Brucia "Savonarola" a San Miniato
Sullo sfondo suggestivo del Duomo, con una scenografia semplice ed essenziale, con pannelli ribaltabili che, di volta in volta, rappresentano la sala del tribunale o le carceri, con il commento fuoricampo di una voce che sembra venire da secoli lontani e che commenta i fatti, nudo nella sua anima, distrutto per il fallimento della sua opera, ora umile, ora aggressivo, Aroldo Tieri ha dato vita ad un fra Girolamo sofferto ed incisivo. Il Vicario Romolino, interpretato da Antonio Pierfederici, è stato il vero secondo protagonista del dramma in due tempi intitolato Savonarola di Michel Suffran, e rappresentato per la prima volta in Italia sul sagrato del Duomo di San Miniato, in occasione del XXVI° Festival del teatro organizzato dall'Istituto del Dramma Popolare.
Nel dramma di Suffran assistiamo a crisi di estasi e a slanci di fanatismo, ascoltiamo parole roventi. Fra Girolamo non si rese conto che i tempi stavano mutando, e che i nuovi reggitori di Firenze, sotto la sagace guida del Gonfaloniere Soderini, cominciavano a vederlo di malocchio perché egli non smetteva di sobillare i cittadini; continuò e fu colpito. L'opera inizia proprio qui: il frate, assieme agli ultimi suoi fratelli fedeli, appare di fronte ad un tribunale misto formato da tre consiglieri. Il dramma di Suffran non vuole essere la storia delle vicende del domenicano di San Marco: tutto è dato per scontato. Suffran ha voluto puntare sul dramma intcriore di fra Girolamo che alla fine, inconsapevolmente, si è messo anche contro il suo tanto idolatrato Dio ritenendo di essere stato da lui abbandonato. Figura patetica il Vicario Romolino che, di fronte all'ostinatezza del frate, tentenna. Romolino è venuto da Roma pei dare man forte al Consiglio al fine di condannare il domenicano e i suoi due confratelli scomunicati. Romolino tenta invano, supplicando e persino inginocchiandosi di fronte a Girolamo e poi sollevandolo da terra, di salvare la sua anima, ormai resosi conto che gli intrighi del Soderini e dei suoi seguaci avevano avuto la meglio. Savonarola era ormai condannato. Ma Fratello Girolamo, prima accusa, poi indietreggia ed infine torna ad essere l'orgoglioso predicatore di San Marco. La sensibilità spirituale e religiosa dell'Autore raggiunge il suo culmine quando nel Savonarola esplode, sino al parossismo, il tormento di una coscienza che arriva ad urlare la sua disperazione per il silenzio del proprio Dio.
Ormai il finale precipita: l'ultima scena vede illuminato lo sfondo del palcoscenico di rutilanti colori di fuoco. Girolamo, Silvestro e Domenico sono stati impiccati, i loro corpi bruciati sul rogo e le loro ceneri disperse nell'Arno.
Questa opera idi Michel Suffran, medico quarantenne a Bordeaux, già autore di una cinquantina di testi radiotelevisivi, fa onore all'Istituto dei Dramma Popolare di San Miniato, il quale dal 1947 ha portato sul Sagrato del Duomo opere di eccezionale interesse come Assassinio nella cattedrale di Eliot, L'aiuola bruciata di Ugo Betti, È mezzanotte, dottor Schweitzer di Cesbron, L'ostaggio di Paul Claudel, L'avventura di un povero cristiano di Ignazio Silone, ecc.
Attori che hanno dato il meglio di se stessi in questo Savonarola sono stati Aroldo Tieri, veemente e sempre signore della scena, Antonio Pierfederici sensibilissimo interprete nelle vesti del Vicario ed ancora Libero Sansavini, Guido Ciniglia, Marcello Bertini, Riccardo Perrucohetti, Maurizio Romoli, Claudio Trionfi, Pino Sansotta, Toni Trono e Pietro Biondi.
La regia, aperta ma controllata, era di Josè Quaglio.
Giulio Brombini Grilli Roma, Napoli, 4 Agosto 1972
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