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La recensione di Libert�
 

Vangelo laico, Scaccia latino
Una parabola evangelica, un dramma che propone una ricerca nelle più dolorose incertezze dell'essere uomo, alla quale manca solo l'intercalare liturgico e «teatrale». Sono solo alcuni dei motivi che formano Il vento del cielo, un dramma di Emlyn Willams, attore e drammaturgo gallese, presentato alla festa del teatro, a San Miniato. Il vento del cielo è un vangelo trasferito nel diciannovesimo secolo: si è appena conclusa la sanguinosa guerra di Crimea e nel villaggio gallese di Blestin il dolore si somma a quello, di pochi anni più antico, per la scomparsa in mare, in una tempesta, di tutti i giovani del paese. I primi segnali di una epidemia di colera concorrono a stringere la piccola comunità in una atmosfera mortale. È un bambino di 14 anni, figlio di una popolana, a riportare la serenità a Blestin, facendo rinascere la musica e il canto, guarendo i malati di colera, resuscitando un giovane e pagando, con la sua vita, il servizio «reso al padre» e agli uomini. La sua presenza sconvolge la vita di coloro che gli sono più vicini a cominciare da un impresario di circo, giunto a Blestin per scritturare il «nano che fa scaturire la musica» di cui ha sentito parlare e che diventerà il primo apostolo del nuovo messia. Il regista dello spettacolo, Franco Meroni ha dichiarato la sovrapposizione dei personaggi al Vangelo, dall'apparizione del giovane messia (Mattia Cominotto), alla madre Bet, al proprietario del circolo Ambrose Ellis, che come San Pietro, tradirà il suo Cristo, prima di diventare il suo primo apostolo. Molti consensi per gli interpreti: Foà era impegnato nel ruolo del direttore del circo, uno scettico nobile decaduto che, imperturbabile agli straordinari avvenimenti cui assiste, li annota, diligente e disincantato, in attesa di nuove e più razionali prove. Di grande efficacia la prova offerta da Aldo Reggiani, cinico e beffardo Ambrose Ellis, sconvolto dalla rivelazione.

Libertà 16 luglio 1988




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