AI «suono» dei Caraibi la lotta tra bene e male
Ti-Jean e i suoi fratelli, ovvero l'eterna lotta tra il bene e il male in forma di favola con la musica dei Caraibi. L'annunciata commedia di Derek Walcott è dunque andata in scena nella storica piazza del Duomo di San Miniato per la quarantasettesima edizione della «Festa del teatro».
Ma più che di una commedia musicale si è trattato di una commedia con musica in cui il regista Sylvano Bussotti ha evitato di cadere nel pittoresco caraibico trovando il giusto equilibrio con il teatro di poesia caratteristico di Walcott.
Premio Nobel 1992 per la letteratura, Walcott è uno scrittore non molto conosciuto in Italia. Nato nel 1930 a Castries, capitale di Santa Lucia, un'isola delle Piccole Antille, antica colonia britannica, Walcott alterna la sua residenza tra Trinidad e Boston, dove insegna all'Università letteratura e scrittura creativa. Figlio di madre metodista, divenne celebre con la raccolta di poesie In una verde notte (1962).
Ti-Jean e i suoi fratelli andò in scena per la prima volta nel 1958 e fu ripreso nel 1970 con musica originale di André Tanker.
Intorno ai personaggi principali (la Madre e i suoi tre figli, il Diavolo nei suoi travestimenti di Papà Bois e del Piantatore e il Bolom, il bambino mai nato) ruotano, cantando e ballando, i quattro animali parlanti (la rana, il grillo, la lucciola e l'uccello) a cui si contrappongono, urlando e grignando, i tre diavoli (Filambò. Aziz e Cacarat) e la diavolessa (Lilith). In ogni scena, delle tre in cui è diviso il testo, si ripete lo stesso rituale: la sfida di ciascuno dei fratelli (Gros-Jean, Mi-Jean e Ti-Jean) con il Diavolo.
I due fratelli maggiori, il nerboruto Gros-Jean e l'intellettuale Mi-Jean, finiscono per non reggere alle prove a cui il Diavolo li sottopone e vengono divorati secondo il patto stabilito. Ma Ti-Jean, più furbo dei suoi fratelli, novello Davide deciso ad abbattere Golia, smaschera il Diavolo ed inizia con lui una lotta che riesce a vincere dopo numerose provocazioni.
Il Diavolo ubriaco canta la sua canzone, s'infuria e piange: un diavolo che piange è un diavolo perdente, costretto a cedere le sue ricchezze e a ritirarsi con la sua corte.
Ti-Jean canta la sua vittoria e ringrazia Dio.
I contenuti cari alla «Festa del teatro», che unica nel suo genere propone ogni anno un testo drammaturgico del Novecento che non sia mai stato rappresentato in Italia e si leghi intimamente all'anima dell'uomo contemporaneo, si ritrovano anche in questo Ti-Jean e i suoi fratelli, sia pure in chiave di favola.
Nel testo di Walcott sono presenti i temi di quel «teatro impegnato sulle inquietudini spirituali del nostro tempo» di cui parlava don Giancarlo Ruggini, uno dei padri della «Festa del teatro» che la diresse in modo ineguagliabile per un quarto di secolo.
Se con Ti-Jean dunque San Miniato cambia registro, dal dramma alla favola in musica, non cambia l'indirizzo, così come non cambia la voglia di portare nello storico borgo medievale i più grossi nomi delle nostre scene: oltre ad un regista come Bussotti, un attore popolare come Remo Girone ha dato corpo e voce al Diavolo di Walcott: con lui la moglie Victoria Zinny (la Madre) e una schiera di giovani entusiasti nelle parti dei figli, degli animali e dei diavoli.
Bussotti ha recuperato le musiche originali di André Tanker e si è avvalso della collaborazione di Rocco per le coreografie, dando vita ad un lavoro piacevole, magari meno impegnato degli anni precedenti.
Ma se il teatro è spettacolo è anche giusto che lo spettatore possa godere e non soffrire della messa in scena.
Bravi gli attori, a partire da Remo Girone che, quasi sempre costretto dietro la maschera deformante del vecchio Papà Bois e del Piantatore, rinuncia alla sua ben nota mimica facciale per dare tutte le sfumature del Diavolo attraverso la modulazione vocale. Girone, comunque, sembra divertirsi davvero in mezzo ad una schiera di giovani e validi attori tra cui ci sembra di dover sottolineare l'impegno di Antonio Fabbri, saltellante e gracidante nella parte della rana.
Belli anche i costumi e le scene, firmati dallo stesso Bussotti. con un grande nido e tre enormi uova (un simbolo della vita e del calore familiare) al posto della capanna della Madre e dei suoi tre figli.
Concluse le repliche a San Miniato, dal 16 al 22 luglio, lo spettacolo parte per una breve tournée estiva per poi essere ripreso nella stagione invernale.
ANDREA FAGIOLI, Toscana Oggi 25 luglio 1993
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