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Note di regia
 

Come in una fiaba, di cui i canti, i cori e il linguaggio cantilenante ricreano l'atmosfera, Velia, una delle figure pi� pure e intatte del teatro di Fabbri, incontra il suo principe azzurro, Bruno, un amico di suo fratello Berto, del quale s'innamora, ricambiata. Il giovane, per�, sapendo di essere un poco di buono, si allontana da lei e intraprende un cammino di purificazione e di conversione che lo porta a cambiare radicalmente la sua vita. Velia si ammala di un male misterioso che la conduce inevitabilmente alla morte e a restare per sempre nel prato (simbolo di purezza e di amore). All'inizio la ragazza non ne capisce il senso, e gli "inviti" che rivolge agli altri a vivere una vita "diversa", dove la legge da seguire sia l'amore e il perdono, non l'odio e la vendetta, rimangono inascoltati. La malattia infatti le ha portato in dono, oltre che la morte, anche la capacit� di comprendere il vero senso delle cose e la forza di donare la vita per gli altri. Bruno, all'oscuro di tutto, una volta cambiato, torna da lei per farla sposa. Ci� non � pi� possibile purtroppo, ma gli rimane almeno il tempo di raccontare a Velia il proprio cammino di redenzione. La ragazza finalmente comprende il senso ultimo della propria esistenza, che � quello di dare la vita per gli altri e di essere il mezzo attraverso cui la "Misericordia" e la "Grazia" del Padre entrano nel cuore e nella vita di Bruno. La redenzione quindi si compie attraverso la morte, che nega il tradizionale lieto fine del 'vissero felici e contenti', come il tono generale da fiaba lascia supporre.

Il Prato � considerato da alcuni come un testo "minore" di Fabbri. E in effetti, rispetto alla costruzione drammaturgica di Processo a Ges�, come pure di moltri altri drammi dell'autore forlivese, colpisce, in apparenza, per la levit� e la semplicit� dell'intreccio. Nato come radiodramma, ci racconta la storia di un amore e di una redenzione: l'amore tra Velia e Bruno e la redenzione di quest'ultimo. L'ambientazione favolistica non deve per� trarre in inganno: i personaggi sono reali, veri; la vicenda "non passa sopra le nostre teste", ma ci interroga nel profondo, ponendoci, con delicatezza e forza insieme, le domande fondamentali sul senso della vita, e proponendoci, attraverso l'esperienza di Velia, la via maestra dell'amore e del sacrificio cristiano che redime gli uomini.
Un grande testo, quindi, estremamente moderno, che parla ancora con intatta potenza alle nuove generazioni e all'uomo del secondo millennio, e che lo costringe, con delicatezza e carit� insieme, a interrogarsi su come "spende" la vita che ha avuto in dono.
Ed � proprio per sottolineare da una parte l'atmosfera fantastica della vicenda e dall'altra l'estrema modernit� del testo che nella messa in scena ho scelto di utilizzare insieme al linguaggio proprio del teatro, anche quello cinematografico: molte scene dello spettacolo, infatti, avvengono dentro un film appositamente realizzato e la stessa ambientazione scenografica, utilizza proiezioni di grandi immagini come fondali davanti ai quali agiscono i protagonisti dello spettacolo.
Tra i quali emerge Velia, con la sua grazia, la sua fede viva, il suo esempio di persona che cerca il vero senso della vita e che vive un profondo e dolcissimo rapporto con l'Assoluto che la porta ad essere "porta" della "grazia" e della "luce" di Dio per l'umanit�.




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