Questo sito utilizza cookie tecnici, di profilazione propri e di terze parti. Se continui la navigazione, se accedi ad un qualunque elemento di questa pagina (tramite click o scroll), se chiudi questo banner acconsenti all'uso dei cookie.
Chiudi ed Accetta Voglio saperne di più
 

ARCHIVIO DI TUTTE LE EDIZIONI:

cerca all'interno del sito:

SEGUICI SU:


facebook youtube email



Ministero

Regione Toscana

ARCHIVIO
 
Stampa diocesana novarese - La recensione di Fornara
 

"L'uomo che vide" san Francesco, ieri, oggi e nel terzo millennio
Nella serata di giovedì 16 luglio abbiamo avuto, i miei amici ed io, la gioia di partecipare alla 52° Festa del Teatro a San Miniato al Tedesco, in provincia di Pisa. Da parte mia, era la ventesima volta che approdavo, a questa che, per molti aspetti, è davvero una "Festa",  ma che, soprattutto, è la "Festa" di un "teatro dello spirito", come non si trova, ritengo, in alcun altro angolo, non dico d'Italia, ma del mondo intero.
Quest'anno, l'attivo Comitato culturale, diretto dal pazientissimo e sempre disponibile don Marrucci, ha scelto un teatro in apparenza facile; in realtà, non solo denso di problemi, ma, soprattutto, lanciato su tre epoche: il passato, il presente ed il futuro.

L'UOMO CHE VIDE

Infatti, dal romanzo del francese Joseph Delteil, pubblicato nel 1960 con il semplicissimo titolo Francois d'Assise, il torinese Piero Ferrero ha tratto un dramma sulla vita, appunto, di san Francesco, dramma che poi il regista di San Miniato, il polacco Krzystof Zanussi, ha ulteriormente limato, variato e sistemato.
Alla fine ne è venuto il titolo L'uomo che vide, perché, al centro della vicenda è sì Francesco (mirabilmente interpretato dal giovane Maximilian Nisi), ma, a fargli da spalla, quasi un controcampo, se non addirittura una "profezia laica", c'è quest' "uomo che vide", appunto san Francesco nel secolo XIII, ma che lo accompagna via via lungo i secoli, fino ai giorni nostri, proiettandolo anzi nel terzo millennio cristiano.
Ne scaturisce, da un lato, l'attualità del messaggio francescano; dall'altro lato, una lettura parallela delle grandi "fantasie filosofiche" dei nostri secoli, dall'Illuminismo all'Evoluzionismo, da Nietzsche a Freud, da Engels ad Hitler.

FRANCESCO D'ASSISI

Questa la grande intuizione di Delteil, che Marrucci, Ferrero, Zanussi hanno raccolto e dato al pubblico di San Miniato, senza, però, tralasciare, com'era ovvio, la lettura più immediata, più epidermica, della storia umano-divina di Francesco d'Assisi.
Eccolo, dunque, questo giovane, che vive una vita tumultuosa da ricco, fino al momento in cui sente la misteriosa chiamata di "restaurare" la Chiesa di Cristo.
Da quel momento Francesco cambia strada, ma, ci dice Delteil, e gliene siamo riconoscenti, rimane sempre lui, con la sua eterna giovinezza, che addirittura sembra diventare fanciullezza, al cospetto con la natura, con gli uccelli, con il dolore del mondo.
E qui entra in scena anche un altro grande istinto umano, quello dell'amore, un amore dolce e casto fra Francesco e Chiara (una splendida Frida Bruno), ed un amore virile ma vergine fra Francesco e Giacoma de' Settesoli (una solare Sara D'Amario).

SOLITUDINE E DOLORE

Francesco è creatura dello spirito, ma è, prima di tutto, creatura umana. Che se gioisce dell'amicizia dei suoi Fraticelli e di queste due "sorelle", è su di lui che si abbattono mille sofferenze.
La sofferenza di una vocazione, in apparenza non chiara, finché il prete di San Damiano (un godibilissimo Antonio Pierfederici) non lo illumina con una lettura umorale, in apparenza addirittura ironica, del Vangelo.
La sofferenza di una famiglia, la sua, che nel padre Bernardone (un umanissimo Maggiorino Porta) manifesta incomprensione per le scelte di Francesco, senza però mai giungere ad una rottura definitiva, come di solito indicato nell'agiografia francescana.
La sofferenza, soprattutto, della sua "famiglia", quella religiosa, che ben presto manifesta due anime quasi inconciliabili fra di loro, quella dello spirito rigoroso ed "alla lettera", e quella dell'organizzazione e dell'adattamento. In quest'ultima operazione riuscirà Fratello Elia (uno scaltro Andrea Nicolini), che alla fine sembrerà aver vinto questa battaglia, lasciando però sul campo divisioni e discordie, fino alla formazione, ancora attuale, dei tre grandi filoni del Francescanesimo ufficiale: i Frati Minori, i Frati Conventuali ed i Frati Cappuccini.

DAL SASSO DELLA VERNA

Infine, la sofferenza grande di un frate Francesco nei confronti della Comunità cristiana del suo tempo, la Chiesa di Roma, nel dramma sanminiatese, tuttavia, non direttamente attaccata, anzi decisamente dalla parte di Francesco (che sia stata, questa, una scelta del regista Zanussi, notoriamente amico personale dell'attuale pontefice romano Giovanni Paolo II? Una cosa è certa: per la prima volta abbiamo visto, e con estremo piacere, presente all'anteprima il Vescovo di San Miniato).
Quanto a Francesco, è giunto ormai al compimento del suo sacrificio totale. Sfinito dalle privazioni materiali e dalle sofferenze morali, fugge al sasso della Verna sopra Arezzo, e qui si compie il penultimo passo del suo sacrificio, con le stigmate di Cristo sulle sue carni.
Poi, ecco l'ultimo passo, la sua morte, che il regista colloca su di una specie di ara, quasi il gradino che porta al cielo, ma che, insieme, distacca dalle vicende umane, e manifesta a tutti la grandezza di questo, in apparenza minuscolo, personaggio, che, dal suo secolo, si è talmente immerso nella storia dell'umanità, da travalicare tempi e luoghi, e da affacciarsi ormai al prossimo millennio.

LA REALIZZAZIONE
Questa cavalcata sulla vita e sul messaggio francescano, al fine di farlo immergere nel futuro, il regista Zanussi l'ha fatta vivere con quel gusto tutto suo, per cui riesce a far calare il presente nel passato e viceversa (basterà ricordare i "motociclisti rombanti" o il "delitto Moro" da lui fatti rivivere in seno al Giobbe di Carol Woityla, sempre a San Miniato, nel 1985).
Di qui l'utilizzo di tutta o quasi la piazza del Duomo di San Miniato come enorme palcoscenico; di qui l'uso di fumi vari, a colorare o a chiudere le varie scene; di qui le finestre della casa episcopale ed il rosone del Duomo, improvvisamente illuminati e parlanti; di qui l'irrompere di un' "Ape" fragorosa e rombante; di qui la "gabbia" del prigioniero, recata a spalle; di qui le colombe liberate in scena (che, poi, non fuggirono, ma rimasero ferme sull'impalcatura, a... seguire la scena teatrale); di qui la mountain bike dell' "uomo che vide" san Francesco.
Così, la scenografia è diventata quasi cinematografica; statica, addirittura quasi nulla, quella di scena, dovuta a Luigi Del Fante, e realizzata con pochi tubolari a formare il riquadro di un impossibile velario.
Splendide le musiche di Andrea Nicolini, dallo "spiritual" al "mottetto", dal "gregoriano" al "reggae". Nicolini, insomma, non ha avuto paura di cimentarsi con grandi esempi del passato, come Fratello sole, ed ha vinto la sua battaglia culturale.
Infine, bellissime le voci dei Fraticelli, decisamente intonate e corali, mentre l'audio, dovuto al fonico Antonello Gianmarco, è risultato felicissimo.
Bravi, bravi, bravi, dunque!
Questo "teatro dello spirito" è davvero una grande cosa, nell'ambito della cultura e della fede. Che abbia a proseguire la sua strada ancora per tanti tanti anni!
BARTOLO FORNARA, Stampa diocesana novarese, 25 luglio 1998




© 2002-2021 fondazione istituto dramma popolare di san miniato

| home | FESTA DEL TEATRO 2023 | chi siamo | dove siamo | informazioni e biglietti | scrivici | partner | sala stampa | trasparenza | sostieni | informativa privacy | informativa cookie |

 

Fondazione Istituto Dramma Popolare San Miniato
Piazza della Repubblica, 13 - 56028 San Miniato PI
P.I 01610040501

Home