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Il Corriere della Sera - La recensione di Pietro Favari
 

Alla corte dei Medici con Thomas Mann
Proprio come un western o un film dì cappa e spada è costruito Fiorenza, unico dramma compiuto di Thomas Mann e scritto nel 1905; la scena finale è dominata dal duello tra protagonista e antagonista, tra il Bene e il Male. Ma chi rappresenta il bene e chi il male nello scontro tra Lorenzo il Magnifico e Fra' Girolamo Savonarola? Il conflitto messo in scena da Mann è di quelli, monumentali, che danno un po' di vertigine e sono da scrivere con le maiuscole: Spirito contro Arte, Chiesa contro Stato, Umanesimo ascetico e punitivo contro Umanesimo laico e sensuale, il Cristianesimo apocalittico di Savonarola contro la Filosofia in cerca di armoniose contemplazioni della corte medicea.
In realtà si tratta di due facce di una stessa medaglia, quel Rinascimento italiano insieme conflitto e sintesi degli opposti che affascinava Mann, «Lo accolgo in me completamente. So parlare il suo linguaggio», scriveva. Soltanto che una faccia è cesellata con la raffinatezza degli incisori fiorentini, l'altra reca il segno elementare di un misticismo assoluto, divorante.
Per la prima volta allestito in Italia in occasione della quarantesima Festa del Teatro a San Miniato, organizzata dall'Istituto del Dramma Popolare, Fiorenza è stato ampiamente ridotto e adattato da Marco Bongioanni e Aldo Trionfo (anche regista in collaborazione con Lorenzo Salveti). Invece di apparire soltanto nel finale, Savonarola è presente sin dall'inizio sulla scena, non con le parole di Mann ma con quelle delle sue prediche, fiammeggianti di una teatralità travolgente, semplice ed efficace.
Aggrappato a due pulpiti posti ai lati estremi della bella scena disegnata da Giorgio Banni, il Priore di San Marco sembra assediare la grande piattaforma che si erge in mezzo al palcoscenico: zattera dorata, medaglione rinascimentale, rappresenta la villa di Careggi, residenza estiva dei Medici dove Lorenzo mori l'8 aprile del 1492.
Le invettive di Savonarola spezzano le conversazioni della corte medicea: Angelo Poliziano, Pico della Mirandola, Piero e Giovanni de' Medici.
E la scena tra Lorenzo e i suoi figli può far pensare ai Medici di Thomas Mann come a dei Buddenbrook italiani e rinascimentali. Ma accanto ai due protagonisti prende risalto sopra tutti Fiorenza, la cortigiana bellissima che leggenda vuole sia stata amata dal Magnifico ma anche dal giovane Savonarola, prima di sposare la fede. Con facile allegoria nel dramma di Mann Fiorenza è Firenze, la Città, il Potere, vagheggiato da due antagonisti che alla fine in questo si scoprono uguali.
Aldo Trionfo ha ridotto all'essenza le allegorie di Mann e le ha messe in scena puntando alla grande spettacolarità delle idee e delle ideologie indossate dai personaggi. Una grande regia la sua, limpida per rigore e per essenziale teatralità, affidata ad una sicura sapienza formale nel comporre le immagini, che si ritagliano decise sullo sfondo della dolce notte di San Miniato accarezzate dal gioco armonioso delle luci.
E' rintracciabile persino una vaga somiglianza fisica tra i due interpreti e i loro personaggi. Arnoldo Foà è un Magnifico ormai morente; la passione paganeggiante per la bellezza e per il potere rifluisce ormai in saggezza suprema, preoccupata soltanto della eredità — più morale che materiale — da trasmettere ai figli. Foà ritrae il suo Lorenzo con segno languido di malinconia, con toni sfumati di distaccata signorilità. Virginio Gazzolo è un Savonarola di bella evidenza scenica; violento, febbrile, appassionato, i gesti attenti a definire una delirante iconografia di seduzioni mistiche. Di sinuosa eleganza è la Fiorenza di Sabrina Capucci, vestita dal costumista Aldo Buti come la Primavera del Botticelli; Piero Carette impersona il Poliziano, Edoardo Siravo è Pico della Mirandola, Giovanni e Piero de' Medici sono interpretati rispettivamente da Marco Maltauro e Paolo Musio. Completano il cast nel ruolo di cinque giovani artisti Gianfranco Candia, Carmelo Grassi, Gabriele Barrillo, Ivan Polidoro, Marco Presta. Le musiche sono state scelte da Paolo Terni.
Alla prima, successo vivissimo decretato da una platea in cui spiccava qualche tonaca bianca e nera dei confratelli del Savonarola e il rosso cardinalizio dell'arcivescovo di Firenze.

PIETRO FAVARI, Il Corriere della Sera 13 luglio 1986




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