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Il Tempo - La recensione di Dante Cappelletti
 

Alla Festa del Teatro in scena Magic di Chesterton
Interessante proposta quella dell'Istituto del Dramma Popolare, giunto alla 49esima edizione della sua «Festa del Teatro». Nella storica piazza del Duomo è andato in scena Magic, di Gilbert Keith Chesterton, regista, oltre che principale interprete, Mario Scaccia. Chesterton è noto per i racconti legati a Padre Brown, il prete poliziotto. Pochi sapevano, tuttavia, che questo scrittore vittoriano, convertitosi al cattolicesimo nel 1922, avesse firmato tre commedie. Di queste, Magic, scritta e rappresentata nel 1913, ebbe a Londra un notevole successo. Magic è stata ora proposta in Italia per la prima volta su traduzione, efficace, di Saverio Simonelli. Inattuale, il primo aggettivo. Ma anche opera ironica, bislacca, trasgressiva e colta: il soprannaturale viene coniugato con l'evidenza del mistero. Un mistero concreto, però, tanto da sconfinare nel momento ludico, nella causticità delle situazioni, nel messaggio di pungente moralità. Un mistero proposto prima e dopo l'indagine razionale, ma che di razionale ha tutta la sua natura, la sua funzione e logica. Uno Straniero (così definito quale personaggio) incontra di notte la giovane Patricia. Questa, figura candida e sognatrice, è indotta così a credere di avere a che fare con una creatura appartenente a un altro mondo, forse proprio quel mondo che vagheggia senza saperlo definire. Lo Straniero, introdotto in casa dallo zio della ragazza, un ricco e astratto Duca, farà il prestigiatore, e susciterà in questo modo curiosità e polemiche. Morris, fratello di Patricia, si difende col suo prammatismo; il giovane pastore Smith avanza i propri dubbi intellettuali: il medico Grimthorpe esibisce la personale fede positivista. Tutti, però, sono disorientati. Mago, mistificatore, dotato di poteri sovrumani? L'interrogativo è destinato a restare tale, mentre la fiaba d'amore, che sugella l'unione tra Patricia e lo Straniero, offre la conclusione ad ogni dissidio. Chesterton propone una sapiente galleria di personaggi d'epoca, figurine che potremmo facilmente ritrovare in altre opere dello scrittore. Ecco il dottore agnostico ben disegnato da Corrado Olmi, il giovane che ha fatto fortuna negli States risolto in godibile macchietta da Raffaele Buranelli, fino al Duca, amabile e progressista, superficiale e comicamente gioviale, ricostruito da un Mario Scaccia in ottima forma. Magic, come del resto ha fatto la regia, va letto come modello di un teatro che riguarda la nostra storia culturale. In questa chiave, e grazie ai tagli opportunamente fatti, l'operazione ci è parsa felice, oltre che interessante e opportuna. Il pubblico ha seguito la vicenda con partecipazione e attenzione. Le scene e i costumi erano firmati da Mario Padovan, le musiche da Federico Bonetti Amendola. Gli altri interpreti erano Walter Da Pozzo, convincente nel ruolo dello Straniero, Chiara Sasso in quello della giovane Patricia, Gabriele Tuccimei in quello di uno stralunato servo, Marco Carbonaro nei panni del pastore Smith.
DANTE CAPPELLETTI, Il Tempo 31 luglio 1995




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