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La recensione di Aggeo Savioli
 

La recensione

Federico II: Gregorettì lo vede così

C'entra, eccome, questa bella cittadina toscana, con le vicende di Federico II, del suo accanito avversario (creduto amico, all'inizio), il papa Innocenzo IV, di Pier delle Vigne, già influentissimo consigliere dell'Imperatore, sospetto poi (a torto) d'aver complottato ai danni del sovrano, da costui fatto rinchiudere nella torre sanminiatese, crudelmente accecato e che da queste parti si diede la morte, probabilmente, da sé («L'animo mio... Ingiusto fece me contra me giusto» gli fa dire Dante nel Canto XIII dell'Inferno).
Abbiamo nominato, così, i tre personaggi principali di un lavoro singolare, molto apprezzabile, scelto per la Festa del Teatro di quest'anno, cinquantaquattresima della serie. Il titolo è Le spade e le ferite. L'autrice, Elena Bono, un'attempata gentile signora, poetessa e narratrice, ha scritto anche parecchio per la scena, ma vi ha avuto raro accesso. L'opera ora propostaci, pubblicata a stampa nel 1995, si raccomanda sia per la misura umana, né apologetica né caricaturale, conferita a figure storiche di gran peso, sia, e forse soprattutto, per un impasto linguistico che, all'antico italiano (la successione degli eventi si colloca fra il 1243 e il 1254), alterna, attribuendo loro notevole preponderanza, i dialetti, siciliano e genovese, non senza qualche sprazzo di francese, di tedesco, di latino, ecc. Si sa della scuola poetica e filosofica animata, a Palermo, dall'Imperatore; mentre Innocenzo IV veniva dalla famiglia dei Fieschi, conti di Lavagna.
Il conflitto politico, tra Impero e Papato, che costituisce il fondo del dramma, assume dunque anche la forma d'uno scontro tra modi di esprimersi (e sistemi di pensiero) diversi. Del resto, il monarca e il pontefice non vengono a confronto diretto, si combattono a distanza. E a riunirli, se vogliamo, è la morte (dell'uno nel 1250, dell'altro nel 1254). Quella morte che, in una sua poesia qui citata, e pur indirizzata all'Amore (all'Amuri, sicilianamente), Federico II assimila al Nulla: «In esta vita brieve/ che allo niente diclina». Della terribile fine di Pier delle Vigne si parlerà soltanto a cose fatte. Ma è proprio nella fastosa casa di questi, a Napoli, che vedremo spegnersi Innocenzo IV...
La regia, accorta e partecipe, di Ugo Gregoretti fa terminare qui lo spettacolo, nel risuonare discreto di una nota canzone partenopea, Michelemmà . Il taglio netto dell'ultimo quadro del testo, dove s'accampa un «popolo minuto» mostrato nei suoi travagli e sofferenze, ma anche nella sua inesausta vitalità, restringe magari un poco il respiro di una tragedia che non dovrebbe riguardare solo i piani alti della Storia.
Ma il risultato complessivo è ottimo. E vi ha forte spicco il vigoroso contributo di due attori fra i nostri migliori: Massimo Foschi (Federico II) ed Eros Pagni (Innocenzo IV), cui si affianca il bravo Marco Spiga come Pier delle Vigne. Gabriele Carli e Agostino Cerrai hanno altresì, con buon merito, ruoli di rilievo. E la compagnia, nell'insieme, è adeguata al compito. Gli elementi scenografici di Daniele Spisa, i costumi a firma di Antonella Zeleni s'integrano bene nella stupenda cornice della Piazza del Duomo. Calorosissime le accoglienze all'anteprima. E repliche fino al 26 luglio.

AGGEO SAVIOLI, L'Unità , Roma, 22 luglio 2000




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