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L'Ancora - La recensione di Bruna Mistichelli
 

Maddalena Crippa e Massimo Foschi sul palco del Festival del "Teatro dello Spirito" a San Miniato
San Miniato, ridente località poco distante da Firenze, che si adagia sulla collina toscana tra il verde e che eleva le sue torri a ricordo dei grandi eventi e grandi personaggi dell'eterno divenire della storia, da sessant'anni è sede del Festival del "Teatro dello spirito". Dal 1947 l'Istituto "Dramma Popolare" stabilì di rappresentare ogni anno un testo inedito che avesse non solo un significato artistico culturale, ma anche una funzione etico-sociale. Opere teatrali insomma, che si pongono il problema della ricerca e del significato della vita spesso di difficile risposta. Quest'anno è stato scelto il testo di Eliot La Roccia rivisitato dal regista Manzari. La vicenda ambientata in Inghilterra è messa in relazione con il passato di San Miniato dolorosamente e drammaticamente colpito durante l'ultima guerra in cui più di cinquanta persone morirono nella Cattedrale a causa di una granata nemica. Nella bellissima piazza tra la Cattedrale e il Palazzo vescovile si alza la scena che già prelude a un qualcosa di dissestato, sconvolto da una deflagrazione. Nel buio si accendono tante piccole luci, mentre sale un mesto, desolante canto e poi dei nomi sussurrati da voci fievoli che sembrano quasi scavare nel buio. Si accendono le luci e appaiono immagini di chierici che hanno il pietoso compito di risistemare e ripulire il luogo dove si è consumata una strage. E poi le parole del salmo: "A te grido Signore / non restare in silenzio, mio Dio / perché, se tu non mi parli / io sono come chi scende nella fossa".
Le scene si susseguono una dopo l'altra e molto importante è la voce del coro che fa rivivere il dramma di un popolo e in tal senso Eliot fa della poesia un mezzo di utilità sociale grazie al teatro. E nel motivo-guida, il cui tema principale è la costruzione reale o metaforica di una Chiesa che "decade all'interno ed è sempre attaccata all'esterno", si stagliano i mali dell'umanità in questo nostro mondo confuso e disorientato, dove si vive nell'ingiustizia, nell'egoismo, nella solitudine, dove domina l'incomunicabilità anche tra marito e moglie. L'uomo preso dagli antichi idoli del Potere, della Razza, dell'Orgoglio, della Ricchezza, vive nella solitudine, nella lontananza da Dio e dagli uomini e a tal proposito Eliot dice: "Che vita è la vostra se non avere vita in comune? / Non esiste vita se non nella comunità / e non esiste comunità se non è vissuta in lode di Dio". L'uomo si deve rinnovare al suo interno, deve restaurare se stesso per alleviare la precarietà della sua esistenza.
Il testo teatrale, senz'altro difficile, è quanto mai attuale. Oggi, forse più che in passato, gli antichi dei del Potere, della Lussuria, dell'Egoismo hanno sopraffatto l'uomo, che, allontanato dalla retta via, sembra aver perso il senso dell'umanità che spesso lo fa sprofondare negli abissi del male. La Fondazione Istituto Dramma Popolare di San Miniato ha scelto nell'opera di Eliot La Roccia, un testo in cui storia ed eternità si compenetrano in uno scambio di percorsi che approdano nel Teatro dello Spirito. Bravissimi gli attori Massimo Foschi e Maddalena Crippa che hanno illuminato con la loro presenza la scena e gli attori del Coro, veramente formidabili. Un plauso al regista Giuseppe Manzari che ha attuato una rielaborazione drammaturgica del testo di Eliot con la riscrittura di alcune scene, rendendolo più attuale e più comprensibile pur nella sua difficoltà.

Bruna Mistichelli, L'Ancora 30 luglio 2006




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