Questo sito utilizza cookie tecnici, di profilazione propri e di terze parti. Se continui la navigazione, se accedi ad un qualunque elemento di questa pagina (tramite click o scroll), se chiudi questo banner acconsenti all'uso dei cookie.
Chiudi ed Accetta Voglio saperne di più
 

ARCHIVIO DI TUTTE LE EDIZIONI:

cerca all'interno del sito:

SEGUICI SU:


facebook youtube email



Ministero

Regione Toscana

ARCHIVIO
 
La recensione di Tommaso Chiaretti
 

La recensione

 

Tra maschere e fucili... dov'è Dio?

[...] A me pare che «Le tentazioni di Sant'Antonio» di Flaubert, e assai prima la stupenda, davvero diretta e rustica «Vita di Antonio», siano testi che grondano non l'ascesi, ma il furibondo coinvolgimento del corpo non mistico tra le sabbie dei deserti; e a me sommessamente pare anche che Pierre Teilhard de Chardin sia stato più che teologo, piuttosto scienziato, consumatosi in una idea trasgressiva e forse eretica del conciliare la Rivelazione con la Ricerca. Se questo a me sembra, se sicuramente sembra a Storelli, lo scrivere per un committente sia pur pochissimo indiscreto come San Miniato, avrebbe portato senza dubbio a quella conclusione: alla preghiera come senso della vita, al sacramento liberatore, allo scioglimento del tema della tentazione in prevista vittoria sul demonio.
Tema non banale, tema altissimo, tema famoso, che Storelli tratta con tutta l'intelligenza che gli appoggi della sua cultura gli forniscono. Egli immagina, non discostandosi troppo dalla realtà, che il giovane Teilhard, soldato e prete e infermiere nella prima guerra mondiale stia leggendo le Tentazioni. E dunque che egli viva, in un corpo dolorosissimo di piaghe, di morti, di gas, la tragedia del dubbio su un dio oscuro, ignoto, cattivo, forse maledetto. Viva, insomma, la tragedia della Fede Tentata sulla montagna: «Se tu sei Dio, fai smettere questo orrore». Certo, non è così banale e volgare, l'assunto. Ma quella volgarizzazione necessaria non ha colpito positivamente.
Con formule banali vengono presentati, come in una galleria quasi ironica, i grandi eretici sofistici, essi non possono uscire da una immagine flou del pensiero. La ricerca di Teilhard appare dunque, per essere capitata in quell'inferno, come di un misticismo assonnato, come spezzata da un sogno febbrile. In essa emergono visioni antiche, scarrozzanti dell'inferno. E ogni volta (anche quello del manieristico capitano libero pensatore) appare come un riflesso della luce che sulla pietra manda quel Satana, che evoca regine di Saba e formule logiche, che respinge Dio con collaudati sofismi.
Ecco dove mi pare che Storelli non abbia voluto portare oltre il discorso: non lo ha fatto uscire da un dibattito in definitiva risaputo, basato sulle antiche cerebrali dispute, forse poco vicino a noi. Poco vicino, dico, a Teilhard, riduttìvo e depressivo di Telihard, che è stato quel pensatore difficile, duro da decifrare, un pensatore che non accetta scorciatoie o sicure antologie di frasi fatte.
Voglio credere, mi piace credere che Storelli sia stato spinto e frenato dal suo amore per la letteratura. E infatti quella frase che, morendo, dice il personaggio del capitano, quella frase banalmente ridicola perché tanto già detta, quella cosa così risaputa, intenzionalmente, cioè che Flaubert è la «crisi del romanzo», assume un valore forse ironico, ma certo chiarissimo: Teilhard viene messo in un canto e resta il grande problema dell'inizio: la letteratura con la maiuscola.
Il regista Alessandro Giupponi ha tratto dall'accezione «mistica» del testo, tutto quello che poteva, e tuttavia s'è tanto preoccupato, non dico del «realismo» ma certo del «fatto»: e dunque la guerra mondiale è segnalata non come una scenografia simbolica, ma con sacchi di sabbia e fucili, maschere antigas e bende sporche, scarponi e gelo da battaglia.
Nel piccolo spazio ricavato sul fondo della piazza di San Miniato, sotto un cielo bellissimo, le sagome dei militari raccontavano davvero un racconto di trincea, un racconto che sembra uscire dalla nostra ricca letteratura triestina e carsica, come una di quelle tristi requisitorie sulla morte troppo giovane [...].

Tommaso Chiaretti La Repubblica, Roma,  19 Luglio 1984




© 2002-2021 fondazione istituto dramma popolare di san miniato

| home | FESTA DEL TEATRO 2023 | chi siamo | dove siamo | informazioni e biglietti | scrivici | partner | sala stampa | trasparenza | sostieni | informativa privacy | informativa cookie |

 

Fondazione Istituto Dramma Popolare San Miniato
Piazza della Repubblica, 13 - 56028 San Miniato PI
P.I 01610040501

Home