ROCCIA SENZA SPADA
L'arduo testo di Eliot in scena a San Miniato
Costruire e ricostruire una chiesa è come costruire e ricostruire noi stessi: guardare dentro a ciascuno di noi e vivere una vita nuova per tutto quello che si è perduto nel male e nella solitudine. Una chiesa distrutta dalla guerra e nella quale, pietra su pietra, vive la memoria di chi, tra quelle mura, ha acceso l'ultimo cero e detto l'ultima preghiera. Questa è la storia: la storia dell'uomo, delle sue miserie, dei suoi turbamenti, del suo bisogno di essere uno tra i tanti, fratelli nella luce della speranza. E questa è la storia come la raccontò Thomas S. Eliot, in La Roccia. Un libro di parole, quando gli fu chiesto di scrivere un testo da rappresentare per raccogliere i fondi necessari all'edificazione di nuove chiese. Da quel lontano messaggio eliotiano d'amore e di poesia (nella traduzione di Marco Respinti) ha preso spunto il regista Pino Manzari nell'arduo tentativo di ricrearne gli intensi valori drammatici in uno spettacolo che, nella scena di Daniele Spisa, tra i resti di una chiesa crollata e la labirintica ricerca di una serena pace domestica, è stato rappresentato per la festa del Teatro di San Miniato.
Sono sessant'anni che l'Istituto del Dramma Popolare s'impegna a recuperare le voci di un teatro di ispirazione cristiana; e l'elaborazione drammaturgica della Roccia si è proposta quale richiamo alla realtà ricostruita sulle ferite della gente e dei luoghi, come San Miniato, colpiti dalla violenza della guerra. Vero protagonista il Coro, affiancato da due interpreti di intensa verità: Massimo Foschi e Maddalena Crippa.
CARLO MARIA PENSA, Famiglia Cristiana 6 agosto 2006
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