Il San Francesco sessantottino di Zanussi fa discutere la Chiesa
«È un Francesco dei nostri giorni ben lontano dall'immagine del poverello che lo dipinge dolce e fragile. E' un ragazzo vigoroso, ribelle, animato da una fiamma radicale. E in questo spiritualismo radicale ci traghetta al Duemila» così il regista Zanussi, da anni frequentatore del Papa, sostiene il suo L'uomo che vide scritto con Piero Ferrero, dal romanzo di Delteil. In scena in piazza ogni sera fino a venerdì.
La vicenda è raccontata da un cronista simile a un conduttore televisivo. Niente consulenza preventive della Curia, niente colloqui con il Papa? Risponde il regista polacco: «Il Papa era occupato: del resto l'artista è sempre solo nelle sue scelte».
Ma questo «Francesco» mette in agitazione i religiosi, numerosi anche alla prima di giovedì. Maximilian Nisi, il Santo, Carlo Simoni, il Narratore, Frida Bruno, Santa Chiara, sono in scena mentre risuonano tamburi, trombe capaci in un'atmosfera da musical anni 60. Molti sostengono che questo Francesco è un sessantottino e i suoi frati sono simili ai ragazzi che andavano ai cancelli di Mirafiori. È proprio questo Francesco sempre arrabbiato che turba: «Oggi siamo tutti arrabbiati contro qualcosa — dice Antonio, padre francescano in platea —.Ma lui non era così. Comunque dallo spettacolo il messaggio arriva».
Il vescovo di San Miniato, Edoardo Ricci: «Hanno fatto un Francesco radicalmente evangelico: ma hanno nel cuore il problema dell'attualità». Ma da Firenze, il consulente culturale della Curia, monsignor Timothy Verdon, è perplesso: «Francesco violento, rivoluzionario? Didattica bella, ma pericolosa».
Wanda Lattes, Il Corriere della Sera, 18 luglio 1998
|