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L'Azione - La recensione di Bruno Macaro
 

Con Strindberg gran teatro a Gozzano direttamente dalla «Festa» di San Miniato
Uno sguardo oggettivo verso l'etica del dubbio, l'accostamento ad una conversione estremamente tormentata: potrebbe essere questo il senso de La grande strada maestra di Strindberg, lo spettacolo che l'Istituto del Dramma Popolare di S.Miniato propone dal 20 al 26 luglio in occasione della 44esima «Festa del Teatro». Ed eccezionalmente l'allestimento sarà a Gozzano le sere del 27 e 28 luglio, per l'anno centenario di S.Giuliano, al parco delle scuole elementari.
In linea con l'idea di un teatro inteso come luogo di proposta e di discussione attorno alle domande capitali sull'uomo e sulla fede, l'Istituto diretto da Luciano Marrucci punta quest'anno sulla «conversione alle grandi, invalicabili voci della drammaturgia mondiale». Ma la scelta dell'opera di Strindberg va oltre l'interesse per i suoi contenuti e richiama l'attenzione anche sul piano culturale per almeno due motivi. Primo, La grande strada maestra nonostante sia una sorta di tormento spirituale del drammaturgo svedese, non è mai stata rappresentata in Italia. Secondo, al dramma va data particolare attenzione per il modo con cui è stato concepito, capace di preludere nel tipo di scrittura al teatro epico di Brecht.
Tali premesse non fanno altro che presagire una buona edizione della «Festa del Teatro» come d'altronde è accaduto in precedenza nella piazzetta di S.Miniato. Indelebili nella memoria resteranno il Giobbe di Karol Wojtyla (allestito nei 1985); Il processe di Shamgorod di E. Wiesél (presentato sette anni fa) e l'edizione del 1976 del Barabba di Michel De Ghelderode (che ispirò al regista novarese Carlo Pogliaghi una suggestiva versione realizzata con il gruppo Teatro Incontro).
La vicenda si apre con il personaggio del Cacciatore che vive in cima a una montagna la sua condizione di asceta cercando di definire il proprio destino. Scandito in sette stazioni il dramma ripropone in un vasto affresco allegorico personaggi biblici e figure capaci di simboleggiare la conoscenza, il gioco dei sentimenti, la corruzione, e così via. La risposta al male ed alle avversità, Strindberg la individua nella condizione d'attesa di un evento risolutore o, se più si preferisce, nella possibilità di sperare.
Regista dell'allestimento è Mario Morini, le scenografie sono di S. Pace, le musiche di A. Collina, mentre i costumi portano la firma di A.M. Heinreich. Danno vita ai personaggi strindberghiani: Massimo Foschi, Carlo Simoni, Milena Vukotic, Mico Cundari, Giancarlo Condè, Elettra Farnese, Eliana Lupi, Antonio Cascio.
BRUNO MACARO, L'Azione, 14 agosto 1990




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