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Il Tempo - La recensione di Mario Bernardi Guardi
 

Vittima della calunnia sul vascello dell'ingiustizia
Spettacolo bagnato, spettacolo fortunato? Se lo sarà domandato Franco Ghizzo, direttore del Teatro Nuovo di Milano e organizzatore dell'estate toscana: lo stillicidio di gocce che si è abbattuto sullo scenario di un Billy Budd fortemente voluto per la 51esima Festa del Teatro a San Miniato, ha guastare l'umore di molti. Ci sarà o non ci sarà l'anteprima riservata alla stampa? E i critici potranno verificare se la messa in scena del racconto di Melville, su testo teatrale di Enrico Groppali, con la regia di Sandro Sequi e l'interpretazione di Massimo Foschi e Corrado Pani, è davvero all'altezza delle aspettative? Alla fine la pioggia è cessata e sulla Piazza della Cattedrale brillano le stelle. Va in onda il Billy Budd, la cui azione si svolge a bordo del vascello inglese «H.M.S. Indomita», nell'agosto del 1798, in un periodo in cui il fuoco della Rivoluzione Francese brucia in tutta Europa e venti di sovversione e di anarchia soffiano tra gli «ultimi» che confusamente anelano a liberarsi delle loro catene. Ed ecco che a bordo della nave da guerra «Indomita» viene arruolato il giovane Billy Budd. Bello, forte, innocente, balbetta di fronte alla menzogna e all'ingiustizia, come un giusto nicciano, che si sente contagiato dal «male» che vede intorno a sé e di fronte a cui si riconosce impotente. L'angelo Billy Budd, che ignora le sue origini, incontra nel capitano Edward Fairfax Vere il militare onesto che fa rispettare la legge anche se spietata, mai cessando di interrogare la propria coscienza: e nel maestro d'armi John Claggart l'emblema dell'odio viscerale, travestilo da melliflua benevolenza, contro ciò che è puro. È per questo che Claggart, morbosamente attratto dalla bellezza di Budd, lo accusa di sobillare la ciurma contro il capitano. Chiamato a discolparsi, Billy non riesce a parlare per la mostruosità della calunnia: le sue parole inespresse si condensano dunque in un gesto, un solo, unico pugno micidiale che abbatte Claggart. Dilaniato da terribili lacerazioni, il Capitano è costretto a condannare a morte quello di cui pure sa la fondamentale innocenza. Attonita la ciurma assiste all'impiccagione del ragazzo a cui tutti volevano bene e che col suo canto sapeva evocare mille suggestioni. Billy muore da vittima innocente, senza grida di terrore. senza spasimi. Il suo corpo viene affidato al mare e i fantasmi degli antichi marinai conserveranno per sempre a sua memoria.
La trama è di quelle che avvincono. È tessuta di storia e di mito; tra il Bene e il Male non ci sono zone intermedie; c'è l'aura magica degli spazi marini, con i sogni che si mescolano alla spietatezza del vivere. Infine, in Melville ci sono gli eterni interrogativi sull'uomo, su Dio, sul peccato, sui «mostri» dentro e fuori di noi. Avvincente, la trama: e la resa teatrale è stata convincente? La scena ideata da Pietro Cascella, con un'immensa nave di legno che riempie il palcoscenico, cattura subito gli spettatori.
E c'è Corrado Pani che dà mirabilmente al suo Claggart tutte le sfumature di una perfidia dolorosa.  Da Massimo  Foschi,  nei panni del capitano Vere, avremmo voluto invece una caratterizzazione più intensa, che meglio segnalasse il suo conflitto tra legge e coscienza. Maximiliar Nisi, come Billy Budd, è già qualcosa di più che una promessa. E sono bravi tutti gli altri, grazie all'orditura sinfonica propiziata da Sequi e favorita anche dall'intelligente gioco cromatici voluto dalla costumista Cordelia Von Den Steinen. Cosa manca allora? I ritmi della grazia e dell'odio, della tensione interiore e dell'afflizione, del sacrificio rituale e della santificazione; una lettura cioè che ancor più scavasse nel mistero del peccato e della redenzione.
MARIO BERNARDI GUARDI, Il Tempo, 10 agosto 1997




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