Questo sito utilizza cookie tecnici, di profilazione propri e di terze parti. Se continui la navigazione, se accedi ad un qualunque elemento di questa pagina (tramite click o scroll), se chiudi questo banner acconsenti all'uso dei cookie.
Chiudi ed Accetta Voglio saperne di più
 

ARCHIVIO DI TUTTE LE EDIZIONI:

cerca all'interno del sito:

SEGUICI SU:


facebook youtube email



Ministero

Regione Toscana

ARCHIVIO
 
Il Nuovo Torrazzo - La recensione di Zucchelli e Bucci
 

La fatica diplomatica per la pace
Un argomento assolutamente attuale (la ricerca della pace tra due parti in conflitto), un'angolatura insolita (i retroscena segreti delle trattative diplomatiche), un messaggio tra il realistico e il pessimistico (se vuoi la pace, abbandona gli ideali di fratellanza e scendi a un compromesso), una speranza finale (ma ci sarà sempre qualcuno che s'impegnerà per la fratellanza dei popoli). Questo Il dilemma del prigioniero, dell'inglese David Edgar, rappresentato dal 23 al 28 luglio nella 58' edizione della "Festa del teatro" organizzata dall'Istituto Dramma Popolare di San Miniato.
Nella cittadina toscana, che per l'occasione diventa la capitale del dramma sacro, una trentina di giornalisti della Fisc, assieme a una platea di operatori dell'informazione nazionale, ha assistito giovedì 22 all'anteprima per la stampa - presente l'autore - seguita venerdì 23 dalla prima.
Quest'anno il tema non è stato prettamente sacro, ma ha posto sul palcoscenico un argomento di attualità: la pace e la fratellanza tra i popoli, valori tra i primi della visione cristiana del mondo. Il dilemma del prigioniero è infatti un testo quanto mai attuale che ci induce a riflettere sulla necessità di un impegno incessante per superare le ragioni del dissenso e ricercare quelle della concordia tra i popoli.
La storia ha inizio nel 1989. In un'università californiana studenti e professori simulano un negoziato di pace tra un ipotetico governo, dichiarato illegittimo dall'Onu, e un gruppo di rivoltosi. Entrambe le parti non hanno mai esitato a far ricorso alla violenza e ora non sanno comprendere le ragioni l'uno dell' altro. Nel corso di questo "gioco di ruolo" viene fatto cenno anche a quel "dilemma del prigioniero" che dà il titolo all'opera. E' il bivio di fronte al quale si trova ogni arrestato insieme a un complice. Interrogato da solo, in una stanza separata, come si comporterà il prigioniero? Credendo che il complice abbia già "cantato" confesserà tutto, accettando uno sconto di pena? O piuttosto terrà duro, per non tradire la fiducia del collega e sperare in un'assoluzione, correndo il rischio di venire tradito e condannato al massimo della pena?
Quello che sembrava un esercizio accademico per aspiranti diplomatici, si ripeterà nella realtà qualche anno dopo. Gli stessi personaggi si ritrovano, prima nel '97 e poi nel 99, protagonisti di una trattativa tra il governo della fittizia repubblica ex-sovietica di Caucasia e i ribelli di una fantomatica etnia drozdana, minoranza musulmana all'interno dello Stato. I negoziati prima falliscono, poi, ripresi sotto "regia" americana a bordo di una portaerei si concludono con un compromesso nel quale la regione viene divisa in due e ai ribelli è concessa l'indipendenza. Naufraga così la proposta, incarnata per l'intera durata dei negoziati dalla medianice Gina Olsson, della creazione di uno Stato democratico unito e multietnico.
L'indipendenza metterà fine alla guerra, ma la pulizia etnica effettuata dalle due parti del nuovo confine e l'instaurarsi di un regime integralista islamico nel nuovo Stato, getteranno i semi di nuove tensioni. La vittoria quindi, altro non è che uno 'sconto di pena' ottenuto dall'immaginario prigioniero in cambio del tradimento del compagno.
Fallisce dunque ogni prospettiva di pace basata sulla fiducia reciproca? Allo spettatore resta il dubbio e il dilemma, ma una voce promette che ci sarà sempre qualcuno a perseguirla fino in fondo.
La fiction fa trasparente riferimento ai numerosi scenari di guerra contemporanei, dalla Palestina alla Cecenia, alla Bosnia, al Kosovo e all'Afganistan. Mette in discussione anche il ruolo dell'Occidente, in bilico tra la vera promozione della pace e la ricerca dei propri interessi politici ed economici.

Giorgio Zucchelli e Michelangelo Bucci, Il Nuovo Torrazzo, 31 luglio 2004




© 2002-2021 fondazione istituto dramma popolare di san miniato

| home | FESTA DEL TEATRO 2023 | chi siamo | dove siamo | informazioni e biglietti | scrivici | partner | sala stampa | trasparenza | sostieni | informativa privacy | informativa cookie |

 

Fondazione Istituto Dramma Popolare San Miniato
Piazza della Repubblica, 13 - 56028 San Miniato PI
P.I 01610040501

Home