A teatro il conflitto mediorientale. Un frate francescano tra i kamikaze
Per i festival delle vacanze, non soltanto spettacoli comici, varietà satirici ed esumazioni dei soliti grandi classici. Come ogni estate, da quasi sessant'anni, l'Istituto del Dramma Popolare ha chiamato pubblico, nella incantevole piazza di San Miniato al Monte, per ricordarci che esiste anche un Teatro dello Spirito. O, meglio, esisteva: perché è sempre più rara, se non addirittura estinta, una drammaturgia che proponga i temi della spiritualità e della fede. Quest'anno, infatti, è stato portato in scena (nell'adattamento di Sergio Pierattini e Marzia G. Lea Pacella) un romanzo: Il custode dell'acqua di Franco Scaglia che sul filo di una appassionante narrazione vi ha raccolto le sue esperienze di giornalista in Terra Santa.
Siamo dunque a Gerusalemme: la Gerusalemme di oggi, cuore convulso di un mondo sanguinante, intrico di razze e di religioni, tempestato dalle avversioni politiche, e nel quale musulmani, ebrei e cristiani dovrebbero, nell'amore dello stesso Dio, realizzare finalmente la pace. Attorno alla figura di un frate francescano impegnato in certi scavi archeologici, si accende una complessa vicenda che, nello spettacolo, diventa una serie di eventi, di scene, di episodi sotto i quali bisogna rilevare (ma non è facile) il vero, essenziale motivo del dramma: la ricerca di un documento che dovrebbe risolvere i problemi di vita in Terra Santa. E che in realtà sarà soltanto la fonte di un'acqua purissima: quell'acqua di cui l'umanità, oggi, ha bisogno per sopravvivere. Nella monumentale scenografia di Daniele Spisa, il regista Maurizio Panici ha realizzato uno spettacolo dalle accentuazioni "poliziesche", al quale hanno saputo dare un sicuro vigore Maurizio Donadoni, Carlo Simoni, Sergio Basile, Silvia Budri e Renato Campese.
Carlo Maria Pensa, Libero, 26 luglio 2005
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