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Il Messaggero - Articolo di Luca Archibugi
 

E' contesa da tre grandi religioni tra conflitti e ansia di pace
Gerusalemme, la seduttrice

Gerusalemme è come una bella donna, ma bugiarda assai. La promessa della bellezza è quella della verità, ma essa si sfa nelle tante religioni che pretendono di possederla. Questo gioco della sedizione è antico come gli ebrei, i cristiani e i musulmani. E il conflitto è permanente, come anche l'ansia di pace. Su questo tema, e su tanti altri, si è tenuto a San Miniato un convegno dal titolo «Gerusalemme città aperta», aperta - appunto - comeuna bellissima seduttrice, disponibilissima. Ma è tutta apparenza. A tale infedeltà degli eventi e dei fatti fa riscontro la fede, la parola su cui è fondata - anzitutto etimologicamente - ogni "fedeltà". Cosi al cospetto del "muro del pianto" d'ogni sentimento religioso, così come al cospetto di ogni carestia dello spirito: fa riscontro nei millenni la gioia di serbare la "propria" verità, il dolore di ogni verità relativa al cammino verso l'assoluto. Fra i relatori, Khaled Fouad Allarn, docente di sociologia del mondo musulmano, apparso diverse volte in tv: citando Franz Rosenzweig, ha parlato della lotta senza quartiere fra la "logica della storia" e la "logica della verità" riguardo a Gerusalemme. Nel suo capolavoro, La stella della redenzione, traccia il confine fra questi due mondi che si sciolgono l'uno nell'altro. Tra l'altro, la parola "assoluto" deriva - nell'etimologia - dallo scioglimento, dal disciogliersi delle cose. Riguardo alla storia sanguinosa del Santo Sepolcro, sarebbe facile cadere preda di quel relativismo contro cui ha puntato l'indice Benedetto XVI. Papa Ratzinger ha messo alla berlina un relativismo privo di dialettica; se si fa a meno di quest'ultima la storia di Gerusalemme risulta incomprensibile (da un certo punto di vista, essa stessa "è" la secolarizzazione).
In questi stessi giorni, a San Miniato si svolge la Festa del Teatro, e ha debuttato - in prima assoluta - lo spettacolo Il custode dell'acqua, tratto dall'omonimo romanzo di Franco Scaglia (anch'egli relatore al convegno), vincitore del Super-campiello nel 2002. L'adattamento teatrale è di Sergio Pierattini e Marzia Lea G. Pacella per la regia di Maurizio Panici. Scaglia ha scritto il suo giallo-spy story ambientato in Terra Santa dove il protagonista è Padre Matteo, appassionato archeologo francescano. Nella comice tragica del conflitto israelo-palestinese, Scaglia fa muovere il suo personaggio, uomo di robusto senso religioso, nonché involontario detective. Egli cerca il bandolo della matassa di un intrigo assai complicato, la mappa che dovrebbe portare al rinvenimento dell'Arca dell'Alleanza. Lo spettacolo, diretto da Panici con scrupolosa osservanza del testo, si avvale di attori di grande livello, fra cui Maurizio Donadoni (Padre Matteo), Renato Campese (Il Custode), Carlo Simoni (Saul Bialik). Le luci che proiettano l'intera città sulle mura di cartapesta, sono di Riccardo Tonelli. Il debutto di questo spettacolo, in scena fino al 27 luglio, anch'esso viatico di speranza nella ricerca di soluzioni nell' eterno dramma senza speranza di Gerusalemme, fa da contraltare ad una proposta, solo apparentemente utopica, di trasferire la sede dell'Onu nella Città Santa. Questa idea sembra un sogno ad occhi aperti, ma ha in realtà un risvolto concreto, come ha evidenziato Franco Cardini, grande storico del Medio Evo, in un bellissimo intervento fuori programma in cui non sono mancati - fra l'altro - momenti comici, ricordando le baggianate che vengono propinate nei polpettoni storici tipo Le crociate di Ridley Scotti sostenere, ad esempio, che gli Arabi abbiano imparato dai Crociati le tecniche dell'agricoltura e dell'irrigazione è pura assurdità. Basti pensare ai giardini di Granada. Gli altri interventi sono stati quelli di Wlodek Goldkom, giornalista dell'Espresso, che ha stigmatizzato i rischi insiti, ossia le conseguenze possibili del fondamentalismo, pure quello sionista; e quello di padre Michele Piccirillo, che non poteva non avere il ruolo-chiave nelle giornate di San Miniato: è la persona, non il personaggio, cui si ispira Franco Scaglia per i suoi romanzi, e si è visto doppiamente protagonista, prima nei romanzi (il seguito de Il Custode dell'acqua è Il gabbiano di sale), poi sul palcoscenico. Ma padre Piccirillo non è sfiorato dal sentimento della vanità. La mattina seguente allo spettacolo, davanti a una tazza di caffè, con semplicità tutta francescana, lottava rabbiosamente raccontando le sue storie infinite per la pace in Terra Santa.
Luca Archibugi, Il Messaggero, 25 luglio 2005




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