Un giovane autore, il quarantenne Roberto Cavosi, già attore affermatosi a partire dagli inizi degli anni Novanta anche come apprezzato drammaturgo, sulla ribalta della Festa del Teatro di San Miniato, la manifestazione che da più di mezzo secolo propone un testo inedito, mai rappresentato in Italia, scelto nell'intento di favorire la presenza sulle scene nostrane di un "teatro dello spirito".
Questa 53° edizione della Festa del Teatro è stata fortemente segnata dalla straordinaria interprestazione, nella doppia veste di danzatrice e - non meno apprezzata - attrice di Carla Fracci, lo spirito di Ofelia, suicida per amore, che, proprio quasi a sottolineare la prorompente forza del sentimento, rinasce nel corso della piéce sotto forma di Rosa.
La vicenda, infatti, si sviluppa su di un difficile piano onirico-allegorico: Cavosi porta avanti il suo impianto drammaturgico, puntando sui dialoghi fra le coppie (lo spirito di Ofelia e Fortebraccio, il cavaliere, da un lato, la Morte e il Diavolo, dall'altro) e sulla varietà dei linguaggi. Si spazia dalla comicità da avanspettacolo dei becchini, le cui storpiature rimandano a celebri testi shakespeariani, al linguaggio solenne, aulico di Fortebraccio, dai toni sguaiati del dialogo fra Morte e Divolo, alla liricità della Rosa e della Fontana.
Probabilmente questa voluta disomogeneità e il tormentato approccio ad esistenzialismo e problematiche escatologiche, che permette a Fortebraccio di ritrovare il senso della vita, non consentono sempre un'efficace e convincente trasposizione della scrittura di Cavosi in rappresentazione scenica: lo spettacolo ha i suoi momenti più riusciti nelle coreografie di Luc Boy, quando Carla Fracci compare nelle vesti del fantasma di Ofelia, danzando sulle splendide musiche di Sostakovic. Certo l'umanizzazione del cavalier Fortebraccio, che si compie attraverso un tormentato percorso, fatto di simboli e presagi, nell'arco dell'intera piéce, è un'altra, non meno penetrante, chiave di lettura di un testo sin troppo ricco di stimoli ed indicazioni: l'interpretazione intensa di Virginio Gazzolo dà peso e spessore al problematico personaggio di Fortebraccio, che nel finale ritrova se stesso e il primitivo decisionismo. Ma il disegno registico di Beppe Menegatti, grande uomo di spettacolo la cui esperienza ed inventiva sono state messe a dura prova da un testo discutibile sotto diversi aspetti, è stato ben sorretto da un motivato gruppo di affiatati attori ed attrici.
Si apre, ora, la scommessa di fine (o inizio?) Millennio: l'Istituto del Dramma Popolare è già alla ricerca del testo, mai rappresentato in Italia, con cui tornare in scena nell'estate del 2000 in piazza del Duomo. La riflessione sui temi centrali del senso religioso - da sempre appannaggio esclusivo di San Miniato - e della vita avrà luogo il prossimo anno in un contesto, il Giubileo, decisamente impegantivo. Ma questa Festa del Teatro, da sempre, caso unico in Italia, rischia coraggiosamente sugli autori comtemporanei, saprà sicuramente essere all'altezza dell'appuntamento che l'attende.
GIUSEPPE BARBANTI, Ciemme, dicembre 1999
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