«Il nemico», tra piacere e peccato nella Francia che attende il 1789
Ile-de-France, anno 1785. La Rivoluzione Francese è alle porte, ma i problemi dei conti di Silleranges, eccezion fatta per qualche poverello che riesce a introdursi nel maniero a chieder l'elemosina, sono di tutt'altra natura. Il padron di casa, Philippe, è stato reso impotente da una ferita di guerra. La moglie di lui, Elisabeth, trova conforto non senza esitazioni morali tra le lenzuola del fratello cadetto, il giovane Jacques. E il povero Jacques, che credeva d'essere al sicuro, si vede soffiare la cognata dal fratellastro Pierre, appena tornato a vita secolare dopo una fallimentare esperienza monacale, che gli ha lasciato addosso un'aria un po' aliena ma irresistibile per le signore. Siamo nel quartetto amoroso de Il nemico, produzione numero 61 dell'Istituto dramma popolare di San Miniato. Qui, nel bel borgo in provincia di Pisa, come ogni anno viene messo in scena un testo che abbia come coordinate le tante declinazioni della spiritualità. Ne Il nemico del romanziere franco-americano Julien Green - qui prestato al teatro - il nodo da sciogliere è l'eterno combattere tra il dovere e il piacere, tra la ratio e i sentimenti. Elisabeth - la focosa, carismatica Elisabetta Pozzi - ben incarna una donna che in un'epoca al tramonto già vaneggia libertà contro la dilagante ipocrisia, e che si lascia travolgere dal nemico del titolo (il piacere o peccato che dir si voglia) fino al dramma che ne consegue. La regia di Carmelo Rifici tradisce la scuola ronconiana del suo firmatario, che pure inserisce nei dialoghi cadenzati che tanto ricordano il maestro curiosi intermezzi di danza - che chiosano la prosa, accompagnati da sapiente commento musicale - ad alleggerire i toni. Proprio il doppio binario della lettura - che non arriva a scegliere una via tra l'erotismo delle Relazioni pericolose e l'intellettualismo che ne trasse Heiner Mùller in Quartett - rappresenta forse l'unica nota di debolezza dello spettacolo. Che comunque trova momenti più che felici, come nel replay con cui le scene clou della storia vengono riproposte in una moviola che ci fa balzare negli anni '50 in cui visse l'autore.
VALENTINA GRAZZINI, L'Unità 21 luglio 2007
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