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Il Tirreno - La recensione di Luciano Donzella
 

L'abate è in crisi e il dramma si scatena...
Un appuntamento che si rinnova da 43 anni; l'Istituto del Dramma Popolare di San Miniato, propone anche quest'anno una «prima» assoluta in occasione della «Festa del teatro». L'impostura di Bernanos, e il testo che verrà rappresentato da stasera fino al 27 luglio nella Piazza del Duomo di San Miniato.
L'impostura é uno dei romanzi meno conosciuti di Georges Bernanos, l'autore del Diario di un curato di campagna, ed è stato ridotto per il teatro da Pascal Bonitzer e Gerard Wajcman. Nel marzo scorso, con la regia di Brigitte Jaques, il lavoro ha debuttato al Theatre de la Ville di Parigi.
Per l'edizione italiana è stata mantenuta la regia, le musiche (di Marc Olivier Dupin) e le scene (di Emmanuel Peduzzi), che però sono state realizzate in un ambiente ricco di suggestioni come la Piazza del Duomo del borgo toscano. Così gli edifici antichi del Duomo, del Vescovado, le torri medievali, diventano parte integrante di un impianto scenografico che echeggia in questo modo i temi del dramma di Bernanos, dove gli intrighi del potere politico, con la connivenza di alti prelati, schiacciano i più deboli.
Ma in realtà la trama non è niente più che un pretesto per una riflessione profonda sulla sincerità, sui profondi contrasti che nascono quando l'uomo si trova, da solo, a confrontarsi con la sua coscienza.
Cosi l'Abate Cenabre (un enfatico Roberto Herlitzka), potente e stimato uomo di chiesa, nel momento in cui perde la fede si trova a confrontarsi con i protagonisti di un microcosmo che si agita in mezzo alla menzogna e alla meschinità.
Il confronto con il prelato, impegnato in una cinica ricerca della verità, schiaccia inesorabilmente personaggi per diversi motivi vulnerabili: il giornalista Pernichon (Franco Castellano), senza appigli e senza speranza nel momento del fallimento; il barbone Framboise (dipinto efficacemente, con ritmi da Commedia dell'arte, da Mario Maranzana), che della menzogna ha fatto una filosofia di vita, demolita dal violento attacco dell'abate; l'abate Chevance (Antonio Pierfederici), costretto a confrontarsi con l'impotenza della propria fede.

Luciano Donzella, Il Tirreno 21 luglio 1989




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