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Il Tirreno - La recensione di Gabriele Rizza
 

E' andata in scena a San Miniato la prima del Custode dell'Acqua
Il petrolio del 2000
A caccia di novità che sappiano parlare la lingua di oggi e confrontarsi con la storia (e purtroppo i conflitti) del mondo contemporaneo, l'Istituto del dramma popolare di San Miniato finisce su un romanzo di Franco Scaglia, Il custode dell'acqua (Premio SuperCampiello 2002) che diventa, nell'adattamento di Sergio Pierattini e Marzia Lea Pacella, lo spettacolo clou della 59esima Festa del Teatro, che ha debuttato in prima nazionale nella cornice di piazza del Duomo.
Partendo dalla figura del noto archeologo francescano padre Michele Piccirillo, Scaglia costruisce un plot di chiara articolazione cinematografica, che si tinge di giallo, nero, rosa, fra le avventure di Indiana Jones e i segreti del Codice da Vinci, denso di imprevisti e colpi di scena, lungo un tempo ideale e reale che si nutre della straodinaria "fotografia" di Gerusalemme, città simbolo e visione mistica, crocevia delle grandi religioni monoteiste, cristiana, ebraica, islamica, qui esemplificate nelle tre imponenti porte che costellano la scena rotante che è stata intelligentemente ideata da Daniele Spisa.
La storia è tutta una sequenza di fatti e fattacci, confessioni e rivelazioni, l'umiltà della preghiera e l'arroganza del sapere, la ricerca della verità e la forza della menzogna, la guerra che flagella quel lembo di terra e la violenza che colpisce come sempre vittime innocenti, in una spirale che sembra non avere fine e da cui non sembra esserci via d'uscita.
Nel mirino di Scaglia finiscono i servizi segreti del Mossad, i padri francescani custodi dei luoghi sacri, giovani idealisti che si battono per la pace, uomini d'affari senza scrupoli, sullo sfondo di sensazionali scoperte archeologiche che potrebbero cambiare il volto della storia (il ritrovamento della leggendaria Arca della sacra alleanza) e con l'aggiunta di improbabili sopravvissuti alla terribile stagione dei desaparecidos della dittatura militare argentina. Nel nome della solidarietà, della convivenza e dell'acqua, il petrolio del duemila.
«Chi la possiede - recita alla fine padre Matteo — regola pace, guerra e ricchezza». La regia di Paurizio Panici risulta senz'altro ordinata e vibrante, gli interpreti (Maurizio Donadoni, Renato Campese, Silvia Budri, Francesco Biscione, Carlo Simoni, Sergio Basili, Fabio Bussotti, Sergio Querci) altrettanto.

Gabriele Rizza, Il Tirreno, 23 luglio 2005




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