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San Francesco - La recensione di padre Antonio Di Marcantonio
 

San Francesco di Assisi in teatro a San Miniato
Dal 16 al 22 luglio 1998 un nuovo spettacolo teatrale su san Francesco d'Assisi è stato rappresentato in prima assoluta nella storica e suggestiva piazza del Duomo di San Miniato, a cura dell'Istituto del dramma popolare "Teatro dello spirito": L'uomo che vide: San Francesco d'Assisi, scritto e diretto da Krzystof Zanussi e Piero Ferrero e tratto dal romanzo dello scrittore Joseph Delteil.
È la terza volta che san Francesco sale a San Miniato. La prima nel 1211 "per far risuonare ai piedi della rocca la dolce parola di concordia e di pace". Nel 1950 il regista Orazio Costa mise in scena Il Poverello, tratto dal romanzo di Copeau che metteva in evidenza i contrasti e le lacerazioni dei primi frati a proposito della "questione" sulla povertà. Quest'anno L'uomo che vide, un tentativo di presentare Francesco giovane contestatore in nome del Vangelo, scelto anche in onore dei terremotati di Assisi e dell'Umbria.
"L'uomo che vide" è un anziano signore di oggi, interpretato da un ottimo Carlo Simoni, che racconta come in un reportage giornalistico la vita del Santo e i primi inizi dell'ordine francescano. Un linguaggio giovane, moderno e dal ritmo veloce che coinvolge lo spettatore e tenta di favorire la lettura del personaggio di Francesco in chiave più spirituale che sentimentale. Tentativo, diciamolo subito, poco riuscito.
Ancora una volta si è tentato di rappresentare e portare in scena san Francesco e la sua spiritualità, ma è sempre impresa ardua penetrare nel segreto della sua anima e nel vigore della sua scelta di vita. Il rischio è sempre quello di interpretazione parziali o riduttive incapaci di cogliere in profondità l'esperienza viva di Francesco d'Assisi che rese possibile un futuro nuovo per il suo tempo; e dal suo tempo può parlare anche agli uomini d'oggi. Spesso la vita di Francesco è stata ridotta ad una narrazione di episodi edificanti e gesti romantici, che sviano la sostanza più vera della sua vita: la sua umanità profonda e il suo modo di essere cristiano. Il segreto della attrattive e attualità di Francesco d'Assisi è quello di avere reso attuale e praticabile un ideale: quello del Vangelo che lo fa partire per la grande avventura verso Dio.
"Francesco, chi sei tu?" è la domanda di chiunque si pone di fronte al santo di Assisi per tentare di scoprirne l'identità profonda. È anche l'interrogativo che emerge dal dialogo dell'uomo che vide e che racconta, i vari personaggi e il pubblico. Del resto Francesco si presenta come un soggetto molto appropriato per chiunque si interroghi sul senso dell'identità cristiana. Nella misura in cui questa si definisce essenzialmente come una vita vissuta nella "sequela di Cristo", Francesco ha una funzione di modello e di stimolo. Ma quello che interessa e che il dramma L'uomo che vide non riesce pienamente ad esprimere, è il perché un giovane al quale tutto sembra riuscire e la cui identità appare abbastanza integrata con i modelli socioculturali del suo tempo, ad un certo punto opera, nella sua vita, una revisione ideologica così radicale, assumendo come punto centrale della sua nuova identità il riferimento totale alla persona di Gesù. A questa domanda il dramma risponde con una scena, particolarmente toccante: il dialogo tra Francesco e il vecchio prete di san Damiano a proposito del brano evangelico della missione degli apostoli. Tuttavia, in questa scoperta manca la libertà e la gioia che pervade, secondo le Fonti Francescane, l'animo di Francesco.
In una magnifica scenografia che valorizza ogni angolo della Piazza del Duomo, attraverso un suggestivo gioco di luci si snoda il racconto della vita di san Francesco che la voce pacata e riflessiva del cronista (C. Simoni) introduce, sintetizza, commentando i fatti più salienti della sua vita. Molto importante il ruolo della musica e dei canti (Andrea Nicolini), per lo più eseguiti dagli stessi attori che sottolineano fatti, avvenimenti, l'apparire di personaggi.
Su un vasto palcoscenico, privo di strutture che si colloca non di fronte, ma al centro del pubblico e si espande nella platea attraverso rampe percorse dagli attori, la sapiente regia di Zanussi vi immette scene estremamente suggestive: la prigionia di Perugia, la vocazione, l'incontro con il Vangelo, il canto gioioso e corale dei primi compagni, le stimmate, il transito.
Zanussi ha voluto presentare un san Francesco dei nostri tempi: un "giovane vigoroso e ribelle, animato da una fiamma radicale, severo con se stesso e con gli altri. Un uomo duro, un contestatore, un rivoluzionario, ma arricchito da una spiritualità che il materialismo non ha". Il giovane Francesco passa il tempo scorazzando in moto con gli amici in cerca di avventure e di nuove emozioni. È pronto a partire, naturalmente in moto, per la guerra tra Assisi e Perugia, ne torna profondamente cambiato e inizia un lungo e tormentato cammino che lo porterà alla scoperta del Vangelo, ideale di vita vissuta nella maniera più radicale. In questo il dramma può apparire un messaggio ai giovani in cerca della propria identità, spesso ribelli o vittime di quel disagio che fa star male. È vero che la scoperta del Vangelo cambia radicalmente la vita e gli ideali del giovane Francesco, ma quella sua fu una scoperta che lo portò alla libertà e alla gioia. Invece, il san Francesco de L'uomo che vide, interpretato da un ottimo Maximilliam Nisi, rimane scontroso e ribelle. San Francesco non ha agito per motivi di protesta sociale o religiosa: il suo è stato un incontro con il Vangelo "buona notizia" che riempie di gioia, perché incontro con Cristo. Il lieto messaggio del Vangelo spinge Francesco a lasciare agire in sé la gioia della redenzione, operata dalla morte e risurrezione di Cristo. Manca nel Francesco de L'uomo che vide, la gioia interiore, la letizia francescana che nasce dall'avere incontrato Cristo e dall'essersi messo totalmente al servizio del Regno di Dio.
Altri episodi criticabili dal punto di vista storico riguardano il rapporto di Francesco con Chiara, che appare come l'amore sublimato e con Giacoma de' Settesoli che viene rappresentata come "la tentazione della carne". La figura di frate Elia, che appare come colui che vuole "mettere le briglie a san Francesco" e prenderne il posto come guida dell'Ordine, certamente è descritta in toni esageratamente polemici e risentono delle controversie dei secoli passati.
In definitiva possiamo dire che L'uomo che vide è un apprezzabile, anche se non molto convincente, tentativo di presentare la figura di san Francesco in chiave più spirituale che sentimentale.
PADRE ANTONIO DI MARCANTONIO, San Francesco, novembre 1998




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