Un pescatore-peccatore tra le paure di fine millennio
Il mito, il sogno, la colpa, solo la purificazione permette di poter splendere nella chiarezza. Questi gli ingredienti con cui l'Istituto del Dramma Popolare di San Miniato festeggia i suoi cinquant'anni, la festa nella storica piazza del Duomo. La rappresentazione scelta, fino al 24 luglio, è Il re pescatore di Julien Gracq, con Giulio Brogi e Riccardo Garrone, adattamento e regia di Krzysztof Zanussi, il regista polacco che nell'85 diresse il Giobbe di Karol Woityla.
Il titolo Il re pescatore, in francese «pècheur», che gioca ambiguamente sul significato di peccatore, è stato scritto nel '48 ed è una rilettura della leggenda del Santo Graal, la coppa usata da Cristo nell'Ultima Cena, dove caddero alcune gocce di sangue dalla croce. La tavola rotonda, re Artù, Perceval, un mondo di cavalieri erranti senza paura che appartiene al nostro immaginario collettivo, anche se poco conosciuti dalle giovani generazioni. Miti ricchi di simbologie che ben si adattano alla fine del millennio con le inquietudini verso la ricerca della verità.
Il re Amfortas (Giulio Brogi), pescatore-peccatore, è malato: una piaga corrompe il suo corpo come già forse la sua anima per l'amore con Kundry (Ludovica Tinghi), istigata dal mago (Piero Carette): nel suo palazzo su cui sovrasta la Morte il Graal non porta più vita né illuminazione, solo una routine esteriore, una ritualità di gesti vuoti nell'attesa del predestinato: il puro Perceval (Vincenzo Bocciarelli). C'è comunque una strana fascinazione in questa piaga; mi sembrerebbe quasi un'analogia con Edipo: la peste e anche l'incontro di Perceval con Amfortas, del figlio con il padre re che non ha conosciuto, sottolineato dalla frase «Tutti sognano la morte del padre». Il sedicenne Perceval, forte e innocente, vive nel sogno, incontra l'eremita (Riccardo Garrone) che ha scelto una sua strada di rinuncia e ragionevolezza.
contrasto tra sogno e realtà, vita e morte, istinto e ragione, segna una polarità costante fino all'inquietante dubbio dell'inevitabilità dell'ombra, accanto alla luce, come un binomio alchemico tra Amfortas e Perceval. E ancora più inquietante la difficoltà, come dice Amfortas, di regnare sul Graal «è terribile per un vivente essere chiamato da Dio a respirare la sua stessa aria». Dubbi che sembrano insinuarsi nel giovane Perceval e minare il sogno.
Forse proprio per rendere questa contrapposizione il regista Zanussi ha proposto due palcoscenici contrapposti, usando la piazza del Duomo a 360 gradi con interventi di veri cavalli, canti di bambini dalle finestre del palazzo vescovile, fino all'ingresso nel Duomo nel finale con la luce abbagliante, quando sulla porta appare un agnellino.
Si replica fino al 24 di luglio ed è stata realizzata una documentazione filmata dello spettacolo, curato per Raidue da Marcello Aliprandi, con immagini di monumenti medievali, di cui è prevista la programmazione per settembre.
PAOLA GALLERINI, La Sicilia 20 luglio 1996
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