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Hystrio - La recensione di Renzia D'Inc�
 

Drammaturgia allegorica densa di riferimenti e rimandi letterari: quest'anno la scelta della commissione di lettura è caduta su un testo (mai rappresentato in assoluto come recita lo Statuto della Festa del Teatro), di un giovane autore italiano assai prolifico come Roberto Cavosi. Si tratta di un testo lineare e complesso allo stesso tempo che ha fornito alla regia molteplici possibilità di lettura e messa in scena. Lo spettacolo, che come al solito è stato rappresentato all'aperto nella cornice della piazza del Duomo della cittadina toscana, ha spezzato il ritmo un po' monotono a cui il festival aveva abituato gli spettatori estivi che in questi ultimi anni hanno affollato la bella piazza dove i fratelli Taviani, sanminiatesi doc, hanno ambientato il film La notte di San Lorenzo. Anzitutto per le presenze nobili sulla scena come quella della diafana e scarmigliata Ofelia di Carla Fracci che sta dando di sé sui palcoscenici italiani prove di indiscussa grandezza e che a San Miniato non solo ha danzato le vicende della sfortunata fanciulla, ma ha anche recitato dando corpo e voce alla Rosa, emblema della resuscitata creatura morta per amore di Amleto. Sì, perché è proprio dalle vicende di due personaggi shakesperiani quali Ofelia e il capitano di ventura Fortebraccio (un Gazzolo gangster straniato), che attinge il testo di Cavosi. La scena iniziale si apre infatti su un cimitero zeppo di lapidi e croci di legno, luogo shakesperiano per eccellenza con tanto di becchini e sullo sfondo una cupa sagoma di castello che si scoprirà essere quello di Elsinore. Proprio in questo luogo dove da poco è stata seppellita Ofelia, giunge Fortebraccio in preda ad una inquietudine esistenziale, lui, il principe di mille battaglie, è in cerca di se stesso. In questo luogo simbolico di morte e rinascita Fortebraccio incontrerà figure emblematiche: oltre al fantasma di Ofelia, quelle gemelle della Morte (Angela Cardile) e del Diavolo (Maximilian Nisi) che intrecceranno con Fortebraccio un dialogo vivace e dagli interessanti sviluppi sul piano linguistico. I registri su cui si muove la scrittura di Cavosi sono infatti molteplici, dagli esiti a volte comici, a volte altamente drammatici e cupi e caratterizzano in modo incisivo i diversi personaggi. Si va dal linguaggio sgrammaticato e povero dei due becchini Gian Luca Farnese e Massimo Di Michele, al latino maccheronico della sguaiata coppia di madama Morte e del Diavolo-caprone, al canto della Fontana (Paola Roscioli), altro simbolo utilizzato con buon effetto. Un lavoro metalinguistico interessante, sviluppato con intelligenza da una regia abile e una ben costruita scenografia.
Renzia D'Incà, Hystrio, ottobre 1999




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