STRANI MISTERI SI CELANO SOTTO I GIOCHI DEL MAGO
Di Gilbert Keith Chesterton, in Italia, credo che ormai ben poco si ricordi, con la sola eccezione, forse, delle Storie di Padre Brown, soprattutto grazie alla riduzione televisiva di cui fu protagonista, parecchi anni fa, l'indimenticabile Renato Rascel. Sorprende quindi la scoperta d'una delle sue tre commedie, Magic, che il noto narratore e polemista scrisse nel 1911, a trentasette anni, cioè quando già s'era avviato il processo interiore della sua conversione alla Chiesa cattolica.
Particolare non irrilevante quando si sappia che qui egli affronta, sia pure con levità di impegno - anzi, secondo me, addirittura con sorridente malizia - il tema del sovrannaturale. Un sovrannaturale tarato dal sospetto del trucco, e che giustifica la rappresentazione di Magic nel quadro delle Feste del Teatro a San Minialo, da quasi cinquant'anni ispirate alla ricerca di un repertorio spiritualistico.
Insomma, chi è mai questo misterioso Straniero che s'aggira nel parco della villa del Duca, inseguitore inseguito di Patricia, incantata, sognatrice nipote del vecchio e stravagante gentiluomo? Semplicemente - si saprà presto - un prestigiatore, un illusionista, più Silvan che Giucas Casella, per intenderci: viene a dare il suo spettacolino davanti a un pubblico composto, oltre che dal Duca e dal suo irreprensibile maggiordomo, da un pastore anglicano, da un medico e dal fratello di Patricia, Morris, giovane manager reduce dagli Stati Uniti.
Quanto dire, un prudente se non scettico uomo di fede, un pur modesto scienziato e un fanatico libero pensatore che crede soltanto nel valore e nel potere dei dollari. Ed è appunto costui che si fa drastico contestatore dell'illusionista quando i "giochi" sfiorano le impenetrabili regioni del mistero. È sua sorella Patricia che può permettersi il lusso di credere agli elfi e alle fate; non certo lui, che però, quando il prestigiatore, con un semplice gesto della mano, fa cambiar di colori la luce d'una lampada laggiù in giardino, crolla in una disperante crisi di nervi.
Che è mai successo, dunque? Via, per tutto c'è una spiegazione. E invece no. Né, tanto meno, possiamo aspettarci che sia proprio il "mago" a svelarci i suoi segreti. Ammesso che siano segreti suoi, giacché invece potrebbero essere il segno di... Un miracolo? Chissà.
A questo punto si ha perfino l'impressione che Chesterton - autore di romanzi dai titoli singolari, come L'uomo che fu Giovedì o L'osteria volante, ma anche di un saggio straordinario sulla teologia cristiana, Orthodoxy - voglia spiritosamente prenderci in giro, fino a risolvere l'arcana matassa nel più semplice dei modi, ossia col trionfo dell'amore. Patricia nelle braccia del prestigiatore. «Elementare, Watson», direbbe Sherlock Holmes.
Un'opera minore, certo, ma l'intelligente regia e l'assai gustosa interpretazione, nelle vesti del Duca, di Mario Scaccia hanno sanzionato felicemente la prova. Nella scena stile vecchia (e modesta) Inghilterra di Mario Padovan e con le musiche thrilling di Federico Bonetti Amendola, si sono fatti applaudire anche Corrado Olmi e un complesso di giovani perfettamente in linea: Walter Da Pozzo e Raffaele Buranelli, Marco Carbonaro, Gabriele Tuccinei e unica anima gentile di fanciulla, Chiara Sasso.
CARLO MARIA PENSA, Famiglia Cristiana 16-23 agosto 1995
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