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La Nazione - La recensione di Mario Lepri
 

Successo di Fiorenza
E' stato un successo. Fiorenza, il dramma di Thomas Mann, ridotto e adattato da Aldo Trionfo e Marco Bongianni andato in scena ieri sera, sul Prato del Duomo, a San Miniato, merita il più ampio consenso per l'autore, per Trionfo e Bongianni, quali «riduttori», quindi per la regia, curata dallo stesso Aldo Trionfo, per gli attori e quanti hanno contribuito alla rappresentazione di un dramma che, psicologicamente, impegna e avvince lo spettatore. Mann non è facile, ma a San Miniato è stato straordinariamente limpido anche negli accostamenti all'attualità. Certi «passi», forse, avrebbero bisogno di una sorta di lettura didascalica sulla quale potrebbero dire la loro germanisti d'insigne fama come Marianello Marianelli, presente all'anteprima, o come Maria Fancelli che conosce profondamente la letteratura tedesca. Fiorenza, infine, è stata molto apprezzata da un intellettuale come Gianfranco Merli che, schivo da qualsiasi mondanità, ha preferito mischiarsi ai critici ed agli «Amici del Dramma». Del resto fra i due tempi della «anteprima» si avvertono gli umori di un pubblico smaliziato, mai laudativo e sempre pronto ai rilievi. Al termine, infine, sbocciano i pareri che «consacrano», o meno, la riuscita della «Festa del Teatro». Non facciamo paragoni con edizioni del passato, ma questa «Quarantesima» è davvero di rilievo e sarebbe bene che su di essa si esprimesse Marianello Marianelli, tornato per l'occasione nella sua terra. La critica a Fiorenza la troverete in altra pagina del giornale. Qui si esprimono solo pareri «di platea» legati, peraltro, alla cronaca. Il fatto che a Firenze, «da poco proclamata capitale della cultura — dice il direttore artistico del Dramma, Marco Bongioanni — sia stato programmato uno spettacolo teatrale dal titolo Ignorabimus, mentre a San Miniato va in scena Fiorenza, dramma europeo e fiorentino di Thomas Mann, è una coincidenza curiosa e, a considerare i titoli, persino divertente, sebbene del tutto casuale. Che vorrà significare quell'ignorabimus che da Firenze echeggia su Fiorenza e quella «Quarantesima Festa del Teatro»? Butto lì la domanda e lascio ai posteri l'ardua sentenza». Bongianni, poi, sottolinea la personalità di Mann, anche come autore di Fiorenza, che lo colloca — sottolinea — in un'ottica attuale e la ricollega — «alle stesse origini della nostra Festa del teatro che quarant'anni orsono fu istituita all'insegna di una rinata libertà e di un'auspicata ricostruzione umanistica, dopo il crollo delle tirannie». Qui il discorso di Bongioanni s'incentra sul Thomas Mann «maggiore»: quello dei Buddenbrook, di Morte a Venezia, della Montagna incantata, e sul Mann «minore».

MARIO LEPRI, La Nazione 12 luglio 1986




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