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Le note di regia di Pino Manzari
 

Note per la rappresentazione de La Roccia di Thomas Stearns Eliot


E così eccomi qua, nel mezzo del cammino, dopo venti anni...
Venti anni in gran parte desolati, gli anni dell'"entre deux guerres"...
A cercare di imparare l'uso delle parole, e ogni tentativo
È un rifare tutto daccapo, e un diverso modo di fallire...
Perché hai, sì, imparato a servirti meglio delle parole
Ma soltanto per quello che non vale la pena di dire o per un modo
In cui non si è più disposti a dirle...

[T.S. Eliot, East Cocker - Quattro quartetti, 1940, vv. 173 e ss.]


Pazzi che dicevate "mai più"
Su
Riditelo!

[S. Beckett, Filastrocche]


Abbiamo voluto cogliere l'occasione della pubblicazione integrale in Italia del testo La Roccia, nella nuova traduzione di Marco Respinti [BvS - Biblioteca di via del Senato Edizioni Milano] per ritrovare il contatto con Thomas Stearns Eliot nella pina consapevolezza che il mettere in scena le parti in prosa, mai tradotte in italiano, per l'evidente difficoltà di ricezione per un pubblico popolare italiano che non ha consuetudine con la storia cristiana dell'anglicanesimo in Inghilterra, non avrebbero consentito una messa in scena "sic et simpliciter", se non attraverso un "abuso fedele" allo spirito del testo, più che alla lettera. I sessanta anni dell'Istituto del Dramma Popolare ci chiedevano di ricordare il ruolo storico di luogo di proposte significative di testi per un Teatro dello Spirito e l'esplicita volontà di T.S. Eliot di considerare i suoi testi teatrali come il mezzo elettivo per realizzare la funzione sociale e civile della poesia ci hanno orientato ad accettare il suo metodo di lavoro volutamente esplicitato nel sottotitolo "un libro di parole" e nella prefazione di Eliot che si attribuisce la realizzazione di una sola delle scene in prosa quale autore, godendo di vari collaboratori per gli altri aspetti del dramma.
Ci siamo sentiti autorizzati in base a queste considerazioni ad affrontare una complessa opera-zione drammaturgica elaborando una piccola serie di scene che legassero la meditazione al luogo e al momento della rappresentazione, facendo reagire i drammi personali e sociali, come echi nel microcosmo di ognuno, sulla scena del dramma della guerra che ha dolorosamente colpito San Miniato. Costruire la comunità, ricostruire una realtà sulle ferite subite, purificando la memoria comune, è considerare la nostra comune condizione di "esuli" che cercano una patria. I versi di T.S. Eliot, a cui abbiamo aggiunti quelli di S.Beckett, ci fanno presente il volontario esilio di vari intellettuali provenienti da luoghi, lingue e culture diverse, sognatori, resi consapevoli dalla prima guerra civile europea: la prima guerra mondiale perché ha esportato la catastrofe della nostra civiltà nei luoghi dei sogni e degli incubi dei colonialismi, travolgendo nelle rovine della Babele europea l'idea stessa di un progresso senza limiti.
Nella dispersione e nella confusione del nostro mondo entrato in fibrillazione si andrà insediando la barbarie, come in una "estasi di autodemolizione" fino alla estrema conseguenza del delirio della distruzione atomica, che ha rinchiuso in un passato che non riusciva a passare il mondo intero.
Come una profezia in tono minore, qualcuno si sentì di profetizzare una rinascita che ricominciasse dagli espatriati, cercando di salvare i resti di un popolo disperso di fratelli e che ricominciasse a costruire con le pietre arse dal fuoco e rifondasse una cultura con i resti delle macerie delle esclusioni e delle marginalità.
Gli antichi dei della razza, della terra e del sangue, della usura e dell'orgoglio riemersi come epidemie morbose e diventati malattie, dovevano essere ricacciati negli abissi profondi del passato.
Dal fondo della memoria dei popoli, bisognava trovare nuove risposte alle domande antiche rimaste in sospeso, le colpe sono il pesante fardello che pesa su qualunque futuro.
Solo accogliendo il passato e rimparando a declinarlo, a dirlo, ritroveremo la vita nel cimitero delle promesse non mantenute. Siamo convinti che l'Istituto del Dramma Popolare non poteva che nascere per ricordarci il dramma che è sotteso ad ogni vita che sfugga alla vergogna della resa.

Pino Manzari




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