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La recensione di Achille Fiocco
 

La recensione

Savonarola a San Miniato

A San Miniato, scambio delle consegne di quell'Istituto del Dramma Popolare, alla vigilia dell'andata in scena del Savonarola di Michel Suffran, nella traduzione di Mario Moretti: a Giancarlo Ruggini, che ha tenuto la direzione dell'Istituto nei primi venticinque anni dell'impresa, è succeduto il P. Valentino Davanzali: mutano i nomi, non muta la linea dell'Istituto, che resta sempre quella della ricerca e realizzazione di drammi di alto livello poetico, animati da spirito religioso: questo solo enunciato basta a dare all'Istituto il posto che merita nel panorama del teatro italiano dal 1948 ad oggi: contrapporgli, come qualcuno ha fatto, l'avanguardia dei primi decenni del secolo, fondata su un eclettismo spesso formale, non ha senso: sono due discorsi completamente diversi: da un lato, la famelica e un po' confusa ricerca di nuovi valori scenici e letterati, dall'altro il preciso intento di riscoprire nella più antica Verità il seme delle più dure battaglie odierne. Il Ruggini motiva la sua decisione di lasciare le redini dell'Istituto con la chiusura di un ciclo, svoltosi in un particolare clima spirituale irrecuperabile nell'attuale contesto civile; diamo atto al Ruggini dell'intelligenza e dell'amore, coi quali l'impresa è stata condotta, ma non crediamo che il diverso clima (ammesso che sia così) possa contare in nulla sulla qualità e il tipo di repertorio prescelti dall'Istituto, repertorio che è stata la sua croce (è proprio il caso di dirlo) come lo fu del compianto aw. Gazzini, ma anche la ragione di vita e il sigillo della vocazione dell'Istituto, il perché della sua importanza e originalità nel quadro della nostra scena: venticinque «Feste del Teatro» significano venticinque drammi di quella particolare natura etica ed estetica, alla quale si accennava, che quando l'impresa nacque sembrò follia, e nel tempo è diventata pratica teatrale sostanziale e concreta, quasi sempre ardita nella scrittura, eletta nell'interpretazione e nell'allestimento scenico (o «teatro in atto», come preferisce altri, in vena di sottigliezze fraseologiche): basterebbe pensare all'Aiuola bruciata di Ugo Betti, a Veglia d'armi di Diego Fabbri, a Yo, el Rey di Gicognani, ad Assassinio nella Cattedrale di T. S. Eliot, al Poverello di Jacques Copeau, alle Carmelitane di Georges Bernanos, al Potere e la Gloria di Graham Greene, al Miguel Mafìara, tutte prime rappresentazioni in Italia, delle quali più d'una fatta conoscere in molte altre città ed anche al pubblico dei telespettatori. Ma forse il Ruggini si riferisce a difficoltà di altro ordine.
Questo secondo ciclo ha preso l'avvio con un Savonarola di Michel Suffran, recitato sul finire dello scorso luglio, in una cornice suggestiva e nei costumi di Misha Scandella sulla Piazza del Duomo, da Aroldo Tieri, che era il protagonista e ha dato al Domenicano la robusta pastosità di una voce senza incrinature e la linea sempre sicura della sua recitazione, da Antonio Pierfederici, legato pontificio di grande dignità, al Remoli, al Trionfi, al Sansavini, al Ciniglia, al Bertini, a tutti gli altri, che qui sarebbe lungo elencare, ma che crearono, nell'accorta regia di Josè Quaglio, abuso a figure tanto inquietanti (le precedenti regie di un Giordano Bruno, di un Campanella di Mario Moretti sono sue), l'atmosfera di sospetto e di attesa propria del dramma. Il quale si svolge sotto il segno dell'instabilità popolare e dei contrasti, paure e incertezze, attraverso i quali imputato e giudici devono passare per approdare in quel tumultuoso periodo di storia rinascimentale e fiorentina a una nuova imitazione di Cristo, nel punto in cui il perseguitato ha l'orrore della solitudine e dispera di se stesso, ma non si rinnega, benché coinvolga nel proprio destino quel Francesco Romolino, che da pensoso osservatore si trasforma man mano in angosciato alter ego del Frate.
Concezione tragica, ricca di alternative e di fermenti, animosa, nell'assoluta mancanza di remore convenzionali, disposta a tutto, a mettere in forse ogni verbo, affrontando l'esame delle antinomie della stessa Chiesa, pur di giungere, nel contrapporsi di personaggi ben modellati, a un diagramma inesorato dell'odierna condizione dell'uomo, più che mai bisognoso di carità, della comprensione reciproca e dell'aiuto di una giustizia illuminata. Il pubblico, convenuto a San Miniato per questa XXVI edizione del Dramma Popolare, ha sentito le verità nascoste nella tempestosa vicenda del Savonarola del Suffran e ha risposto al richiamo con calda emozione, evocando più volte al proscenio tutti gli interpreti, riprova quant'altra mai convincente della coraggiosa e feconda continuità dell'iniziativa samminiatese.

ACHILLE Fiocco, Concretezza, Roma, 1 Settembre 1972




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