Re peccatore indegno del Santo Graal
Come la raccontò, tra i tanti, Chrétien de Troyes nel suo Perceval roman, memoria dei nostri lontani studi di filologia romanza, e come la cantò, sublime, Riccardo Wagner nel Parsifal, la vicenda del Santo Graal rimane, nei secoli, il mito, il mistero, la favola di una avventura dietro la quale, nella luce della fede, si legge l'eterno viaggio dell'uomo verso la verità. La ricerca del calice che Cristo consacrò durante l'ultima cena, e nel quale poi Giuseppe d'Arimatea avrebbe raccolto il sangue del Nazareno crocifisso, impegnò i più arditi cavalieri del Medio Evo ed è stata ancor oggi riproposta perfino dai giornali e dal cinema.
Ha compiuto una scelta opportuna, dunque, l'Istituto del dramma popolare, mettendo in scena, nell'incantata piazza del Duomo di San Miniato, quale cinquantesimo dei suoi annuali spettacoli, Il re pescatore di Julien Gracq, unica opera teatrale di questo straordinario scrittore, composta nel 1948 ma rimasta, fino a ieri, incomprensibilmente, sconosciuta in Italia.
Il Santo Graal è là, nel castello di Monsalvage, dove tenta di compiere i suoi sortilegi il mago Clingsor, ma non diffonde più luce perché Amfortas, il sovrano che lo custodisce, non ne è degno per essersi macchiato di troppi peccati. Quegli che, nella traduzione di Annuska Palme Sanavio, è diventato il re pescatore (pécheur), e infatti incontrerà il giovane cavaliere Perceval durante una partita di pesca sul lago di Brambane, è anche - nell'originale francese - il re peccatore (pécheur).
Gli fu compagna di perdizione Kundry, fanciulla dall'intramontabile bellezza, che ora gli sta accanto, premurosa e consolatrice, anche per curargli l'incurabile piaga delle sue impurità. Quella ferita putrescente si cicatrizzerà soltanto quando Amfortas non sarà più re perché un cavaliere incontaminato avrà scoperto la sacra coppa. E l'incontaminato è Perceval. Il quale, avvicinandosi a Monsalvage, ha conosciuto Trevizent, il saggio eremita che invano ha cercato di dissuaderlo dall'impresa. Superando altri ostacoli, Perceval andrà fino in fondo e grazie a lui, novello sovrano, nella notte dell'ostensione il Santo Graal tornerà a risplendere. Tra fumi, luci, canti, le raffinatezze letterarie del racconto di Gracq sono state trasformate, dalla regia di Krzysztof Zanussi, in un elegante spettacolo che le architetture della piazza e gli elementi scenografici di Aldo Buti, autore anche dei costumi, hanno poeticamente ricreato attraverso luoghi deputati diversi. Con Giulio Brogi, che era un Amfortas autorevole e ambiguo, appassionato e sofferto, e Riccardo Garrone, un eremita carico di cordiale saggezza e accattivante credibilità, furono applauditi Ludovica Tinghi (Kundry), Vincenzo Bocciarelli che conferì a Perceval il fervore della sua giovinezza, e Francesco Meoni, Piero Carette, e ancelle e cavalieri degni di chiamarsi tali perché comparsi, tra gli alberi, in sella a cavalli veri.
CARLO MARIA PENSA, Letture ottobre 1996
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