San Miniato, Scaccia sulle orme di Dreyer
E' un invito all'ascolto della parola di Dio come vera fonte della fede il messaggio che traspare dalla festa del Teatro di San Miniato, organizzata dall'istituto del dramma popolare. Lo strumento di cui si sono serviti gli organizzatori è stata la rappresentazione di Ordet (Parola), un testo di Kaj Munk, teologo e pastore protestante danese ucciso dalla Gestapo.
Lo spettacolo, allestito sulla piazza del Duomo di San Miniato, è andato in scena giovedì sera, in anteprima nazionale per la stampa. Accanto alla necessità dell'ascolto della parola di Dio, l'altro messaggio che esce dall'opera è la credibilità nei miracoli, che non si è in grado di riconoscere se non alimentati dalla vera fede.
Lo spettacolo, realizzato da Mario Scaccia nella doppia veste di regista e attore, si muove su questi due aspetti fondamentali della spiritualità cristiana. Il testo di Munk (quattro lunghi atti) era, secondo Scaccia, «irrappresentabile» nella versione originale. Troppo spazio l'autore aveva dato alla diatriba teologica tra i due schieramenti luterani danesi: i pietisti che vivono un cristianesimo fatto di rassegnazione ed i grundtvighiani che ne accentuano l'aspetto gioioso.
Così Scaccia ha sfrondato l'opera, riducendola a due atti, creando situazioni e dialoghi sobri.
«Ho mantenuto integro però il messaggio di Munk», ha detto Scaccia. Ordet, composto nel 1925, è stato rappresentato per la prima volta a Copenaghen nel 1932, poi è stato soggetto per due opere cinematografiche: la prima di Molander (1943), la seconda di Dreyer (1955).
In Italia Ordet non era mai stato rappresentato. L'azione si svolge in una fattoria della Jutlandia di proprietà dei Borgen. Mikkel Borgen (Scaccia), seguace di Grundtvig, soffre nel vedere la famiglia disgregata da divergenze di fede. Il figlio maggiore, Mikkel, è ateo; il secondo, Johannes, giovane teologo, è impazzito per la morte della fidanzata e ora crede di essere Cristo, ma è anche l'unico che ha fede; il terzo, Anders, è innamorato della figlia di Peter, un sarto pietista.
L'unico elemento positivo è la moglie di Mikkel, Inger, che muore di parto, ma è resuscitata da Johannes (che aveva riacquistato la ragione proprio dopo la morte della donna) sotto le pressioni della nipote. Ed è proprio questo che genera la conversione dei protagonisti. Le famiglie superano le divergenze di fede, accorgendosi che le lore diatribe non erano dettate da vera spiritualità, e Mikkel torna a credere. La conversione è possibile grazie all'ascolto delle parole evangeliche pronunciate da Johannes che, non più folle, ha credibilità.
La Gazzetta di Parma, 18 luglio 1992
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