che segue la cerimonia dell'ostensione del Graal: la luce abbagliante su Percival, che lo consacra nuovo custode della coppa divina, investe anche gli spettatori mentre un agnello bianco, solo e smarrito, sottolinea l'impreziosirsi della fede che scaccia la putredine del peccato, sana la ferita del re, richiama una irrevocabile purezza. È forse qui che si coniugano al meglio il significato profondo del dramma di Gracq con la rilettura di Zanussi e con lo spirito con il quale da 50 anni a San Miniato si sottolineano i valori evangelici. Un bel successo sottolineato da applausi ripetuti agli interpreti: Giulio Brogi (Amfortas), Vincenzo Bocciarelli (Perceval), Riccardo Garrone (Trevrizent), Piero Caretto (Clingsor) e Ludovica Tinghi (Kundry).
L'Eco di Bergamo, 20 luglio 1996




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