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Stampa diocesana novarese - La recensione di Fornara
 

«Billy Budd», ovvero l'eterna lotta fra gli angeli del bene e del male
Giovedì 17 luglio siamo stati, per il 19° anno consecutivo, a San Miniato al Tedesco, in provincia di Pisa, per assistere all'annuale spettacolo, realizzato da quell'attivo ed intelligente Istituto del Dramma Popolare, presieduto dal comm. Silvano Vallini e diretto da don Luciano Marrucci.
Anzitutto, una nota di... cronaca meteorologica: per la prima volta, a nostra ricordanza, lo spettacolo è stato in forse per l'arrivo di un temporale, che, fortunatamente, si è risolto pochi minuti prima dell'inizio della rappresentazione, anche se ha abbondantemente... innaffiato tutti noi spettatori e, naturalmente, le sedie su cui poi ci siamo seduti,... con le parti nobili un po' all'ammollo.
Un fatto simile si era già verificato nel 1979, ma in quella circostanza si potè ricorrere all'auditorium della munifica Cassa di Risparmio sanminiatese, dal momento che si trattava di un testo poetico - Ipazia ed il messaggero, di Mario Luzi -, che, pertanto, potè benissimo essere declamato dagli attori, anche senza l'ausilio di alcuna scenografia né di alcun costume di scena.

"BILLY BUDD"
Quest'anno il cartellone prevedeva Billy Budd, un testo teatrale, che Enrico Groppali ha tratto dall'omonimo romanzo breve, giunto a noi postumo, di Herman Melville, e che il regista Sandro Sequi ha saputo mettere in scena con brio, con grinta ed insieme con tanta infinita compassionevole dolcezza.
Il direttore dell'Idp, don Marrucci, ha così brillantemente sintetizzato il testo proposto. Billy Budd è «un giovane marinaio, dotato di straordinaria forza fisica. Bellezza del corpo e bontà d'animo si congiungono in questo individuo, che, nella sua naturale integrità, sembra consociare insieme i caratteri della animalità e della angelicita. Sebbene arruolato a forza, svolge con slancio il ruolo di gabbiere a bordo della nave da guerra "Indomita", procurandosi la simpatia dell'equipaggio e in particolare del capitano Vere, che apprezza il giovane Billy e lo segue con affetto di padre. Ma nel maestro d'arme, Claggart, si accendono, nei riguardi di Billy Budd, rabbia, invidia e gelosia. E' lui ad ordire una trama contro il giovane ingenuo e inconsapevole. Accusato di sobillare la ciurma di fronte al suo capitano, Billy si sente senza scampo e d'impulso sferra un pugno mortale contro Claggart. La legge, che il Capitano deve, suo malgrado, applicare, prevede l'impiccagione del responsabile. Billy è impiccato all'albero maestro, ma muore senza manifestare lo spasmo degli impiccati. Avvolto nella sua amaca, il corpo viene affidato al mare, ma il suo volto e la sua canzone rimangono sempre nel ricordo degli uomini di mare. E così la sua triste storia».

LA LEGGE E LA COSCIENZA
Billy Budd, nella sua apparente semplicità, è un testo che pone molti interrogativi e che cerca di squarciare il velo a molti problemi. Cominciamo dal più epidermico, il rapporto tra norme legali e coscienza. Billy viene fatto impiccare dal Capitano dell'"Indomita" (un forte ed insieme dolce Massimo Foschi), perché così vuole la legge marinara del tempo, anche se egli stesso sente una ribellione inferiore, in quanto ha perfettamente compreso che il pugno di Billy era, anzitutto, una reazione alle provocazioni di Claggart (uno stupendo, demoniaco Corrado Pani); non poteva poi assolutamente far pensare che potesse causare un omicidio; infine, era partito da una creatura, Billy appunto (uno stupendo semplice lineare Maximilian Nisi, di aspetto gradevole e pure ricco di una voce melodiosa ed accattivante), del tutto angelico nella sua vita, nei suoi pensieri e nei suoi atteggiamenti normali.
Anche oggi, come sempre, molte volte la legge, o addirittura un cavillo, fa premio sulla coscienza: non è forse il caso di tante persone coinvolte in aborti? non è forse il caso del condannato O'Del, la cui esecuzione "non si può fermare" per un puro cavillo burocratico?

IL MALE ETERNO
C'è poi un secondo filone di riflessioni, che Billy Budd ci ha suggerito e cioè che, sul nostro pianeta, da un lato la lotta tra Satana e l'Angelo non è mai finita; ma d'altro lato, "le porte degli inferi non prevarranno" (Mt 16,18).
Ecco infatti che Claggart, che si autodefinisce "angelo del male", sembra trionfare, con la morte di Billy. In realtà, proprio come per i grandi Martiri di ogni fede, di ogni ideale e di ogni tempo, la morte segna l'inizio di una nuova vita, quella vera, quella eterna in Cielo, ma pure nel cuore dell'umanità. Lo dice anche il capitano Vere nella chiusa dell'opera: "Una scheggia del pennone, cui fu impiccato Billy Budd, è venerata come una reliquia da chi, dell'equipaggio, è sopravvissuto. La considerano sacra, come un pezzo di legno della Croce".

IL VOLTO DI CRISTO?
Qualche anno fa un pittore delle Edizioni Paoline creò un cartellone quaresimale con il volto di un uomo, che, visto da destra, era quello di Cristo, visto da sinistra era quello di Pietro. Nel volto di ogni uomo vedi davvero Cristo, voleva dire, parafrasando il famoso incontro di san Martino con il povero, cui dona il mantello, e che poi scopre essere il Cristo stesso.
Billy è, a suo modo, oltre che un angelo, la figura moderna di Cristo, come l'ha vista il cartellonista nostrano, e come, prima di lui, l'aveva presentata anche il regista cinematografico Valerio Zurlini, che, in Seduto alla sua destra del 1969, aveva fatto rivivere, nel negro torturato, ed ucciso per la libertà, tutta la passione di Gesù.
A questo punto si comprende meglio la serie di tentazioni, cui Billy vien sottoposto ad opera di Claggart: la tentazione della libertà ("Tu eri sui 'Diritti dell'Uomo', vero?"), la tentazione della violenza ("Hanno ammazzato il loro re"), la tentazione del denaro ("Almeno queste ti piacciono?"), la tentazione dell'orgoglio ("Se ti decidi ad unirti a noi quando sarà il momento"). Proprio come le tentazioni cui il Diavolo potè sottoporre Gesù nel deserto (Mt 4,1-11).
Noi non ci poniamo, come altri hanno fatto, il problema se Billy fosse o no religioso di una qualche religione. L'uomo, diceva Tertulliano, è naturalmente religioso, anzi cristiano, e lo scoprì anche il filosofo Jean Jacque Rousseau con la sua natura che, abbandonata volutamente a se stessa, ritrova una sua Divinità, magari il sole e la natura, ma pur sempre una divinità.

IL GRANDE VASCELLO
La storia di Billy Budd ci è stata così raccontata, fra sciacquio di onde marine e folate di autentici nuvoloni di pioggia, fra fumi metisfofelici (un ricordo di Zanussi?) ed autentici lampi temporaleschi. Ma a raccontarla, in realtà, accanto all'ottimo cast, che aveva anche un Giancarlo Condè, duro ma terreno caporale ed un Maurizio Gueli, un etereo trasparente Danese, vera "ombra del marinaio", accantoall'ottimo cast c'era l'imponente vascello, ideato dallo scultore Pietro Cascella, e realizzato in un monocromo bianco stupendo. Imponente creazione, che dava il senso totale della vita, da quella sofferente sotto le frustate, a quella dominante dall'alto della poppa, a quella libera e sfuggente dall'albero maestro, da cui scende l'ultima ballata di Billy: "Io sarò sempre sul mare / e tornerò / ogni volta che sorge il sole; / quando il cielo è bianco / e l'azzurro scompare, / risucchiato dalle nubi / del buon Dio".
Davvero, ancora una volta, il Bene vince la Morte, che è il Male ultimo, ma che diventa, in Billy Budd, il trionfo dell'Immortalità.
BARTOLO FORNARA, Stampa diocesana novarese, 26 luglio 1997




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