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Stampa diocesana novarese - La recensione di Fornara
 

"Magic", la fede porta all'amore
Giovedì 20 luglio siamo stati a San Miniato al Tedesco, in provincia di Pisa, per l'anteprima di Magic, commedia dell'inglese Gilbert Keith Chesterton, data in prima assoluta per l'Italia, nell'ambito della 49° Festa del Teatro.
Chesterton, morto a 62 anni nel 1936, è stato uno scrittore inglese, che, dall'agnosticismo, è passato prima al Protestantesimo, poi al Cattolicesimo, di cui divenne animoso ma piacevole difensore ed apologeta. Nella sua vasta produzione, però, pochi, fuori del Regno Unito, sapevano di questo Magic, cioè di un testo teatrale sul grande problema dello scontro fra realtà materiali e realtà dello spirito.

"MAGIC"
Un medico agnostico, ma bonario; un giovane "self-mademan " americano, che conosce solo il dio denaro; un Pastore anglicano, equilibrato, ma scettico; vengono invitati dal padron di casa, un Duca, tanto amabile quanto svagato, per trovare una soluzione al problema di una giovane donna, forse troppo incline alla fantasia e quindi al mondo magico, che uno Straniero sta, gradatamente, aprendo alla sua attenzione.
Senonchè, lo scontro - se pur di scontro si tratta - fra lo Straniero e gli "inquisitori" , non solo avviene, ma mette questi ultimi in un bosco fitto di confusione e di pensieri. Si tratta di magia? Si tratta di preternaturale? Si tratta di soprannaturale? Certo è che lo Straniero, al cospetto di tutti, tranquillamente e serenamente, fa i suoi "trucchi", ottenendo di mettere in crisi il positivismo del Medico, lo scetticismo del Pastore, ed il materialismo dell'Americano.
L'unico che si salverà sarà il Duca, ma solo perchè, eterno svolazzante farfallone, non si accorgerà praticamente di nulla, pur sentenziando amabilmente su tutto e su tutti.
In realtà, chi si salva sono proprio lo Straniero e la Fanciulla, che, alla fine, si ritrovano irretiti dalla più grande e più vera delle magie, l'amore.

LA FEDE E L'AMORE
Dobbiamo dire che il testo di Chesterton, da un lato è di una facilità immediata. Scopo dell'Autore, infatti, è l'attacco diretto al positivismo (Medico), al materialismo (Americano) ed allo scetticismo (Pastore) del suo e di ogni tempo. E fin qui ci riesce totalmente.
Meno facile è invece il momento finale, la cosidetta catarsi. Gente, che c'entra l'amore con tutti gli -ismi di cui s'è detto? A noi sembra davvero un "salto" inatteso, un brutto "jato", che nulla spiega, per cui si ha l'impressione di essere bellamente corbellati da Chesterton.
Tuttavia, l'assunto rimane: la fede, che supera la scienza ed il "business", è sempre un fatto razionale, ma che si basa su di un sentimento, cioè su di un amore. Se non si ama Dio, non lo si può capire e non vi si può credere totalmente. E l'assunto di Agostino di Ippona, e, più vicini a noi, di Rosmini, di Bergson e di tutta la filosofia e teologia, non legata al Tomismo, anche se non in opposizione ad esso. Certo, l'uomo, sempre, ma soprattutto nel mondo d'oggi, sente più vicino Dio attraverso il cuore, cioè attraverso i sentimenti, che non attraverso la ragione, comprese le celebri "vie" tomiste.

MARIO SCACCIA
Ora una parola sullo spettacolo.
Splendida, nella sua essenzialità, la scenografia di Mario Padovan; ottimi gli "effetti speciali" o "magici" di Andrea Travaglia; indovinate le musiche celtiche di Federico Bonetti Amendola.
Quanto alla recitazione, ci hanno soddisfatti, come sempre, quell'istrione che è Mario Scaccia, il duca, e quella simpatica "spalla" che è stato Corrado Olmi, il medico. Per il resto, non ci riteniamo di condividere la tecnica espressiva, a volte troppo urlata, a volte troppo dimessa. Ma si sa, ogni regista (nella fattispecie lo stesso Scaccia) fa le sue scelte, che, condivise o meno, vanno sempre rispettate.
Cosa che facciamo anche noi, in attesa della 50° Festa del Teatro, che potrebbe essere davvero una "grande festa" di questa autentica magia, che è ogni "carrozzone di san Genesio", che è sempre pieno di fede e di amore.
BARTOLO FORNARA, Stampa diocesana novarese 29 luglio 1995




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