IL PROCESSO ALLA PACE
Scomparsi i grandi del Novecento, si sono spente le voci della cultura di ispirazione cristiana. Più intenso, perciò, si va facendo l'impegno di ricerca dell'Istituto del dramma popolare di San Miniato che da oltre 50 anni tiene vivo il "teatro dello spirito", purtroppo senza mai, o quasi mai, riuscire a portare gli spettacoli fuori dalla incantevole piazza del Duomo dell'antico borgo pisano.
La stessa sorte delle poche repliche, purtroppo, è toccata ora anche a I templari di Elena Bono, testo tanto difficile quanto nobile e interessante perché apre al pubblico una pagina della storia della Chiesa: il processo cui, all'alba del 1300, furono iniquamente sottoposti i cavalieri dell'ordine religioso-militare fondato per difendere i pellegrinaggi in Terra Santa. Il racconto, condotto sulla scorta di una scrupolosa ricerca storica, si sviluppa - anche grazie all'impianto scenografico di Daniele Spisa - sui due piani di una torre tirrenica: sopra, si accende il dibattito tra un templare e l'Uomo Nero, un nobile che ha tradito i templari; sotto, gli umili che assistono agli estremi momenti d'un cavaliere sacrificatosi per salvare i compagni.
Una vicenda di orrore che oggi ci propone i segni allarmanti della violenza politica e religiosa contro la volontà di pace degli uomini. L'intelligente contaminazione della lingua italiana col francese, il latino e l'antico dialetto romanesco allevia, per così dire, la gravita del dramma che, con la scrupolosa, lucida regia di Pino Manzari, ha avuto uno straordinario protagonista in Umberto Ceriani.
Con lui, nell'"area dei poveri", il bravissimo Massimo Foschi; non meno bene, per dir solo di alcuni, Marco Spiga, Gabriele Carli, Maria Elena Camaiori e soprattutto il piccolo Federico Orsetti.
CARLO MARIA PENSA, Famiglia Cristiana, 4 agosto 2002
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