Nella vita di ogni essere vivente passa un misterioso «vento del cielo»
Giovedì 14 luglio, a San Miniato al Tedesco in provincia di Pisa abbiamo partecipato all'anteprima per la stampa dell'opera scelta per la 42° Festa del Dramma Popolare. Si tratta de Il vento del cielo del gallese Emlyn Williams, attore ed autore drammatico, oltre che regista, nato nell 905 a Mostyn, nel Galles del Nord, e morto a Londra nel 1987 ad 81 anni.
L'OPERA
Come sempre, il direttore artistico dell'Istituto del Dramma Popolare di San Miniato, don Marco Bongioanni, si è trovato di fronte a difficoltà oggettive di reperimento di un testo contemporaneo, che fosse all'altezza della fama della Festa sanmiatese, e nel contempo presentasse quelle caratteristiche di spiritualità, che sono proprie del fatto culturale toscano. Quest'anno, pertanto, ha ritenuto di poter contare su quest'opera di Williams, traducendola ed adattandola in proprio ed in collaborazione con il valoroso regista Franco Meroni.
L'opera narra dello squallore di morte, in cui é venuto a cadere Blestin, piccolo villaggio del Galles, l'indomani della guerra di Crimea del 1854-55. Alla scomparsa dei giovani, falciati dalla guerra e dal colera, si sono aggiunti naufragi marini ed una desolante carenza di nuovi bimbi. In questa aura malsana si dibatte la signora Dilys Parry (una precisa Nunzia Greco), che vedova vive ora una vita votata alla solitudine e alla morte. A nulla valgono le premure della nipote Menna (una vivace Alessandra Celi), che tenta di ridare senso e significato all'esistenza della zia.
Ma un giorno al villaggio accade un fatto nuovo: giungono due persone estranee. Ambrose Ellis (un sanguigno Aldo Reggiani), proprietario di un circo equestre, e Pitter (un misurato Arnoldo Foà): vengono a cercare, per ingaggiarlo, un nano, di cui hanno sentito parlare come capace di suoni misteriosi e di fatti eccezionali. Viene convocato Evan Howell (un calibrato Luciano Fino), portavoce del villaggio, il quale ritiene che si sia di fronte a fatti già prefigurati nella Bibbia, e precisamente in Giovanni 5,25: «Io vi dico una cosa: viene un'ora, anzi é già venuta, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e chi lo sente vivrà». Tutto ciò si starebbe compiendo per opera di un ragazzo tredicenne, Gwyn (un silenzioso Mattia Cominotto), la cui madre Bet (una forte Angela Cardile) è al servizio della signora Parry. E' lui il nano dei circensi, che sembra operare prodigi autentici: risana tutti i malati di colera dell'ospedale di Blestin, anzi fa risorgere da morte il capitano Pugh, fidanzato di Menna, la nipote della vedova Parry. Così Blestin rinasce: tornano i canti, riprende la vita, e con la vita la speranza.
Il prezzo di tutto ciò è tuttavia il sacrificio del giovane Gwyn: colpito dallo stesso colera, da cui ha liberato i suoi compaesani, egli muore, ma la sua morte segna l'inizio di una nuova vita: quella di coloro che lo circondano, che ritrovano significato e decisione al loro modo di esistere, per cui la signora Parry si pone nuovi progetti, Menna si sposa, i due circensi , e segnatamente mister Ellis, cambiano programma, riscoprendo i genuini valori della loro primitiva esistenza.
Veramente, un vento del cielo, un soffio rinnovatore, è passato sulla faccia di quello sperduto villaggio gallese.
UNA PARABOLA
Il testo non è di facile ascolto. La prima parte è una lunga preparazione agli eventi, che seguiranno nella seconda. La quale si presenta immediatamente - e bene lo aveva indicato il regista Meroni nella conferenza stampa che, come di consueto, ha preceduto l'anteprima dell'opera di Williams - come una parabola: Gesù (il piccolo Gwyn) ritorna nel mondo a provocarlo ed a salvarlo ancora una volta: solo in lui c'è la salvezza; solo lui è questo «vento del cielo», che può scuotere le coscienze e ridare fede alla vedova Parry, speranza alla giovane Menna, amore al pragmatico Ellis. Ecco perché è evocato Giovanni; ecco perché il libro citato e presente sempre in scena è la Bibbia; ecco perché un nuovo evangelista (Pitter-Foà) prende coscienziosa nota di quanto avviene nel villaggio, fino al tragico ma sublime finale.
Questa, riteniamo, è stata la ragione della scelta del testo di Williams, per la 42* Festa del Dramma Popolare sanminiatese.
Tuttavia qualcosa non ci convince. In particolare la «laicità» di Pitter, che nella chiusa ritiene di poter trovare una giustificazione scientifica o quasi a tutti i fatti che si sono succeduti nel villaggio ad opera del giovanissimo Gwyn: «Forse - dice - tutto é spiegabile razionalmente: ed il fatto che la madre lo sapesse prima della sua nascita fu una sua allucinazione, e la musica udita nel villaggio frutto di suggestione collettiva. Il miracolo dell'ospedale, beh, semplice catalessi... Oserei affermare che lui non è il Messia».
Questa affermazione di Pitter-Foà ci trova consenzienti, sarebbe troppo comodo che il Signore si reincarnasse tutte le volte che il mondo va male. No, egli è già qui, vive con noi, vive le nostre ansie, le nostre disperazioni, i nostri sbagli, anche le nostre cattiverie.
Quello che chiede ad ognuno di noi è che, ricordandosi di lui, della sua presenza costante, della sua provvidenza che è amore, ritrovi in sé la forza ed il coraggio per rinascere. Ecco il senso dell'ultimo lemma de Il vento del cielo, lasciato ancora una volta a Pitter-Foà: «Qualsiasi opinione si possa nutrire, circa la base su cui avete edificato la vostra fede, credo che il vostro lavoro sarà, comunque, ottimo».
Ecco la vera parabola di Williams: il vento del cielo passa inudito, ma passa sempre: lo udranno quanti hanno orecchi attenti e cuore aperto. E', allora, una vera parabola evangelica, anche più profonda di quanto in apparenza possa sembrare, perché ci riporta a quella comunione tra uomo e Dio, che è la base stessa del Cristianesimo. Là dove un Dio si è fatto uomo, vuole che un uomo si innalzi fino, quasi, a diventare vicino a Dio, non Dio naturalmente.
Ecco perché, dopo un momento di incertezza derivante dal lento procedere della prima parte della pièce , ci siamo sentiti presi dalla seconda, e ne abbiamo provato emozioni dirette. In questo mondo laicizzato o quasi, il ritorno misterioso alla Parola incarnata in un Vento è opera meritoria ed altamente suggestiva.
Come sempre, vorremmo allora che altri potessero vedere questo dramma di Williams, che sarà portato in una breve tournée ad opera della O.S.I. 85 di Giulio Paternieri ed Inigo Zammarano. Andrà a Gubbio, a Rimini ed anche a Brescia: perché non fare una scappata fino alla «città leonina» per meditare con l'aiuto di questa rappresentazione?
BARTOLO FORNARA, L'Informatore 23 luglio 1988
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