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La recensione dell'Osservatore Romano
 

Attualità di un autore che riscopre i valori trascendentali ed umani
Dopo opere di notevole interesse artistico come il Giobbe di Karol Wojtyla (1985) e Fiorenza di Thomas Mann (1986), l'Istituto del Dramma Popolare di San Miniato ha presentato al tradizionale appuntamento di luglio (dal 16 al 23) un'altra proposta di straordinario livello culturale.
Si tratta de Il capanno degli attrezzi, un dramma d'alta problematica religiosa di Graham Greene, il più grande scrittore cattolico inglese, autore, fra l'altro, di opere celebri (dalle quali sono stati tratti film di successo) come Il terzo uomo, Il potere e la gloria, Il nostro agente all'Avana, Un americano tranquillo, oltre a diverse commedie tra cui ricordiamo The Living Room, The Potting Shed e The Complaisant Lover.
Il dramma di Greene, in due tempi, viene portato in scena nella tradizionale cornice della storica piazza del Duomo di San Miniato, nell'ambito della tradizionale Festa del Teatro giunta alla XLI edizione. La regia è di Sandro Bolchi che, con questo lavoro, torna al teatro da Tv e cinema dopo oltre dieci anni di assenza.
«Dopo i grossi exploit degli ultimi anni», spiega il Direttore Artistico del Dramma Popolare, Padre Marco Bongioanni, «che sono stati Il processo di Shamgorod del premio Nobel Elie Wiesel, Oltre le trincee di Fabio Storelli, e i già citati Giobbe di Karol Wojtyla e Fiorenza di Thomas Mann, il 41° anniversario del Dramma di San Miniato continua la linea artistica di questi incontri con il Grande Teatro e propone un lavoro che ha profonde radici e motivazioni culturali. La scelta del dramma di Greene, non molto noto al pubblico (venne infatti rappresentato una sola volta e piuttosto in sordina in Italia negli anni Cinquanta) ha voluto rappresentare un ulteriore passo avanti del Dramma Popolare verso orizzonti sempre più vasti. E' la fusione ottimale, direi, di tre precisi interessi: organizzativo, registico e culturale che è appunto la caratteristica principale dell'Istituto del Dramma Popolare di San Miniato...».
«Questo dramma di Greene», continua Bongioanni, «si basa sulla problematica della fede che nasce dall'evidenza di un miracolo ed è imperniato sul personaggio di un prete che offre a Dio tutto ciò che ha di più caro, cioè la Fede, in cambio della resurrezione di un suo nipote che si è suicidato impiccandosi. Il suo significato più profondo e più drammatico sta proprio nella resurrezione di questo giovane, anzi nel "suicidio parallelo" dello zio prete che spiritualmente muore alla fede sacrificandosi per una persona amata e tuttavia risorgendo alla fine nella fede stessa che trionfa nei personaggi del dramma e nella proposta al pubblico... ».
«L'attualità dell'opera sta soprattutto nella proposta e nella riscoperta di valori spirituali interiori dell'uomo e trascendenti l'uomo, in un momento in cui l'umanità è particolarmente assetata di divino... ».
Graham Greene si è convertito al cattolicesimo nel 1927, a 23 anni. Ha scritto romanzi che sono tra i più popolari della narrativa inglese contemporanea, come La rocca di Brighton, Il nocciolo della questione, La fine dell'avventura.
I suoi romanzi narrano, con toni in cui si equilibrano sottilmente commozione e ironia, storie realistiche e spesso violente: guerra, spionaggio, intrighi, casi polizieschi, su sfondi per lo  più  esotici e con personaggi tormentati e sinistri. Ma vicende e personaggi sono sempre visti da Greene e rappresentati come strumenti di una volontà  superiore e riflettono un'intensa problematica religiosa resa più stimolante e penetrante dal distacco e dal severo pudore intellettuale dell'autore.

G.B., L'Osservatore Romano 23 luglio 1987




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