Drammi del '700 in scena a San Miniato
Inverno del 1785, Francia profonda. Nel castello di Silleranges, ognuno ha il suo diavolo in corpo. Philippe, signore del luogo, reso impotente da una ferita di guerra, è consumato dalla frustrazione: ama sua moglie e ha il sospetto di essere tradito. Lei, Elisabeth, è una dama affascinante e svagata: miscredente, è disponibile ad ogni vaporoso intellettualismo. Nonché alla concreta presenza di un uomo in grado di soddisfare i suoi sensi: dunque, è da qualche tempo l'amante del cognato, Jacques, anch'egli tentato dalle irriverenze della "raison". Il ménage potrebbe andare avanti cosi, tra sofferti silenzi e precari equilibri familiari, se tutt'a un tratto al castello non arrivasse Pierre, che ha gettato il suo abito di monaco e sembra voler tornare ai giovanili fasti di tombeur de femmes. Tre fratelli e una donna contesa, dunque uno scenario privato segnato da lacerazioni. Ma anche quello pubblico è torbido: siamo negli anni immediatamente precedenti la Rivoluzione, per molti aristocratici i valori tradizionali sono solo vuota formalità, i veleni ideologici si stanno diffondendo dappertutto, la religione e le vocazioni sono in crisi, turbe di affamati si aggirano nelle campagne insieme a delinquenti evasi dalle prigioni e pronti a tutto per due monete d'ora.
Insomma, il Demonio ha terreno fertile. Ed è lui "Il Nemico", presenza incombente del dramma di Julien Green, presentato a San Miniato alla Festa del Teatro 2007. Un Nemico seducente; perché chi cerca nel piacere il senso della vita, non gli si dovrebbe arrendere? È quel che ha fatto Pierre, stringendo addirittura un patto con lui, per poter avere facile accesso alle grazie della cognata. Lei gli ha ceduto, ma ora sente che un'oscura presenza - un Nemico? un Amico? - le agita la coscienza, le strapazza l'anima, non le dà tregua, in nome di questo "Ospite", dovrà fare a meno dell'amato Pierre? E dalla rinuncia verrà la salvezza per lui e per lei?
Una storia carica di suggestioni, deliri "fantasmi" questa raccontata da Green, scrittore franco-americano attratto, al pari di Dostoevskij, Bernanos, Mauriac, dalle eterne domande su Dio, la ricerca della Verità, la fosca fascinazione del Principe delle Tenebre, la benedizione/maledizione del libero arbitrio. Domande che per essere riproposte in termini non scontati hanno bisogno di un "testo" e di una "rappresentazione" forti. E quel che abbiamo visto sul palcoscenico (la regia di Carmelo Rifici è straordinaria per rigore formale e genialità inventiva e il cast è notevole: bravi Marco Balbi, Alessio Romano e Tommaso Ragno; straordinaria, sfumatura per sfumatura, Elisabetta Pozzi) è davvero "all'altezza" di un Teatro dello Spirito che ti chiede partecipe, sofferta attenzione.
MARIO BERNARDI GUARDI, Il Secolo d'Italia 25 luglio 2007
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