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L'Azione - La recensione di Bartolo Fornara
 

Dalla miseria umana alla Gloria: Greene racconta la sconfitta del potere
La sera di giovedì 18 luglio, a San Miniato al Tedesco, in provincia di Pisa, per la 45 ° Festa del Teatro Popolare, è stato ridato il dramma (che meglio potrebbe chiamarsi tragedia) Il potere e la gloria, dell'inglese Graham Greene, recentemente scomparso, ma sicuramente nel cuore di tanti lettori della mia generazione.

IL REMAKE
Perchè una" ripresa, da parte di questa che è l'unica, ma nobilissima, istituzione culturale - segnatamente teatrale - cattolica in Italia, e, forse, nel mondo?
Le ragioni potrebbero essere molte, ma noi ci limitiamo a ricordame due: l'aver voluto onorare Graham Greene, a pochi mesi dalla sua morte; e, soprattutto, con lui onorare la sua presenza, a volte fastidiosa, ma sempre importante per una lettura delle idee, che poi danno luogo ai grandi movimenti: perchè ogni poeta è sempre, a modo suo naturalmente, un profeta.
La mia generazione, infatti, è nata e cresciuta a preparare il Concilio di papa Giovanni, leggendo Maritain, che papa Paolo VI amò cosi concretamente e compiutamente; ed esercitandosi sulle «scorrerie» cristiane, ma a volte al limite dell'eresia (non per nulla il romanzo di Greene, da cui Denis Cannan e Pierre Bost trassero poi  la riduzione teatrale, che Luigi Squarzina tradusse e poi diede in prima assoluta nell'estate del 1955 a San Miniato, venne immediatamente posto all'Indice dal Sant'Uffìzio del tempo!), proprio di Graham Greene, ma soprattutto di Georges Bemanos, ed, in Italia, di quel Mazzolali di «Adesso», che ora tutti vanno rivalutando ed onorando.
Che cosa chiedeva questa «generazione di preparatori» del Concilio? La verità e la liberta, né più né meno: e le Costituzioni conciliari sono venute proprio a premiare questa grande attesa e questa naturale richiesta.

IL DRAMMA
Ma che cos'è quest'opera di Greene?
Nel Messico degli anni trenta, in cui la gente è profondamente religiosa, e, particolarmente, cattolica, ma su cui si è instaurato un regime marxista, fatto di sospetti, di denunce, di ricatti e, soprattutto, di fucilazioni, il Prete diventa il nemico, non da combattere, ma da estirpare con operazioni chirurgiche definitive. Così avviene che tutti i Sacerdoti messicani o cedono alla paura, accettando di sposarsi, e quindi ponendosi fuori dalle norme della legalità ecclesiastica, o fuggono al nord, negli Stati Uniti o altrove; altrimenti, se denunciati (e la corruzione impera, unita a taglie inverosimili), vengono passati per le armi.
Ma ne resta uno, di Prete, uno solo, che il drammaturgo nemmeno onora di un nome, perchè sordido ed animalesco: ubriacone (ed il «vino» diventa quasi una ossessione della sua esistenza errabonda), concupiscente (ha avuto una figlia da una giovane amica, ma se ne è anche presto disinteressato), esoso (contratta il prezzo di un battesimo, da due ad un pesos e mezzo, in quella povertà sublunare ed in quella tragedia della fede, della libertà e della stessa condizione umana dei «peones», rimasti fedeli al loro Dio ed alla loro Chiesa, malgrado ogni minaccia ed ogni sopraffazione), questo «prete» con la «p» minuscola diventa di colpo «Prete» maiuscolo, perchè, malgrado la paura che lo attanaglia e malgrado le sue innumeri miserie, non solo non fugge, ma tenta in tutti i modi di dare qualcosa ai suoi paesani di quella Fede, che essi continuano ad onorare, attraverso la celebrazione di Messe furtive e la dispensazione di Battesimi, ma, soprattutto, di assoluzioni sacramentali.
E sarà proprio per assolvere un assassino, colpito a morte, che lui, il Prete - prete, sfidando la sua innata paura e la sua autentica vigliaccheria, ma soprattutto il Potere (impersonato da un Tenente di Polizia, giovane, sostanzialmente idealista, ma intimamente permeato di settarismo e di ideologia; da un Capo della Polizia, tanto spumeggiante quanto vacuo e corrotto; e da un Cugino del Governatore, che sui fattacci altrui intesse la sua trama di comizione, di soprusi e di prevaricazioni), trova il coraggio di rispondere di sì alla chiamata, anche se ha perfettamente capito trattarsi di una trappola, giungendo cosi ad essere beffato, perchè l'omicida gli muore tra le braccia prima che lui possa assolverlo vivo, ma, soprattutto, ad essere catturato, giudicato, e, naturalmente, fucilato.
Cosi il Potere ha vinto (o, almeno, sembra).

LA GLORIA
In realtà, l'opera di Greene ha anche l'aggiunta, nel titolo, e nei fatti, de «la gloria»: dunque quest'uomo, così modesto, anzi così basso; questo prete minuscolo, anzi così repellente, da mille angolazioni diverse; questo messaggero di un Verbo, in cui la gente crede, ma che egli non testimonia più: in realtà, di colpo, diventa Uomo a tutto campo, anche se beve tantissimo per la paura della morte; diventa Prete sublime, anche se sporco dentro e fuori; diventa, soprattutto, Messaggero e Testimone, e cioè evangelista ed apostolo, di quel Verbo, che supera ogni tempo ed ogni luogo, perchè Verbo di Dìo.
Ecco la gloria!
Una grande gloria, proprio perchè parte dalla pochezza e dalla miseria dell'uomo, per consentire alla Divinità di esporre tutta la sua grandezza, il suo immenso amore e la sua incredibile partecipazione alla vicenda umana.
Ecco perchè parlavamo, all'inizio, dì Bernanos: se, infami, rileggete il Diario d'un curato di campagna (che Bresson mirabilmente portò sullo schermo, mentre Ford trasse dal romanzo di Greene un discutibile La croce di fuoco), vi ritroverete subito di fronte alle ultime parole di e su quel povero relitto umano di prete, ubriacone
alcoolizzato ed abbandonato da tutti: «Tutto è grazia!». Come a dire: il Signore scrive dritto sulle righe storte degli uomini, anzi, si serve di povere creature umane, come possono essere, a volte, i Preti, per rivendicare il suo diritto di presenza e di salvezza degli uomini di questo martoriato pianeta.

SARO' SEMPRE CON VOI
Ma questo non basta davvero, davanti all'opera di Greene.
Infatti, proprio mentre i miliziani conducono alla fucilazione il Prete, anzi l'Ultimo Prete, guarda guarda, ne sbuca fuori uno nuovo di zecca, venuto anche lui, naturalmente, a farsi ammazzare, forse, anche lui, carico di miserie della sua umanità, ma in realtà Prete della Chiesa dì Cristo, e quindi suo apostolo e suo evangelizzatore.
Questo è il vero motivo dell'opera di Greene, quello che smuove e spiega tutto: le forze umane non prevarranno, ma neppure le diaboliche, perchè «io sono con voi, fino alla fine dei tempi».
Questo finale, apparentemente così innocuo, così casuale, ma in realtà così profondo, il regista Giancarlo Sbragia (che ha ottimamente impersonato a San Miniato la figura del prete) avrebbe dovuto metterlo in miglior rilievo, perchè in realtà è proprio questo il vero messaggio dell'opera, che, così, diventa davvero immortale, e ben lo hanno capito anche quanti ci sedevano accanto la sera di giovedì 18 luglio sulla piazza del Duomo di San Miniato: la Chiesa di Cristo è davvero fondata su una pietra angolare, che le forze degli inferi non potranno distruggere.

LA REALIZZAZIONE
Una nota finale.
Il potere e la gloria, da noi visto giovedì 18, non ci ha entusiasmati. Ma non importa. Come Greene non ha voluto dare un nome proprio alla stragrande maggioranza dei suoi personaggi di questo romanzo-dramma-tragedia, così noi ci limitiamo a nominare Gianfranco Sbragia, ottimo nelle vesti del protagonista; il di lui figlio Mattia, severo ma comprensibile Tenente della Polizia; Elio Veller, ironico e distaccato dentista, quasi il cronista delle vicende; Camillo Milli, un Cugino del Governatore,vero contraltare al rigorismo ideologico e pratico del Potere; Pino Michienzi, un Capo della Polizia, che naviga e fa navigare; Melissa Di Maio, una piccola Brigitta di poche ma convincenti parole; ed Andrea Giuntini, un bimbo vivacetto ed amabile.
Il potere e la gloria è stato replicato dal 19 al 24 luglio, ma, a differenza delle opere degli anni scorsi, non approderà successivamente in provincia: e questo ci sembra ancora una volta un fatto da studiare accuratamente.
BARTOLO FORNARA, L'Azione, 27 luglio 1991




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