La recensione
Metti in scena il dramma cattolico
Nella Notte di San Lorenzo, i fratelli Taviani hanno raccontato il dramma bellico vissuto da un borgo toscano, San Miniato, fra la ritirata tedesca e l'arrivo degli Alleati. Il paese, che affonda le sue radici storiche nel profondo Medioevo e quelle geografiche nel cuore della Toscana, uscì da quello choc «inventando», nel 1946, il teatro all'aperto. «Per la prima volta in assoluto usciva dal suo luogo deputato e tornava a essere ciò che era nell'antica Grecia, il luogo in cui una comunità ritrova la sua identità e la sua storia». Così Franco Palmieri, da quest'anno direttore artistico dell'Istituto del dramma popolare. Il cui programma è «recuperare la tradizione».
È in effetti una grande tradizione. La regola, a San Miniato, vuole che vengano rappresentate qui opere teatrali mai prima messe in scena e che abbiano un orizzonte tematico cattolico. Nel 1948 fu realizzato da Giorgio Strehler L'assassinio nella cattedrale di Thomas S. Eliot, nel 1952 - con la regia di Orazio Costa - L'ultima al patibolo di Georges Bernanos, nel 1955 Il potere e la gloria di Graham Greene, con la regia di Luigi Squarzina, fino a Ipazia e il messaggero di Mario Luzi nel 1979 e al Giobbe di Karol Wojtyla con la regia di Krzysztof Zanussi nel 1985.
Dunque una storia teatrale gloriosa che fa di San Miniato un appuntamento culturale grande e suggestivo.
Adesso, con l'arrivo di Palmieri - che ha un curriculum eccellente nella storia del teatro d'ispirazione cattolica (da ricordare specialmente la sua lunga collaborazione con Giovanni Testori) - viene proposto, dalla regia di Maurizio Schmidt, il Saulo di Tarso di Oscar Milosz, già autore del celebre Miguel Manara, rappresentato a San Miniato nel 1962 (la regia era di Orazio Costa).
È la vicenda umana dell'Apostolo fino al momento del folgorante incontro che gli cambierà la vita. «Il convertito Milosz pone al centro dei suoi drammi teatrali proprio la conversione, l'imprevedibile e stupefacente possibilità del cambiamento» nota Palmieri. Che ama citare un'intuizione di Karol Wojtyla: «II teatro è uno strumento per rendere visibile l'invisibile».
ANTONIO SOCCI
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