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Il Corriere della Sera - La recensione di Magda Poli
 

Scaccia, duca svagato si affida alla magia
Fedele al suo statuto, la  XLIX Festa del Teatro di San Miniato ha proposto la messinscena di un testo mai rappresentato in Italia, Magic, del londinese Gilbert Keith Chesterton, noto al grande pubblico per i suoi racconti polizieschi che hanno come protagonista il detective Padre Brown. Chesterton diceva di non essere uomo da «arte per arte» e che il suo lavoro era dominato da profonde convinzioni morali: «Anche se parlassi di giardini olandesi», amava affermare, «sono convinto che le mie parole porterebbero l'impronta della mia visione del mondo». Così Magic, scritto nel 1913, prima della conversione al cattolicesimo avvenuta nel '22, si potrebbe definire una commedia a tesi con cui l'autore vuole far riflettere sul rapporto tra realtà e soprannaturale, tra una concezione della vita che spinge alla continua razionalizzazione e una visione più ampia e complessa che lascia spazio all'imponderabile, al dubbio, alla fede. A Mario Scaccia, come attore e come regista, e alla sua compagnia è stato affidato il compito di far rivivere, con la traduzione di Saverio Simonelli, le vicende di un bizzarro duca di provata fede liberale in una strana notte nella quale, grazie alla presenza di un misterioso «prestigiatore», catalizzatore di verità e di illusioni, l'irrazionale e l'incredibile irrompono nella vita del nobiluomo e della sua stramba famiglia. Malgrado il lavoro drammaturgico di alleggerimento, malgrado la vivezza e l'intelligenza di molte battute, malgrado l'interpretazione di Scaccia, un duca amabilmente svagato e snobisticamente assente alla realtà, la commedia mostra i suoi limiti e la sua fragilità, nel semplicistico e disarmante assunto, nella schematicità dei personaggi, ognuno strettamente funzionale alla tesi e simbolo di qualcosa: chi di un irriducibile pragmatismo, chi di un agnosticismo quasi pilatesco, chi di una fragilità da anima candida, e così via. Difficile il compito di Scaccia regista, che si è trovato alle prese non certo con l'amato G.B. Shaw, ma col più modesto Chesterton, autore che per essere rivitalizzato avrebbe avuto bisogno di un energico intervento drammaturgico e di una lettura registica più decisa e creativa. Ci auguriamo che la Festa di San Miniato, che ha segnato con importanti spettacoli la strada di un «Teatro dello spirito», riesca nel suo cinquantesimo a ritornare a essere specchio delle inquietudini spirituali e culturali del nostro quotidiano, e non solo occasione di dignitoso intrattenimento teatrale.
MAGDA POLI, Corriere della Sera 30 luglio 1995




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