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Letture - La recensione di Carlo Maria Pensa
 

Il frate archeologo in cerca di pace
Un racconto o, meglio, un complesso di episodi e di personaggi sullo sfondo e nell'intreccio di una sempre allarmante attualità è Il custode dell'acqua di Franco Scaglia. Gerusalemme, il conflitto israeliano-palestinese, il contrasto di fedi diverse, ebrei, cristiani, musulmani, gli affari loschi dei profittatori, la pace perduta e invano ricercata, la violenza del terrorismo, gli inganni dell'odio: e dentro, anzi attraverso questa tragica rete, la nobile figura di un frate francescano, padre Matteo, che nell'amore di Dio vorrebbe poter dedicare se stesso soltanto alle sue ricerche di prestigioso archeologo, e che invece si trova a dover affrontare incarichi misteriosi, fino alla scoperta di un documento con l'elenco delle fonti d'acqua in Cisgiordania. Quelle fonti che darebbero a ciascuno ogni diritto di vita, quell'acqua che purificherebbe l'anima del mondo...
La regia di Maurizio Panici ha fatto, dell'adattamento teatrale di Sergio Pierattini e Marzia G. Lea Pacella, nella imponente scenografia di Daniele Spisa, uno spettacolo di fitta, serrata struttura in un impasto da suspense avvincente, anche se non so quanto rispettoso della tradizione di queste Feste del Teatro che l'Istituto del dramma popolare va dedicando, da quasi sessantanni, al Teatro dello Spirito.
Eccellente protagonista Maurizio Donadoni, insieme con Carlo Simoni, Renato Campese, Silvia Budri, Francesco Biscione. Sarebbe giusto applaudirli anche altrove, se dalla piazza del Duomo di San Miniato Il custode dell'acqua si trasferisse, ora, in altri teatri.
CARLO MARIA PENSA, Letture, ottobre 2005




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