Tutti i dolori di Las Casas
Tre volte è partito l'applauso a scena aperta, all'anteprima di questo Bartolomeo de Las Casas che sarà ricordato, senza dubbio, nel fior fiore dell'albo d'oro del Dramma Popolare. Per l'intensità del testo, per le riflessioni attualissime a cui induce la grande storia dell'apostolo degli Indios, per la splendida recitazione del cast che l'aretino Giovanni Maria Tenti fa muovere con una regia semplice ed allo stesso tempo raffinata. Riuscendo nell'intento di rendere un grande omaggio alla figura di padre Bartolomeo, uno degli uomini - che come Galileo, Copernico e Shakespeare - hanno fatto le rivoluzioni del XVI secolo.
Schneider, l'autore del testo, ci porge un Las Casas che ritorna in Spagna per divenire la coscienza di un popolo. Un Las Casas che ha un unico desiderio, un'unica volontà: che la voce di Dio giunga agli orecchi degli uomini immersi nell'ingiustizia, vista con i propri occhi nel nuovo mondo massacrato dalla fame di gloria, potere e denaro. Un Las Casas che diviene testimone oculare e che non può tacere, come non si possono e non si debbono tacere i tremendi dolori dell'umanità, trasferiti in modo toccante sulla scena con squarci di video sull'olocausto, le guerre, la fame, le dittature.
Questo insieme diventa teatro, seducente e graffiante come un tormento. Un teatro che ci parla alzando anche la voce, riuscendo - e questo è il vero successo dell'operazione - a restare straordinariamente teatro, di alta e coinvolgente recitazione: Franco Graziosi, impeccabile Bartolomeo de Las Casas, Renato De Carmine, davvero di gran mestiere nelle difficili vesti di Carlo V e Beppe Chierici, eccellente Bernardino di Lares, Franco Sangermano, bravo come sempre pur nell'approccio piuttosto convenzionale nelle ingrate vesti del Cardinale di Siviglia. Ma tutti gli attori, nel complesso, si muovono con padronanza sulla bella scenografia di Daniele Spisa, arricchita da fondi digitali e aiutata da ottime musiche. Applausi, senza risparmio, per un'opera di spessore, che sembra davvero scritta ad hoc per la scena sacra di San Miniato, chiamata a fare non solo teatro.
Carlo Baroni - La Nazione 19 luglio 2003
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