Un San Francesco rivoluzionario e ricco dì tensione erotica
Un San Francesco rivoluzionario, ma certo non un sessantottino quello portato in scena dal regista Krzysztof Zanussi e dalla compagnia de L'uomo che vide nell'ambito della 52a Festa del Teatro di San Miniato. La cultura dei secoli successivi è solo leggermente accennata nell'opera, il Francesco di Zanussi scopre Dio e il suo messaggio di vita con una meditazione solitaria che lo fa passare dalla gioia di una giovinezza agiata e spensierata alla scoperta del dolore, della violenza, della morte. La sua riflessione lo porta alla decisione di seguire il suo Dio, ignorando le sofisticazioni e le speculazioni teologiche che allontanavano il Vangelo dalla vita. Questo Francesco è un folle cosciente e lucido, che abbatte ogni difficoltà, forte del messaggio che sente e del quale si vuoi far portatore coi suoi compagni, è uno spirito allo stesso tempo travagliato e sereno, pieno di gioia e disperato.
L'uomo che vide, l'uomo del ventesimo secolo che si muove con una bicicletta sul palco e dialoga con Francesco e gli altri personaggi del 1200, è insieme spettatore, narratore e voce critica: avverte la grandezza di Francesco, conosce l'importanza del suo ruolo nella storia, eppure a tratti il suo aspetto borghese torna a imporsi e lo fa stupire per le scelte e lo spirito del giovane. I due protagonisti assistono alla storia dell'Ordine e avvertono le sue lacerazioni interne, vivono le «tentazioni» di Francesco nel suo rapporto, peraltro ricco di tensione erotica, con Giacoma dei Sette Soli, assistono al «romanzo» di dolcezza e coraggio incarnato dalla figura di Santa Chiara, un personaggio etereo, ma con una grande forza spirituale, non inferiore a quella dello stesso Francesco.
Il risultato è uno spettacolo suggestivo, dove oltre al testo giocano un ruolo fondamentale gli apparati scenici, le luci, le musiche. Gli edifici storici della piazza, del Duomo entrano nel dramma: i personaggi si muovono tra il palco, le platee e la cattedrale.
Veramente buona l'interpretazione del giovane Maximilian Nisi. Impegnato nei panni di Francesco, Nisi ha dimostrato di essere all'altezza, oltre che di essere cresciuto artisticamente rispetto al ---Billy Bud--- che lo vide protagonista nel '97. Ha saputo comunicare un grande pathos al pubblico e seguire fedelmente i movimenti e gli impeti del personaggio. Ottimo Carlo Simoni, capace di grande naturalezza e incisività sulla scena. Grazie a lui il personaggio de L'uomo che vide è vivo, attivo e in divenire. Buone anche le altre interpretazioni, in particolare quelle di Maggiorino Porta (Bernardone), Massimo Di Michele (fratel Leone) e Antonio Pierfederici (il prete di San Damiano).
Pamela Pucci, Il Tirreno, 18 luglio 1998
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