Dilemmi dall'Inghilterra
Per la 47esima edizione della Festa del Teatro in svolgimento a San Miniato (Pisa), la Fondazione Istituto Dramma Popolare, organizzatore e produttore dell'evento, ha optato per una scelta contro corrente, per alcuni versi coraggiosa, di rappresentare un testo inedito, difficile e avente per soggetto il filo sottile della diplomazia, del lavoro degli aspetti sottili delle trattative e del dramma della guerra, frutto quest'ultimo di una mancata applicazione e gestione del concetto di diplomazia stesso.
Il dilemma del prigioniero opera scritta da David Edgar, è un opera che segue un percorso creativo singolare dell'autore e che riguarda il filone del teatro politico inglese, sono sue infatti le opere datate Destiny e Maydays testi nel quale si descrive la scena politica e sociale dell'Inghilterra dal dopoguerra fino al periodo della Thatcher, per poi arrivare alle più recenti opere Pentecost e The Shape of the Table dove l'attenzione dell'autore viene spostata sul nuovo ordine politico europeo e mondiale. Nella realizzazione dell'intera messa in scena del testo l'intreccio delle varie conoscenze e competenze dell'autore, che scrive anche per la televisione e la radio, appaiono e rendono la rappresentazione interessante e piacevole da vedere, seppur cronologicamente abbia una cadenza contorta e a tratti confusa.
Lo snodarsi dell'intera vicenda è suddiviso in almeno tre grandi quadri scenici supportati da impianti tecnologici e da un allestimento scenografico fin troppo avveniristico e che in alcuni passaggi della rappresentazione assale e travolge lo spettatore da qualsiasi punto di vista egli si trovi nell'intera piazza nella quale viene rappresentato il testo. L'attualità dei temi proposti nel quale l'autore mette in risalto e a confronto le contraddizioni "politiche", avvertibili un po' da tutti, emerge e porta, aldilà della rappresentazione e finzione scenica proposta, lo spettatore a riflettere sul dualismo tra il desiderio di promuovere la pace ad ogni costo e il sostegno dei singoli interessi politici ed economici come se l'uno e l'altro aspetto fossero inconciliabili tra loro.
Un testo "tosto" come quello de Il dilemma del prigioniero, necessitava sicuramente, e per come è avvenuto, di una regia d'avanguardia, coraggiosa e duttile che sapesse tramutare i concetti con ritmi veloci, giovani e briosi. E' Maurizio Panici che insieme a pochi altri registi oggi sulla piazza, quasi snobbando consuetudini, abitudini e modi classici di rappresentare la vita e le varie vicissitudini da la certezza dì credere in un teatro alternativo e sperimentale, capace di saper assemblare giovani talenti a attori già navigati in ruoli insoliti e che comunque risaltano studi e capacità accumulate nel corso degli anni.
E' avvenuto anche a San Miniato: Andrea Buscemi nel ruolo di Roman Litvinyenko, Bruno Armando nel ruolo di Nikolai Shubkin e Renato Campese nel ruolo di Tom Rothman, tre artisti navigati, hanno trascinato attori che pian piano stanno emergendo nella difficile giungla del teatro contemporaneo. Ecco quindi a supportare la carismatica Sìlvia Budri nel ruolo di Kelima Bejta, l'ingabbiato e a tratti impacciato Paolo Giommarelli nel ruolo di Patterson Davis e alla sorpresa per l'impostazione personale, convinta e appassionata del giovane Francesco Gerardi nel ruolo di Al Bek. Una rappresentazione riuscita come quella a cui si è assistito a San Miniato, nella cornice all'aperto di una piazza nella quale il tempo pare si sia fermato, è stato fondamentale la fusione tra cuore e tecnologia, tra classico e avanguardia e certamente vanno elogiate le capacità dello scenografo Daniele Spisa, delle belle e azzeccate luci di Riccardo To-nelli e dalle coinvolgenti musiche di Germano Mazzocchetti. Per una storica manifestazione come la Festa del Teatro che finisce la speranza è di poter vedere "questo esercito" di attori e di interpreti ben amalgamati e professionalmente preparati in altre piazze e in altri e ben più importanti palcoscenici.
ERMANNO CACCIA, L'Avanti, 30 luglio 2004
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