I conquistadores e le qualità morali degli indios
«Non importa compenetrare della Croce tutto il mondo. Conta che in questo travaglio ne siamo diventati testimoni. Noi non conosciamo le sue vie, ci è data soltanto la sua legge: a questa dobbiamo ubbidire, abbandonarci. E quello che agli uomini appare follia, è forse, come la verità dei sogni, conoscenza estrema». Con queste parole di Bartolomeo de Las Casas rivolte all'imperatore Carlo V, si conclude lo stupendo affresco Bartolomeo de Las Casas di Reinhold Schneider messo in scena, per la regia di Giovanni Maria Tenti, alla LVII edizione del Dramma Popolare di S.Miniato. Un'opera grandiosa per i contenuti, di grandissimo impatto emotivo, sostenuta da una versatile scenografia di Daniele Spisa e dalle luci di Riccardo Tonelli, che ha per centro il domenicano spagnolo che divenne simbolo, nel secolo XVI, delle grandi conquiste oltre oceano, di una Verità difesa contro ogni ragione di Stato, di un rispetto dell'individuo al di là della sua condizione, di una fede che deve conquistare i cuori e non gli stati.
Fedele alla sua tradizione che da oltre mezzo secolo lo porta alla ricerca delle massime espressioni del teatro dello spirito nel mondo, anche quest'anno il Dramma Popolare di S.Miniato ha scoperto e messo in scena un testo dalle forti implicazioni spirituali ma anche socio politiche, cogliendone la straordinaria attualità non solo per le tematiche contenute ma principalmente per la capacità di tradurle in un linguaggio non condizionato dalla storia.
L'adattamento teatrale di Roberto Mussapi coglie, dopo un indispensabile preambolo sviluppato sul ponte di una nave di ritorno dalle Indie, il cuore di quella «Disputa di Valladolid» tra Las Casas, che rende giustizia alle qualità morali degli Indios, con i quali ha convissuto a lungo, e al ruolo esclusivamente morale della evangelizzazione, e lo scrittore Juan Gines de Sepulveda il cui libro da lui interdetto alle stampe, dava giustificazione e dignità all'opera spesso brutale e violenta dei Conquistatores spagnoli, avidi di oro e di schiavi. Un'acuta disamina di quella storia diversamente raccontata e raccontabile «ad usum delphini», ovvero a maggior gloria dell'Impero Spagnolo, o secondo i fatti e secondo le capacità degradanti dell'animo umano. Ottima rinterpretazione di Las Casas offerta da Franco Graziosi, come pure di grande effetto quella di Bernardino di Lares, Beppe Chierici. Un plauso va però a tutto il cast: dall'imponente Renato de Carmine, Carlo V, a Walter Toschi, Sepulveda, a Franco Sangermano, Cardinale Loaisa e a tutti gli altri. La Festa del Teatro di S. Miniato continua con Reporter sul Golgota (27-29 luglio ore 19.30) a Palazzo Grifoni.
Stefano Mecenate, Il Giornale della Toscana, Firenze, 26 luglio 2003
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