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Corriere di Novara - La recensione di Gianni Dal Bello
 

L'esperienza di San Miniato e la ricerca di un teatro fondato sui valori di ispirazione cristiana
La via del dramma popolare
Può capitare di assistere a un evento teatrale dove il protagonista è contemporaneamente in scena e in platea. E' la magia del teatro che sa perpetuarsi scegliendo le vie più insolite e avvincenti. Così a San Miniato, in terra toscana, il tradizionale festival, giunto alla cinquantanovesima edizione, vede una compagnia di buoni attori mettere in scena Il custode dell'acqua, testo tratto dall'omonimo romanzo del giornalista e scrittore Franco Scaglia, mentre in prima fila proprio accanto all'autore siede la persona a cui l'opera è dedicata: un semplice e "grande" frate della Terra Santa. Si tratta di padre Michele Piccirillo, gioioso nella sua semplicità francescana, grandioso nel suo dispensare sapere; è infatti un noto archeologo che ha contribuito con i suoi scavi alla scoperta di alcune meraviglie in Giordania, oggi meta di pellegrinaggi di studio e turistici. Da qualche anno è anche diventato un personaggio romanzesco, col nome di padre Matteo, grazie a Scaglia che con lui vanta un'amicizia ultraventennale. Il frate vive a Gerusalemme e ha una visione particolare degli accadimenti degli ultimi anni. Una visione lontana da quella dei media, così lui, che è anche professore di geografia e storia biblica, parla di Gerusalemme città aperta, di una pace possibile, ma difficile e dell'apocalittico scenario che si proporrà in tutto il Medio Oriente con un futuro senza acqua. Ma torniamo al teatro che può avere una funzione di viatico alla riflessione ed essere portatore di quei valori ispiratori della pace. Per l'azione scenica ecco una Gerusalemme, città simbolo di questo travagliato periodo, emblema di tre diverse religioni, ma anche di una tragedia che sembra non riuscire a trovare soluzione, quella della difficile convivenza di due popoli su di un unico territorio. Questa la trama, intricata nella prima parte, ma che trova facile sviluppo nella seconda: il frate guardiano in Terra Santa, convinto fautore dell'idea di trasformare Gerusalemme in una città di pace, incarica il fratello Matteo, archeologo scopritore dei mosaici del Monte Nebo, di vigilare sulla riuscita del progetto. Questi si trova coinvolto in una vicenda complessa che vede protagonisti i servizi segreti, un ricchissimo uomo d'affari e un gruppo di giovani idealisti. Lungo un cammino disseminato di morti, il compito di Matteo lo porterà fino a Umm-er Rasas, l'antichissima città sepolta nel deserto per scoprire una verità che forse potrà modificare il destino degli uomini.
A interpretare Matteo è stato chiamato Maurizio Donadoni, attore spesso fuori dagli "schemi" classici, affiancato da buoni comprimari: Renato Campese, Francesco Biscione, Carlo Simoni, Sergio Basile, Fabio Bussotti, Sandro Querci, Silvia Budri. L'adattamento teatrale è di Sergio Pierattini e Marzia G. Lea Pacella, la regia di Maurizio Panici, mentre le scenografie di Daniele Spisa.
L'Istituto del Dramma Popolare di San Miniato, ora trasformato in fondazione con il concorso della cassa di risparmio locale, è nato nel 1944 allo scopo "di ridare al popolo il suo teatro per far sì che il teatro acquisti nella evoluzione sociale la sua missione guida. (…) E poiché il teatro, oltre ad avere una funzione artistico-culturale, deve avere anche e particolarmente una funzione etico-sociale, l'Istituto del Dramma Popolare metterà sulle sue scene lavori a sfondo e di ispirazione cristiana, sicuro di assolvere il suo compito, che è eminentemente educativo".
In oltre mezzo secolo hanno collaborato con San Miniato registi quali Orazio Costa, Luigi Squarzina, Franco Enriquez, Sandro Bolchi, Aldo Trionfo, ed hanno recitato attori come Giulio Bosetti, Ernesto Calindri, Rossella Falk, Arnoldo Foà, e ancora Carla Fracci, Nando Gazzolo, Giancarlo Giannini, Valeria Moriconi, Gastone Moschin, Ave Ninchi, Aroldo Tieri…
L'esperienza di San Miniato è guardata con attenzione dalla Chiesa, infatti tra gli ospiti della Prima era presente Vittorio Sozzi, responsabile del Progetto culturale della Cei, la Conferenza episcopale italiana, che ha ribadito l'intenzione (emersa anche da un recente incontro tra operatori del settore a Roma) di promuovere un teatro portatore dei valori della cultura di ispirazione cristiana. Proprio come avviene con l'esperienza di Sordevolo, vicino a Biella, di cui da queste colonne abbiamo già riferito; proprio come accade con rassegne e festival quali la novarese "Passio" o "Crucifixus" nel Bresciano, "DeSidera" a Bergamo o con rassegne itineranti come "Il teatro dell'anima" o "Le vie dell'anima".
Uno spazio che era stato delle filodrammatiche cattoliche, soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta, uno spazio da "ricostruire".
Gianni Dal Bello, Corriere di Novara, 28 luglio 2005




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